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Händel: Theodora – Oropesa, DiDonato, Spyres (Erato CD)

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È in uscita il 28 ottobre, per Erato, una nuova registrazione integrale di Theodora di Händel con un cast di prestigio dove spiccano i nomi di Lisette Oropesa, Joyce DiDonato e Michael Spyres. Alla direzione Maxim Emelyanichev, sul podio del complesso barocco più in auge del momento, ovvero Il Pomo d’Oro. La registrazione è stata effettuata a Essen (Germania) nel novembre 2021, al termine di un tour in diverse città europee che ha toccato anche Milano, con un concerto al Teatro alla Scala, e che ha visto in programma anche un live streaming in diretta dal Théâtre des Champs-Élysées di Parigi.

Penultimo oratorio drammatico composto da un Händel ormai sessantenne, Theodora è tra i 22 oratori in lingua inglese composti dal Caro Sassone. Al centro troviamo un soggetto non biblico ma comunque una storia di martirio cristiano e una vicenda dove l’amore (quello tra Theodora e Dydimus) prevale sulla morte. Rispetto al Messiah, più solenne e cerimoniale, Theodora si caratterizza musicalmente parlando per l’intimismo, per una qualità contemplativa e anche per una notevole serenità, quella stessa serenità che neppure il sacrificio del martirio riesce a scalfire.
Il libretto di Thomas Morell è tratto da Il martirio di Theodora e Didymus di Robert Boyle (1687) ma è ispirato anche da Théodore, vierge et martyre di Pierre Corneille (1645). La vicenda è ambientata ad Antiochia nel 304 d.C., durante il regno dell’imperatore Diocleziano. Theodora è una nobildonna che si converte al cristianesimo. Per la sua fede si rifiuta di obbedire all’ordine del governatore romano Valens di compiere sacrifici al dio Giove. Per questo viene gettata in prigione, dove viene condannata a servire come prostituta del tempio, un destino che la giovane considera peggiore della morte. Didymus, un soldato romano innamorato di lei e che si è segretamente convertito al cristianesimo, si impegna a salvarla. Scambia i vestiti con Theodora e prende il suo posto nella cella della prigione. Ma il loro stratagemma viene scoperto e l’oratorio si conclude con Theodora e Didymus in attesa del loro martirio.

L’oratorio händeliano viene rappresentato per la prima volta il 16 marzo 1750 al Theatre Royal, Covent Garden, con poco pubblico in sala. Non è certo un successo, tanto che vi saranno solo due repliche lo stesso anno e una sola ripresa cinque anni più tardi. È proprio il librettista Morell a riferire del pessimismo di Händel, conscio di aver scritto un lavoro poco popolare: “Gli ebrei non verranno (a teatro) perché è una storia cristiana; e le signore non verranno perché è una storia virtuosa”.
Theodora ritornerà in auge nel Regno Unito solo negli anni ’90 del secolo scorso, si ricordi la controversa produzione di Peter Sellars nel 1996 a Glyndebourne, diretta da William Christie, con Lorraine Hunt, Dawn Upshaw e Richard Croft. Nel 2000, proprio William Christie con il suo complesso Les Arts Florissants sono protagonisti di una registrazione per Erato, anche se senza il cast di Glyndebourne, a parte Croft. 22 anni più tardi viene quindi pubblicata una nuova incisione per la stessa etichetta, di cui ora andremo a riferire.

