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Bologna, Teatro Comunale – Ariadne auf Naxos

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La vita è fatta di compromessi e anche gli artisti devono arrendersi a questa situazione. Si potrebbe sintetizzare così il dilemma lacerante del Komponist, il personaggio principale del Prologo di Ariadne auf Naxos (Arianna a  Nasso), dove Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal, una delle coppie artistiche più geniali della storia musicale, raggiungono vertici di poesia e lirismo tra i più alti della loro produzione. Eppure l’Ariadne comunemente rappresentata è la seconda versione dell’opera che ebbe la sua prima il 4 ottobre 1916, ed è essa stessa figlia di un compromesso. La versione originale del 1912 non ha il Prologo, ma vede l’atto unico preceduto da Der Bürger als Edelmann, cioè Le Bourgeois Gentilhomme di Moliére nel riadattamento di Hofmannsthal con le musiche di scena scritte dallo stesso Strauss; il pubblico di Stoccarda non apprezzò questa commistione (perché chi voleva vedere la prosa si annoiò assai dell’opera, e viceversa), e fin da subito il riadattamento di Moliére e Ariadne iniziarono ad avere circolazione separata. Librettista e compositore allora decisero di inventare il Prologo che oggi conosciamo in fretta e furia mentre lavoravano a Die Frau ohne Schatten e la prima guerra mondiale deflagrava intorno a loro. La risultante è un lavoro complesso, ma estremamente ricco di spunti musicali e teatrali: un sogno e un incubo per qualunque regista.

Per la prima bolognese di quest’opera (stranamente mai data al Comunale), arriva un nuovo allestimento coprodotto con la Fenice di Venezia e il Massimo di Palermo. Si può subito dire che il regista Paul Curran, insieme a Gary McCann per scene e costumi e Howard Hudson per le luci, firma una produzione interessante, ma non riuscita fino in fondo. La scena si apre in un ricco palazzo moderno con decorazioni che rimandano vagamente allo Jugendstil viennese e i personaggi in abiti contemporanei, mentre delle grandi casse si aprono mostrando camerini sia moderni che vagamente rococò. Il prologo mette in luce una discreta cura della recitazione, mentre le idee registiche si susseguono in modo incalzante, anche se il Maestro di ballo raffigurato come uno stereotipo degli omosessuali degli anni ‘70 ha ormai francamente stufato.
L’opera si ambienta nello stesso palazzo, dove viene allestita una scenografia che rimanda al teatro barocco, a cui si alternano elementi più semplici: la pedana su cui appare Zerbinetta per la sua grande aria la fa apparire come una popstar odierna, tra una strizzatina d’occhio alla Madonna di Material Girl e le pose di Ariana Grande. Curran sottolinea infatti bene l’aspetto comico dei commedianti, tra colori sgargianti e coreografie che però alla lunga risultano piuttosto ripetitive. Peccato che si voglia portare il comico anche nei momenti più riflessivi, in scene e controscene che vanno a cozzare in modo stridente con la musica, come Ariadne che guarda in quinta facendo cenno di avere il busto troppo stretto o che va a rimettere a posto gli abiti delle ninfe: trovata che ha il pregio di mettere in risalto l’aspetto improvvisato della rappresentazione, ma rischia di far scadere il tutto nel farsesco. A questo si aggiunge una certa fissità nel gestire gli interpreti seri dell’opera, per cui il duetto finale risulta piuttosto statico, pur nella sua conclusione simbolica con lo svuotamento del palco un po’ alla Carsen, vaga citazione che si somma ad altre sparse nel corso della rappresentazione.

La vera attrattiva risulta la direzione di Juraj Valčuha, che grazie a un notevole feeling con l’Orchestra del Teatro Comunale, ottiene dalla compagine una qualità del suono ogni volta migliore. Il direttore parte con un Prologo molto analitico, dove mette in evidenza cellule e temi melodici vari spesso a scapito della teatralità, anche a causa di interpreti da sostenere che non sembrano così versati nel canto di conversazione. Tuttavia la parte dell’opera seria vede Valčuha in forma smagliante, in un ottimo equilibrio di tempi e dinamiche col palcoscenico, anche se alcune scelte agogiche risultano leggermente discutibili (l’accelerando alla fine di “Es gibt ein Reich” risulta fin troppo rapido e improvviso). Questo non toglie pregio a una direzione comunque intensa e sentita, che non si suona mai addosso, ma anzi viaggia lieve e ritmata verso un finale perfettamente calibrato.

