Una strage. Si conclude così, secondo il regista Alessandro Talevi, Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, il melodramma-manifesto del verismo in musica, messo in scena a Macerata non, come accadde nel 2015, insieme alla “sorella” Cavalleria rusticana, ma preceduto dalla proiezione del film muto The Circus di Charlie Chaplin. La frase iconica “La commedia è finita!” viene qui pronunciata da Tonio che, dopo l’assassinio di Nedda e Silvio da parte di Canio, afferra una pistola e uccide tutti, per poi suicidarsi. Finale d’impatto ma francamente stucchevole ed eccessivo, anche alla luce del recente Rigoletto scaligero firmato da Mario Martone che si chiude con la strage del Duca e dei cortigiani. Che si stia diffondendo una sorta di epidemia in tal senso tra i registi? A nostro avviso, la vicenda narrata da Leoncavallo è sufficientemente truce di suo e non necessita di ulteriore sangue.
Per questa ripresa del titolo, Talevi – che dichiara con sincerità il proprio non amore nei confronti del Verismo in genere e di quest’opera in particolare – ha operato quindi alcune modifiche all’impostazione data in occasione della prima del 2015. Non solo il coup de théâtre finale, ma una rilettura della drammaturgia che mettesse in relazione una forma di spettacolo antica, non tanto il melodramma quanto piuttosto la Commedia dell’Arte, e una moderna, il film. Una scelta apprezzabile e che funziona: siamo in una località semiurbana con strutture industriali, a fine anni Quaranta del Novecento (belle e funzionali al disegno registico le scene dello stesso Talevi e di Madeleine Boyd), non necessariamente al sud (ha ragione il regista quando afferma che “il sud in Pagliacci ha meno importanza che in Cavalleria“). I colori dominanti, grazie anche alle luci appropriate di Marco Giusti e ai bei costumi di Anna Bonomelli, sono il nero e il grigio. Gli altri colori compaiono con la recita dei protagonisti, nel momento in cui, paradossalmente, svelano i loro veri sentimenti: Nedda, in particolare, dismette i panni della vezzosa Colombina e rivela, sotto il costume settecentesco, un rilucente abito in paillettes dorate regalatole da Silvio nel corso del precedente duetto d’amore. Il grande schermo collocato sul muro di fondo dello sferisterio, necessario per la proiezione del film di Chaplin, si fa elemento scenico anche in Pagliacci: scorrono talvolta immagini di pellicole di inizio Novecento (a cura di Ludmila Gabusi) e attraggono l’attenzione degli spettatori (coro e comparse) molto più di quanto non facciano Canio e i suoi sodali, guitti in crisi creativa ed esistenziale, stancamente impegnati in una recita che non fa ridere. Al punto che gli spettatori la abbandonano, per tornare solo quando Canio e Nedda gettano i loro costumi di scena e si consuma la tragedia.
Questo scontro tra artificio e spontaneità, tra convenzione teatrale e libero manifestarsi della soggettività è presente anche in The Circus. Una delle tematiche affini, oltre all’ispirazione circense, che ha portato ad affiancare i due titoli. Per questa proiezione maceratese, è stata recuperata la partitura originale del film, quella del 1928, formata da un’antologia di pezzi scelti dallo stesso Chaplin e dall’allora direttore musicale del Chinese Theatre di Hollywood Arthur Kay, probabilmente a partire da una raccolta di 50 mila motivi musicali di autori diversi, predisposti proprio per servire da accompagnamento ai film. Cinquantuno brani in tutto che si accordano perfettamente alle immagini e alla trama e che si aprono significativamente con una citazione proprio da Pagliacci, per poi spaziare da da Joplin a Berlin, da Wagner a Grieg. Superfluo dire che la pellicola di Chaplin è straordinariamente bella e poetica, una sorta di “autoritratto d’artista” a cui il regista consegna il primo capitolo di una riflessione sulle dinamiche alla base della creazione e sui meccanismi della risata, che completerà quasi 25 anni dopo con “Luci della ribalta”.
Sul fronte musicale, Timothy Brock risulta più convincente sul podio di Pagliacci che non alla guida delle musiche da film: queste ultime peccano in mordente, accompagnando con diligente proprietà le scene, ma senza guizzi di particolare fantasia. Con l’opera di Leoncavallo, invece, il direttore americano assicura un buon ritmo narrativo, ottiene una discreta coesione dagli strumentisti e accompagna i cantanti con discreta sensibilità.
Il Canio di Fabio Sartori si impone non solo per la bellezza e pienezza dello strumento vocale, ma anche per una interpretazione nel segno di una misura per certi versi inedita per questo tipo di repertorio. Niente quindi sbracature o ricerca dell’effetto fine a se stesso, ma un canto sempre controllato, anche in un “Vesti la giubba” espressivo e dolente, molto applaudito dal pubblico. Sulla stessa linea la Nedda di Rebeka Lokar, pregevole anche per la calda brunitura del timbro nei centri, e il Tonio di Fabián Veloz, dalla voce ampia e chiara, bieco quanto basta nella recitazione. Scuro invece il colore vocale del Silvio di Tommaso Barea, molto efficace scenicamente; completano la locandina l’ottimo David Astorga nelle vesti di Peppe/Arlecchino e i contadini di Alessandro Pucci e Andrea Cutrini. Molto bene hanno fatto il coro lirico marchigiano, istruito da Martino Faggiani, e i Pueri Cantores “D. Zamberletti” diretti da Gianluca Paolucci.
Macerata Opera Festival 2022
THE CIRCUS
Regia, soggetto e sceneggiatura Charlie Chaplin
PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda/ Colombina Rebeka Lokar
Canio/ Pagliaccio Fabio Sartori
Tonio/ Taddeo Fabián Veloz
Peppe/ Arlecchino David Astorga
Silvio Tommaso Barea
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Direttore Timothy Brock
Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”
Maestro del coro Martino Faggiani
Pueri Cantores “D. Zamberletti”
Maestro del coro Gianluca Paolucci
Regia Alessandro Talevi
Scene Alessandro Talevi, Madeleine Boyd
Costumi Anna Bonomelli
Luci Marco Giusti
Video artista Ludmila Gabusi
Maestro d’armi Ran Arthur Braun
Assistente alla regia Danilo Rubeca
Nuova produzione dell’allestimento 2015 dell’Associazione Arena Sferisterio
Macerata, 11 agosto 2022