Lisette Oropesa si trova in una delle sue rare incursioni nel barocco, o meglio non più rarissime, visto che il soprano cubano-americano è in procinto di debuttare in un ruolo chiave del barocco come Alcina alla Royal Opera House. Dimostra sicuramente una grande propensione per questo repertorio relativamente nuovo per lei, mettendo al servizio della parte una grandissima sensibilità musicale, gusto nell’ornamentazione e una dignitosa innocenza che ben si presta a una martire. Canta con morbidezza e cura del legato, il che ben si sposa per le arie stupende scritte da Händel per Theodora. Apprezzabile la sua interpretazione di “With darkness deep”, cantata con delicatezza di sfumature, musicalità e grande pulizia. In “Oh! That I on wings could rise” dimostra di avere uno strumento flessibile, ben integrato e fluido nelle colorature.
Joyce DiDonato è impegnata nel ruolo di Irene, che nell’interpretazione della cantante americana diventa una sorta di osservatrice esterna che guarda a Theodora come un modello di fede. È proprio Irene che al termine commenta – riferendosi a Theodora e Didymus – che “l’amore è molto più forte della morte”. La cantante brilla per capacità di usare un ampio spettro di colori, per la varietà di sfumature, per il controllo del fiato e per una linea di canto ben modellata e dalle dinamiche curate, con pianissimi intimamente sentiti. Insomma riesce bene nell’arte di plasmare gli affetti händeliani. La resa di “As with rosy steps the morn” e “Defend her, heav’n” è emozionante, mentre le colorature concitate della sezione B di “Lord, to thee” sono ben sgranate. Nella stessa aria poi, il mezzosoprano americano incastra una lunga cadenza senza accompagnamento tra suoni enigmatici e pianissimi intimamente suggestivi. Emerge poi tutto il suo temperamento nel fraseggio di “Bane of Virtue”.
Il baritenore Michael Spyres è la terza stella arruolata per questa incisione, e per la precisione per il ruolo di Septimius, guardia romana, interpretata con autorità. Non ha alcun problema a gestire le agilità e l’articolazione di “Dreads the fruits of Christian folly” o la linea di canto elegantemente ornata di “From virtue springs each gen’rous deed”, mentre “Descend, kind pity” potrebbe essere più varia nel fraseggio ma la morbidezza e omogeneità dell’emissione è molto apprezzabile.
Il controtenore francese Paul-Antoine Bénos-Djian canta il ruolo di Didymus. Il suo non è un timbro troppo affascinante anche se con un certo corpo in acuto, a fronte di centri meno timbrati. La voce è comunque flessibile al punto giusto per cantare arie come “The raptu’d sould defies the sword”. Non si armonizza molto bene con Oropesa nel duetto finale del secondo atto “To thee, thou glorious son”. È invece molto partecipe e dimostra una bella sensibilità in “Stream of pleasure ever flowing”. Perfettibile l’inglese, ma è comprensibile visto che è l’unico non madre lingua. Valens, ambasciatore romano, viene interpretato dal baritono John Chest che si destreggia correttamente con le agilità, come in “Racks, gibbets, sword and fire” o in “Wide spread his name”, e dimostra un timbro interessante adatto a un personaggio autoritario, anche se non è sempre a suo agio nei gravi. Termina invece “Cease, ye slaves” del terzo atto con un la4 ben sonoro.

Maxim Emelyanichev dirige, dal clavicembalo, gli strumentisti del Pomo d’Oro con precisione e piglio scattante che ben si addice a brani come l’Ouverture. Tuttavia non sempre dimostra la capacità di abbandonarsi completamente al pathos, con alcune arie patetiche che a volte rimangono non troppo valorizzate dalla direzione. L’orchestra è comunque una delle migliori in circolazione con un suono che sa essere leggero ma compatto e rotondo. I 16 coristi del Pomo d’Oro preparati da Giuseppe Maletto, cantano con precisione e sono particolarmente toccanti in “Go, Gen’rous, Pious Youth”.

Klaus Stübler firma una nota disponibile in inglese, francese e tedesco, che ripercorre le peculiarità di Theodora rispetto agli altri oratori händeliani. Disponibile anche il libretto in lingua inglese, con traduzione sempre in francese e tedesco. In conclusione, si tratta di una buona registrazione, magari non perfetta, ma con contributi di valore da parte di tre cantanti del momento che, nel complesso, dimostrano grande rispetto per la musica di Händel.

THEODORA
Oratorio in tre parti
Libretto di Thomas Morell
Musica di Georg Friedrich Händel

Irene Joyce DiDonato
Theodora Lisette Oropesa
Septimius Michael Spyres
Didymus Paul-Antoine Bénos-Djian
Valens John Chest
Un Messagero Massimo Lombardi

Il Pomo d’Oro Coro e Orchestra
Clavicembalista e direttore Maxim Emelyanichev
Direttore del coro Giuseppe Maletto

Etichetta: Erato
Formato: CD
Registrazione effettuata il 26-29 novembre 2021
presso l’Alfred Krupp Saal, Philharmonie Essen

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