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Londra, Royal Opera House – Salome

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Doveva essere Don Giovanni ad aprire la stagione 2022/23 della Royal Opera House lo scorso giovedì 8 settembre, ma la morte della regina Elisabetta ha spinto il teatro londinese a cancellare la prima in segno di rispetto per “Her Majesty”, patrona delle arti che nel corso del suo lunghissimo regno è stata presente al Covent Garden per molte serate di gala, si pensi all’opening night del ’53 di Gloriana di Benjamin Britten nell’anno dell’incoronazione, o il Giubileo d’oro del 2002. Ecco che quella che doveva essere la seconda serata della stagione è diventata inaspettatamente la prima: venerdì 9 in una Londra in lutto, è andata in scena Salome di Richard Strauss, nella quarta ripresa dello spettacolo di David McVicar. Prima che lo spettacolo potesse cominciare, il sovrintendente Oliver Mears è salito sul palcoscenico invitando il pubblico dei presenti a osservare un minuto di silenzio in memoria di Elisabetta II, chiedendo poi all’orchestra della ROH di intonare l’inno nazionale, dopo aver esclamato “God Save the King” in onore del nuovo re Carlo III. Momento di orgoglio nazionale quindi, con un pubblico in piedi e gran parte dei presenti che cantava all’unisono, seppur con qualche incertezza, il National Anthem. Gli osservatori più attenti avranno anche notato che dal sipario di velluto rosso della ROH è scomparso il monogramma reale “EIIR” (Elizabeth II Regina), lasciando un vuoto che verrà presto colmato con “CIIIR” (Charles III Rex). In un’atmosfera surreale si percepiva di essere tutti riuniti a teatro in un momento storico.

Ma veniamo al resoconto della rappresentazione di Salome, terza opera di Richard Strauss in un atto unico su libretto di Hedwig Lachmann, tratto dal dramma teatrale di Oscar Wilde. Protagonista in tutti i sensi della serata è stata Malin Byström, non solo per le sue doti da cantante che sa dominare il palcoscenico, ma anche perché di fatto lo spettacolo di McVicar fa degli altri personaggi degli statici testimoni della degenerazione di Salome. Vocalmente e per altezza fisica non verrebbe da pensare a Byström come “una principessa sedicenne dalla voce di Isolde” come avrebbe voluto Strauss, ma ciò nonostante la sua presenza scenica le permette di far arrivare il personaggio, soprattutto nella scena finale, quando la dimensione ingannevole della sua bellezza lascia pienamente spazio a un’ossessione delirante e perversa. Il suo strumento brilla in acuto per limpidezza, il che ben si sposa con la componente innocente di Salome. Se all’inizio si risparmia, arriva al monologo finale dispiegando i suoi mezzi vocali in modo generoso con acuti e puntature taglienti e ben proiettate. I gravi richiesti dal ruolo appaiono invece abbastanza deboli, mentre i centri hanno delle piacevoli tinte scure che vanno di pari passo con l’oscurità e la perversione insita nell’animo del personaggio.

La restante compagnia di canto è buona, ma con qualche distinguo. Jordan Shanahan, baritono originario delle Hawaii, è un Jochanaan, vocalmente ben presente e dalla buona risonanza, infervorato dalla sua fede nella condanna dei peccati di Salome e di sua madre Erodiade. L’Erode di John Daszak non convince per assenza di peso vocale soprattutto in acuto, mentre la caratterizzazione è quella di un personaggio che appare viscido e ripulsivo nell’uso, o meglio abuso, del suo potere. Katarina Dalayman è una Erodiade dal piacevole velluto mezzosopranile e che scende barcollante con bicchiere di vino rosso alla mano dallo scalone che domina la scena. Per il resto, in questo allestimento, sembra solo un’aristocratica e altezzosa padrona di casa che osserva i fatti passivamente, piuttosto che una donna profondamente immorale e complice della perversione della figlia.
Thomas Atkins è convincente come Narraboth rendendo sia vocalmente che interpretativamente quanto sia perso per l’erotismo di Salome; anche Annika Schlicht si fa notare come Paggio di Erodiade, al netto di qualche gesto scenico troppo caricato. Tra tutti gli altri ruoli secondari, colpisce il primo giudeo di Paul Curievici, la cui disquisizione teologica va di pari passo con un canto risoluto e vocalmente ben centrato. Corretti ma non particolarmente degni di nota gli altri interventi.

