Per il secondo appuntamento di una breve serie di concerti che la vede come resident artist del Barbican Centre di Londra, il soprano norvegese Lise Davidsen ha deciso di condividere il palcoscenico con il tenore inglese Freddie De Tommaso, nelle cui vene scorre sangue italiano, visto che il padre – scomparso quando il ragazzo aveva solo 18 anni – era emigrato dalla Puglia al Regno Unito. Amici nella vita, Davidsen e De Tommaso sono entrambi artisti di punta della scuderia Decca e nuove stelle in ascesa del firmamento operistico.
I due giovani cantanti (De Tommaso ha solo 28 anni, Davidsen 35) hanno proposto un programma impegnativo e iper-versatile che spaziava dall’opera italiana a quella tedesca e russa, attraverso l’operetta, il musical, le english song, la canzone napoletana e le romanze da salotto italiane. Insomma, di tutto e di più. È stato un concerto memorabile, soprattutto perché ha fornito l’occasione di sentire due delle voci più entusiasmanti del momento. I due giovani, erano accompagnati al pianoforte da James Baillieu.
Abbiamo già avuto modo di introdurre questi due cantanti e commentare le rispettive vocalità (si vedano ad esempio le nostre recensioni del debutto discografico di entrambi – qui il link per Lise Davisen e il link per Freddie De Tommaso). I due hanno brillato entrambi, anche se in maniera diversa. Davidsen sicuramente per presenza, risonanza e volume con degli strali di suono che hanno riempito la sala da concerto causando a ogni acuto espressioni quasi incredule dei presenti. Insomma ha tenuto fede alla definizione che le è stata affibbiata dalla stampa anglosassone di “a voice in a million”, ovvero di una voce su un milione.
Di fronte a uno strumento così importante era difficile trovare un partner all’altezza e invece la scelta del tenore lirico-spinto De Tommaso è stata perfetta. Chiaro non si è difeso con strali di wagneriana potenza come la collega, ma ha comunque mostrato una vocalità che sa essere muscolare ma con gusto. Soprattutto però De Tommaso ha ammaliato tutti per il fascino di una voce dal timbro lucente che sa creare delle atmosfere uniche con delle tinte suadenti che richiamano perlomeno come sensazione un canto d’altri tempi, con un pubblico in sospesa ammirazione fino all’ultimo respiro di ogni aria o canzone. Ora è inutile e controproducente fare paragoni e infatti non li faremo. Ci limitiamo a constatare che è raro trovare voci che si portino dietro questo fascino e con il potenziale di ulteriore crescita. Alla bellezza della voce unisce una certa misura (niente effetti esagitati), una ferrata musicalità e una presenza genuina e piacevole. Sia Davidsen che De Tommaso comprensibilmente non sono ancora dei prodotti finiti, ma avercene di prodotti così!
Il concerto ha confermato la predisposizione di Davidsen all’opera tedesca (la carriera del soprano è decollata grazie a Wagner e Strauss) e russa ma le ha anche consentito di sperimentare con l’opera italiana, visto che pur con qualche rischio sono state inserite nel programma arie celebri del nostro repertorio verdiano e pucciniano. Il collega De Tommaso, che invece ha mosso i primi passi saldamente nell’opera italiana, ha proposto arie di Verdi, Cilea, Giordano oltre a romanze di Tosti e la canzone napoletana di Cardillo. Il 24 giugno è in uscita la sua seconda attesissima registrazione per Decca, finalmente operistica, intitolata “Il Tenore”.
A Davidsen, che faceva in qualche modo gli onori di casa, ha spettato aprire il concerto con uno dei biglietti da visita, l’aria “Dich Teure Halle” dal Tannhäuser di Wagner, l’aria che con neanche quattro minuti di esecuzione le aveva fatto sbancare la competizione di Operalia nel 2015. Il soprano ha attaccato con grande sicurezza e preso tutti gli acuti senza incertezze, svettando spavalda e sontuosa con quell’ultimo “Du, teure Halle, sei mi gegrüsst”. In “Morrò, ma prima in grazia” da Un ballo in maschera costruisce un efficace climax drammatico nella seconda parte dell’aria, mentre l’inizio è forse troppo distaccato, a scapito della scorrevolezza del fraseggio e della credibilità della scena in cui Amelia chiede al marito di lasciarle vedere suo figlio per l’ultima volta prima di morire. Riesce meglio nel compito di piegare una grande voce alle esigenze del lirismo nell’ “Ave Maria” da Otello di Verdi, dove mostra un bel controllo del fiato e dei pianissimi. “Vissi d’arte” dalla Tosca che apre la seconda parte del concerto mostra un buon coinvolgimento e punta sul climax dinamico dell’ultimo “Nell’ora del dolor, perché, perché, Signor”, mentre è perfettibile il fraseggio pucciniano.
