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Firenze, Teatro della Pergola – Le nozze di Figaro

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Nel giugno 1992, nell’ambito del 55° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, viene battezzato al Teatro della Pergola un nuovo allestimento de Le nozze di Figaro firmato da Jonathan Miller, all’epoca conosciuto nei teatri italiani per la Fanciulla del West scaligera e per la famosa Tosca fiorentina del 1986 ambientata nella Roma fascista. Ma se Tosca fa assai discutere, le Nozze si rivelano trionfo, tanto che verranno riprese al Teatro Comunale nel 2003 e nel 2010. Dopo il fallimentare esperimento del 2019, con una nuova produzione del titolo affidata a Sonia Bergamasco e qui recensita, l’allestimento storico di Miller ritorna dopo 30 anni nel teatro che l’ha visto nascere.

Se le scene quasi spoglie di Peter J. Davison e i costumi tipicamente settecenteschi di Sue Blane mantengono ancora la loro bellezza, anche grazie alle luci di Emanuele Agliati, che danno allo spettacolo una sfumatura pastello, il successo di questa ripresa è sicuramente dovuto al lavoro quasi maniacale di Georg Rootering che ricostruisce la regia insieme ai nuovi interpreti. Si può così tuttora apprezzare uno spettacolo che si basa fondamentalmente sulla recitazione accurata, i movimenti calibratissimi e la grande ricchezza di controscene che aiutano a creare dei personaggi vivi e palpitanti. Pur al netto di qualche eccesso di rabbia o qualche gag di cattivo gusto, come il Conte che nel primo atto fa di tutto per stringere il seno di Susanna con uno effetto da Cinepanettone stridente rispetto al resto, possiamo parlare di uno spettacolo ormai storico, il quale, se ben ripreso come in questo caso, può continuare a rimanere in repertorio senza risultare eccessivamente datato, ma fornendo invece un valido esempio di tradizione ben realizzata.

Sul fronte musicale va dato a Theodor Guschlbauer il merito di aver salvato questa edizione dopo le defezioni di Zubin Mehta prima e Marc Minkowski poi. La sua lettura si impronta su tempi piuttosto lenti, ma non funerei o grigi, interessata soprattutto alla narrazione, anche se non sempre la tensione teatrale rimane alta. I cantanti risultano ben sostenuti (l’acustica del teatro aiuta assai), anche se il rapporto tra palco e buca merita a tratti un maggiore rodaggio. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino parte un po’ in sordina, con sezioni non perfettamente amalgamate, ma recupera presto compattezza. In sostanza, si ascolta una direzione ben confezionata, ma per assaporare tutta la vitalità di questa partitura bisognerà attendere un altro momento.

In compenso il cast si dimostra di buon livello e, cosa non meno importante, ben affiatato. Alessandro Luongo si distingue come sempre per la voce ben tornita, il fraseggio curato, la linea omogenea (non teme neanche le salite sul finale di “Vedrò mentre io sospiro”) e la disinvoltura scenica. Il suo Conte d’Almaviva si piega a tutte le sfumature possibili, dalla passione alla rabbia, fino alla dolce richiesta di perdono finale. Sa tenergli degnamente testa il Figaro di Luca Micheletti. La voce brunita e corposa affronta la tessitura del ruolo  senza problemi, e dal punto di vista attoriale si sono visti pochi cantanti così ben immedesimati in un personaggio. L’unico appunto è una certa monotonia nelle dinamiche, ma il fraseggio è comunque variegato e la prova, in fin dei conti, assai positiva.
Per quanto riguarda il reparto femminile delle protagoniste, Kirsten MacKinnon è una Contessa d’Almaviva fragile ma con una bella presenza. Lo strumento brilla soprattutto nella zona centrale, mentre in acuto fa inizialmente fatica a imporsi, salvo poi riscattarsi con un “Dove sono i bei momenti” ben risolto. Benedetta Torre è una Susanna assai spigliata e centrata, che offre una performance vocale in crescendo, grazie a una voce ben emessa e dal timbro personale. Nonostante qualche leggero appannamento iniziale, il soprano brilla nella “Canzonetta sull’aria”, ma soprattutto nella cesellatissima aria “Deh vieni non tardar”, dove dimostra di saper affondare anche in zone più gravi senza risultare artefatta. Serena Malfi è un Cherubino apprezzabile per gli accenti e la vocalità appropriata, che la fanno davvero assomigliare a un giovane adolescente.

Fabio Capitanucci è un Bartolo piuttosto centrato, che esegue la sua aria iniziale con sillabati di stile quasi rossiniano. Non vengono privati delle arie del quarto atto né Marcellina né Basilio. La prima è ben interpretata da Carmen Buendía, che si fa valere soprattutto per il buon fraseggio a fronte di un timbro un po’ acido. Paolo Antognetti riesce a costruire un Basilio mai macchiettistico o sopra le righe, grazie anche alla voce insinuante al punto giusto.
Molto bene va il capitolo comprimari, come accade a Firenze da un po’ di tempo. Rosalia Cíd è una Barbarina dalla voce piena e godibile. Centrati e mai eccessivi risultano infine Antonio Garés come Don Curzio balbettante, ma sempre ben cantato, e l’Antonio ben caratterizzato di Davide Piva.
Alla prima, il nutrito pubblico si dimostra assai soddisfatto e non lesina sugli applausi a scena aperta, che sfociano in un calorosissimo successo finale per tutti gli interpreti, il direttore e Rootering.

Teatro della Pergola – 84° Festival del Maggio Musicale Fiorentino
LE NOZZE DI FIGARO
Commedia per musica in quattro atti K. 492
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Il Conte d’Almaviva Alessandro Luongo
La Contessa d’Almaviva Kirsten MacKinnon
Susanna Benedetta Torre
Figaro Luca Micheletti
Cherubino Serena Malfi
Marcellina Carmen Buendía
Bartolo Fabio Capitanucci
Don Basilio Paolo Antognetti
Don Curzio Antonio Garés
Barbarina Rosalia Cíd
Antonio Davide Piva

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Theodor Guschlbauer
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Jonathan Miller
ripresa da Georg Rootering
Scene Peter J. Davison
Costumi Sue Blane
Luci Emanuele Agliati
Movimenti coreografici Livia Risso
Allestimento del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Firenze, 7 maggio 2022

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