Dalla buca Alexander Soddy, al suo debutto alla ROH, dirige con gesto ampio e preciso assecondando l’evoluzione psicologica di Salome e il lento dispiegarsi del dramma. Soddy presta attenzione al volume della compagine orchestrale, facendolo espandere bene nei momenti puramente orchestrali e tenendolo sotto controllo durante gli interventi principali dei cantanti. Nel contempo, permette ai soli dei legni e ai principali temi musicali e passaggi armonici della partitura di emergere con chiarezza, senza frenesia nell’uso dell’agogica. Ben diretto il quintetto di giudei, che Soddy tiene saldamente assieme, in modo musicalmente molto stimolante. Efficace la resa strumentale della danza dei sette veli. Forse in un eccesso di prudenza, in certi frangenti mancano tinte lussureggianti dall’impatto sonoramente travolgente, ma la scena finale è musicalmente e teatralmente talmente ben eseguita, che in sala si crea un silenzio attonito.

L’allestimento è quello di David McVicar, andato in scena per la prima volta nel 2008 e giunto ormai alla sua quarta ripresa, curata per l’occasione da Bárbara Lluch. Una produzione che da un lato tende a provocare in modo trasgressivo con nudità, richiami al sesso ed evidente uso splatter di sangue, dall’altro gioca con le sottigliezze. Per l’impianto estetico McVicar si ispira a Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, anche se il tutto è chiaramente confezionato in modo elegantemente decadente e presentabile per il grande pubblico.
McVicar trasforma la scena della danza dei sette veli in chiave concettuale con Salome ed Erode che attraversano una serie di ingressi. In ogni stanza una scena diversa con video proiezioni sullo sfondo (a firma 59 Productions), la prima delle quali allude implicitamente a un abuso/stupro consumato ai danni di Salome bambina. Al termine, dopo una sorta di vestizione simbolica, i due danzano insieme. Niente nudità in questa scena chiave che perde completamente la componente erotica e sensuale. Invece di svestire Salome, McVicar denuda il colossale e muscoloso boia interpretato da Duncan Meadows che togliendosi l’uniforme scenderà completamente nudo in cisterna risalendo poi completamente coperto di sangue, con la testa del Battista. Salome gli si avvinghia ricoprendosi del sangue di Jochanaan. La scena di necrofilia che ne segue sembra quindi aver luogo in una sorta di mattatoio umano.

Le scene, firmate da Es Devlin sono su due livelli: un piano alto che allude al lusso di un banchetto di corte e un piano basso stile bunker di cemento dove domina il degrado tra lattrine, mura scrostate, mattonelle sporche, prostitute mezze discinte sotto l’effetto di stupefacenti e domestici dallo sguardo atterrito. Due dimensioni che coesistono in una civiltà sprofondata nel totale degrado morale. L’elemento di collegamento è uno scalone art déco da cui scendono inservienti in divisa e la corte di Erode. Es Devlin firma anche i costumi, tra abiti da feste decadenti anni ’30 e le solite, immancabili uniformi fasciste. Per buona parte, lo spettacolo è abbastanza noioso e statico da vedere, anche se in questo modo si fa parlare la musica, creando una progressiva preparazione alla scena finale che appare per contrasto altamente efficace, anche grazie alle qualità di interprete della Byström e al sostegno dell’orchestra sotto la bacchetta di Soddy.
Al termine un boato di consensi, da parte di un pubblico in parte in piedi, accoglie Malin Byström dalla sottoveste di raso ormai completamente impregnata di sangue. Applausi calorosi anche per tutti gli altri interpreti e per Alexander Soddy.

Royal Opera House – Stagione 2022/23
SALOME
Dramma in un atto dall’omonimo poema di Oscar Wilde
nella traduzione tedesca di Hedwig Lachmann
Musica di Richard Strauss

Salome Malin Byström
Jochanaan Jordan Shanahan
Erod  John Daszak
Erodiade Katarina Dalayman
Narraboth Thomas Atkins
Paggio di Erodiade  Annika Schlicht
Cinque giudei Paul Curievici, Michael J. Scott, Aled Hall, Alasdair Elliott, Jeremy White
Uomo della Cappadocia John Cunningham
Due Nazareni James Platt, Chuma Sijeqa
Due Soldati Simon Shibambu, Simon Wilding
Uno schiavo Sarah Dufresne

Orchestra della Royal Opera House
Direttore Alexander Soddy
Regia David McVicar ripresa da Bárbara Lluch
Scene e Costumi Es Devlin
Luci Wolfgang Göbbel
Video Design 59 Productions
Coreografia Andrew George
Produzione della Royal Opera House

Londra, 9 settembre 2022

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