Come osservazione generale il soprano deve lavorare su alcune durezze nordiche nella dizione italiana e forse imparare a dosare i fortissimi quando non sono strettamente necessari, ma partiamo comunque da un materiale vocale notevole e molto generoso nel dispiego dei mezzi. Si vede che l’opera italiana non è (ancora) il suo territorio di elezione, soprattutto per temperamento e passione, ma la potenzialità c’è e vedremo in futuro come si evolverà il profilo artistico, sperando che le scelte di repertorio siano ben calibrate e non meramente guidate da ottiche d’agenzia.
Molto efficace invece la resa dell’aria di Lisa “Uzh polnoch blitzitsya..Akh, istomilas ya gorem” da La dama di picche di Čajkovskij, che Davidsen ha in repertorio. Davidsen ha convogliato un misto di introspezione, desolazione, paura e fierezza.
Alleggerendo poi la voce cantando quasi con la sua voce naturale, il soprano ha proposto “When I have sung my song to you” di Ernest Charles. La gioiosa “I could have danced all night” da My Fair Lady viene coronata con un finale dal suono lussureggiante.
Passiamo a De Tommaso che ha esordito con “La mia letizia” da I Lombardi alla prima crociata, giocando con il fraseggio espandendo e smorzando i suoni con un gusto ispirato al secolo scorso. Ha poi interpretato in modo espressivo e accorato “Cielo pietoso, rendila” da Simon Boccanegra e “Amor ti vieta” da Fedora, dal bel respiro ampio.
È stato poi un piacere ascoltare “La solita storia del pastore” (Il lamento di Federico) da L’arlesiana di Cilea che ben si addiceva alla vocalità di De Tommaso, così omogenea e ben supportata. Il sangue italiano, pur velato da una patina di controllo british, è emerso poi nella resa delle romanze da salotto di Tosti. De Tommaso ha interpretato “L’alba separa dalla luce l’ombra”, “Non t’amo più” e “Ideale” con un canto espressivo, legato e morbido dal fascino antico. Le chiusure sono tutte ben sostenute su lunghi respiri, senza rotture di sorta.
La dizione italiana di De Tommaso è ottima e tutte le parole sono ben chiare, da lavorare solo le “R”.
Pochi i momenti di insieme tra i due. Il pezzo forte è stato il duetto di Amelia e Riccardo “Teco io sto” da Un ballo in maschera dove si è costruita una crescente tensione drammatica gestita bene in termini di dinamiche e di accelerazione ritmica. Hanno poi cantato “O lovely night” di London Ronald, prendendosi entrambi un momento di distensione. In chiusura di concerto per la felicità di tutti è stato eseguito “Lippen Schweigen” da La vedova allegra dove hanno accennato qualche passo (impacciato) di valzer con tanto di simpatico approccio verbale da parte di De Tommaso verso la compagna, causando l’ilarità del pubblico (anche per la differenza di altezza tra i due). Un modo leggero per concludere un bellissimo e variegato concerto.
James Baillieu al pianoforte ha fornito un accompagnamento sensibile e discreto che ha fatto emergere la straripante vocalità di Davidsen e ha assecondato entrambi i cantanti, soprattutto nei momenti di abbandono lirico. Ha dettato l’atmosfera di molti momenti salienti, riuscendo molto bene a creare quel senso si sospensione che tiene tutti con il fiato sospeso (toccante il finale dell’Ave Maria da Otello).
Pubblico in visibilio al termine, con applausi al cardiopalma e standing ovation finale. I due artisti hanno concesso un bis ciascuno. Freddie De Tommaso ha interpretato in modo solenne la popolare ballata “The Lost Chord” by Arthur Sullivan, mentre Davidsen ha proposto “Våren” una canzone norvegese di Grieg sulle bellezze della primavera, cantata con delicatezza e sensibilità. Chi si aspettava un ultimo bis congiunto è rimasto probabilmente deluso, ma i presenti hanno lasciato la sala entusiasti e consci di aver ascoltato due voci uniche, anche se comprensibilmente ancora non pienamente mature sotto il profilo artistico.
Barbican Centre – Stagione di musica classica 2021/22
RECITAL DI CANTO
Pagine di Wagner, Verdi, Giordano, Cilea, Puccini,
Čajkovskij, Charles, Ronald, Cardillo, Loewe, Lehár
Lise Davidsen soprano
Freddie De Tommaso tenore
James Baillieu pianoforte
Londra 30 maggio 2022