Il cast risulta piuttosto ben assortito. Dorothea Röschmann è una Ariadne dai centri corposi e dal bel timbro maturo, mentre problematiche risultano le salite in acuto, affrontate sempre in modo fin troppo prepotente, senza contare che alcune note estreme appaiono al limite della sua vocalità. Non brilla poi per tenuta dei fiati, cosa che la costringe a spezzare spesso in modo brusco la frase musicale, mentre l’interprete risulta efficace, ma non così originale. Daniel Kirch affronta il ruolo di Bacchus avendo almeno le note richieste, ma oltre a ciò non brilla certo per scavo nel personaggio o nel fraseggio. Olga Pudova è una Zerbinetta convincente, in primis per il piglio scenico encomiabile, ma anche per le buone qualità vocali: anche a fronte di qualche nota leggermente sbavata, sciorina acuti e agilità senza particolari problemi, ma sa anche impreziosire i momenti meno funambolici con un fraseggio curato. Victoria Karkacheva ha la voce ideale per il ruolo del Compositore, per volume ed estensione, anche se le manca una maggiore consapevolezza in certe soluzioni di fraseggio. Marcus Werba parte un po’ in rimessa come Maestro di Musica, ma si riprende costruendo un personaggio assolutamente credibile e meno serioso di come siamo abituati a vederlo solitamente.
Tommaso Barea è un Harlekin ideale e fascinoso, grazie alla calda voce scura, e si mette bene in luce nel suo momento solistico “Lieben, Hassen, Hoffen, Zagen”. Affiatati, ben assortiti e perfettamente calibrati anche gli altri commedianti, dalla calda voce di basso del Truffaldino di Vladimir Sazdovski, ai due ben timbrati Scaramuccio (Mathias Frey) e Brighella (Carlos Natale), Tra le tre ninfe spicca per volume e qualità dello strumento la Dryade di Adriana Di Paola, mentre appare perfettibile la Najade di Nofar Yacobi e ben centrata Chiara Notarnicola quale Echo. Cristiano Olivieri aderisce bene all’idea registica del Tanzmeister, pur con qualche acuto perfettibile, mentre risultano nel complesso buoni Paolo Antognetti (Un ufficiale) e Riccardo Fioratti (Un parrucchiero). Ottimo appare il Lacché di Maurizio Leoni nei suoi pur brevi interventi.
Alla prima, il pubblico è folto e curioso, tanto che molti si stupiscono della bellezza dell’opera, che solo in Italia fatica un po’ a entrare in repertorio. Alla fine della recita grandi applausi per tutti, compreso il team della messa in scena, con punte di entusiasmo per Pudova, Karkacheva, Röschmann, Werba, e il direttore.

Teatro Comunale – Stagione 2021/22
ARIADNE AUF NAXOS
Opera in un atto con Prologo
Libretto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss

Der Haushofmeister Franz Tscherne
Der Musiklehrer Markus Werba
Der Komponist Victoria Karkacheva
Primadonna/Ariadne Dorothea Röschmann
Der Tenor/Bacchus Daniel Kirch
Zerbinetta Olga Pudova
Harlekin Tommaso Barea
Scaramuccio Mathias Frey
Truffaldino Vladimir Sazdovski
Brighella Carlos Natale
Der Tanzmeister Cristiano Olivieri
Ein Perückenmacher Riccardo Fioratti
Ein Lakai Maurizio Leoni
Ein Offizier Paolo Antognetti
Najade Nofar Yacobi
Dryade Adriana Di Paola
Echo Chiara Notarnicola

Orchestra e tecnici del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Juraj Valčuha
Regia Paul Curran
Scene e costumi Gary McCann
Luci Howard Hudson
Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna
con il Teatro La Fenice di Venezia e il Teatro Massimo di Palermo
Bologna, 20 marzo 2022

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