Si percepiva una bella energia a Macerata, in occasione della prima de Il barbiere di Siviglia di Rossini, terzo titolo della stagione del Festival, assente da ben 27 anni da quel palcoscenico. Sferisterio pieno, tanti giovani tra il pubblico, e l’impressione di stare per assistere a uno spettacolo originale, divertente, intelligentemente provocatorio. Un po’ come è accaduto per molti spettacoli firmati da Graham Vick, alla cui memoria questo Barbiere è dedicato. Proprio il grande regista inglese presiedeva la giuria che scelse questo progetto nell’ambito di un concorso indetto nel 2020 per regia, scene e costumi rivolto ad artisti under 35. L’allestimento è slittato a quest’anno per le note vicende legate alla pandemia.
Il regista Daniele Menghini, che ha lavorato con Vick nella Zaide di Roma e nella ripresa di Bohème a Bologna, fa tesoro della lezione del maestro e interroga il capolavoro rossiniano alla ricerca di una verità più profonda che non sia la semplice restituzione del vitalismo e della verve comica che pure sono in esso centrali. Questa verità la trova in una affermazione di Massimo Mila: il vero ritratto degli italiani non l’ha fatto Verdi con i suoi capolavori, ma lo troviamo qui, nel Barbiere di Rossini. E non è un ritratto consolante: tutti i personaggi, secondo il grande studioso, sono animati soltanto da una sfrenata voglia di vivere, di godere, di guadagnare, di divertirsi, senza ombra alcuna di moralismo. “Tutta l’opera – aggiunge Mila – si svolge nella sfera dell’utile, nella sfera che sta tra Machiavelli e Guicciardini e per questo è, secondo me, italianissima; è veramente il ritratto degli italiani”.
Dove raccontare al meglio questa verità se non in uno studio televisivo? Siamo così in un teatro di posa contemporaneo, dove si girano tre format diversi: quello di cui è protagonista Figaro, dal titolo “F*cktotum”, mette insieme coppie di innamorati che si incontrano in un salone di parruccheria (e sono la donnetta e il cavaliere citati nella cavatina); nella “Calunnia”, al contrario, il conduttore Basilio fa di tutto per far “scoppiare” le coppie unite da Figaro; “L’inutil precauzione”, infine, è una soap opera ambientata in una cornice settecentesca – collegamento diretto con il soggetto e la fonte – di cui è protagonista Rosina. Bartolo è un produttore televisivo spietato e manipolatore; Almaviva è un politico poco noto ma molto influente.
Le scene così studiatamente kitsch di Davide Signorini, i costumi immaginifici di Nika Campisi e le luci sempre ben calibrate di Simone De Angelis concorrono all’obiettivo di restituire un immaginario trash, colorato e vivace così familiare per il pubblico. L’immaginario dei reality show che ammorbano le televisioni e che, sotto altre spoglie, hanno conquistato anche i social, dove tutti mettiamo in mostra tutto.
Questo allestimento costituisce a nostro avviso una risposta allo stucchevole dibattito suscitato sui social dalla recente intervista rilasciata dal baritono Ludovic Tezier al “Corriere della sera”. Non si tratta di disquisire di regie “tradizionali” o “moderne”, con il sottinteso nemmeno troppo taciuto che scene e costumi siano la regia. Si tratta semplicemente di capire fino a che punto si è fedeli allo spirito autentico di un’opera, la cui grandezza sta proprio nel suo essere universale – e quindi sempre contemporanea – e magari offrire inedite prospettive da cui osservare tali capolavori.
A dire il vero, il disegno registico di Menghini – senza l’ausilio delle note di sala – non risulta chiarissimo, ma ciò detto lo spettacolo comunque funziona per il vorticoso avvicendarsi di situazioni e gag, in una sorta di ridda musical teatrale il cui motore resta sempre Figaro. Una “follia organizzata”, dunque, per usare la celebre espressione di Stendhal riferita al finale primo di Italiana in Algeri ma comunque adatta a intercettare lo specifico profondo dell’ispirazione comica rossiniana. Chiaro che, in una simile impostazione registica, i mimi abbiano una parte fondamentale: bravi dunque tutti quelli coinvolti, in particolare nella scatenata danza del finale del primo atto, dove i movimenti scomposti danno ragione dell'”impazzar” citato dal libretto.
Il giovane direttore Alessandro Bonato dichiara di volersi attenere il più possibile al dettato rossiniano e adotta così tempi generalmente meno scattanti di quelli a cui ci ha abituato una certa tradizione, eliminando anche alcuni accelerando non scritti in partitura. Il suo approccio è così nel segno di una pregevole gamma dinamica ma attraverso sonorità morbide, arrotondate e nondimeno capaci di un bel gioco di colori. La scelta di tempi più distesi facilita l’articolazione del canto, soprattutto nei passaggi sillabati, ma non sacrifica la vivacità ritmica e conferisce inedito rilievo alla tenera malinconia dei momenti più lirici. L’orchestra risponde con duttilità alle sollecitazioni del maestro, circonfusa da un’aura di leggerezza e luminosità molto rossiniana.
Alessandro Luongo è un Figaro di voce chiara e morbida, che unisce esuberanza scenica e vocale a un fraseggio vario e fantasioso. Sembra divertirsi molto, come del resto tutti gli altri interpreti, chiamati dal regista a un vero tour de force. Ruzil Gatin si conferma rossiniano di vaglia con il suo Almaviva dal timbro chiaro e agile, elegantemente fluido, che piega con espressività sia nel canto elegiaco che in quello virtuosistico (esegue con spavalda sicurezza la temibile aria “Cessa di più resistere”). Vanta invece un bel colore scuro da autentico mezzosoprano Serena Malfi, che tuttavia non risulta particolarmente incisiva come interprete. Roberto de Candia è un Bartolo praticamente perfetto, con la fluida morbidezza di un canto sempre sostenuto da una notevolissima musicalità. Divertentissimo – e musicalmente pregevole – Andrea Concetti nei panni di un inedito Basilio abbigliato come una cupa rockstar. Molto bene ha fatto William Corrò nei panni di Fiorello, bene Fiammetta Tofoni quale Berta. Pregevole, come sempre, la prestazione del coro lirico marchigiano guidato da Martino Faggiani.
Vivissimo successo.
Macerata Opera Festival 2022
IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Melodramma buffo in due atti
Libretto di Cesare Sterbini
Musica di Gioachino Rossini
Il Conte d’Almaviva Ruzil Gatin
Bartolo Roberto de Candia
Rosina Serena Malfi
Figaro Alessandro Luongo
Basilio Andrea Concetti
Berta Fiammetta Tofoni
Fiorello William Corrò
Ambrogio Mauro Milone
Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Direttore Alessandro Bonato
Coro lirico marchigiano “Vincenzo Bellini”
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Daniele Menghini
Scene Davide Signorini
Costumi Nika Campisi
Luci Simone de Angelis
Video Stefano Teodori
Assistente alla regia Martin Verdross
Assistente ai movimenti scenici Livia Bartolucci
Nuovo allestimento dell’Associazione Arena Sferisterio
Macerata, Arena Sferisterio, 12 agosto 2022