Chiudi

Barcellona, Gran Teatre del Liceu – Il trovatore (con Vittorio Grigolo)

Condivisioni

Dopo due recite in concerto nel 2019, c’era davvero bisogno che il Grand Teatre del Liceu riproponesse Il trovatore in forma scenica con due compagnie di canto e tante repliche? Certo, quest’opera è molto amata e a ragione, ma forse era meglio cercare tra altri titoli verdiani meno noti che aspettano con pazienza il loro momento. Questa è la recensione della prima recita con il primo cast (il secondo comprende Gerzmava, Lee, Kutasi e Ódena).

L’opera è anzitutto, come canta il Conte di Luna, “la tempesta del mio cor”. Un monumento al romanticismo, composto su testo di un drammaturgo spagnolo interessante, anche se oggi poco noto, quale Antonio García Gutiérrez, alla cui penna dobbiamo il soggetto di un altro capolavoro verdiano, Simon Boccanegra. Ricordiamo con Budden che El trovador è stato il più grande successo di Gutiérrez, e che non si sa bene come Verdi sia arrivato a conoscerlo, dato che all’epoca non esisteva una traduzione italiana (a quanto pare la traduzione del testo sarebbe opera nientemeno che della Strepponi).

Immagino che in realtà il motivo di questa ripresa fosse quello di presentare il nuovo (per la Spagna) allestimento del regista “residente” al Liceu, Àlex Ollé, uno dei direttori artistici della Fura dels Baus. Si poteva prevedere che lo spettacolo non lasciasse indifferente il pubblico – e infatti ha scatenato puntualmente un uragano di applausi e fischi -, ma non che fosse inutile e privo di ogni senso. La “tinta” dell’opera è scura, è vero, ma collocare il famoso coro dei gitani all’inizio del secondo atto in mezzo a tombe e croci (che poi, manco a dirlo, diventeranno le torri del convento dove Leonora aspetta di diventare monaca) che senso ha? L’ambientazione fa pensare alla prima guerra mondiale (ma se fosse la guerra civile spagnola, o nordamericana, o la rivoluzione francese, sarebbe lo stesso) con tanto chiasso, uccisioni dopo la “Pira” (che si vede poco) e un gran numero di cadaveri che vengono ritirati all’inizio del quarto atto. Il primo quadro dell’atto terzo è collocato nelle trincee e così il coro non deve muoversi quando canta. Si aggiungano le luci monotone di Urs Schönebaum, i costumi di Lluc Castells, non male anche se non sempre coerenti (il Conte vestito da dandy), e le scene povere di Alfons Flores.

Riccardo Frizza dirige molto bene il primo e il quarto atto. Il secondo e il terzo sono un po’ troppo battaglieri (già a partire dal coro degli zingari) e il volume più di una volta piuttosto forte, anche se l’orchestra – cosa non da poco – suona bene.

Alla prima, Saioa Hernández canta nonostante i postumi di un raffreddore. Ovviamente il volume non è quello di sempre, l’acuto risulta metallico ma il soprano dimostra pur sempre di essere una professionista. Difficile però sostenere che il ruolo di Leonora le si addica: non una sola mezzavoce, non un trillo, agilità scarse, e se l’aria di sortita risulta discreta, “D’amor sull’ali rosee” è davvero poco belcantistica. Vittorio Grigolo, Manrico, ottiene un trionfo meritato al suo debutto al Liceu. In questa occasione è meno “esuberante” del solito , perfino nei saluti, anche se qualche momento di veemenza non manca. Canta benissimo un ruolo difficile dall’inizio alla fine e sa sfruttare un timbro naturalmente bellissimo.
Ksenia Dudnikova è al suo debutto nei panni di Azucena. Bene, ma non benissimo. Esibisce bei centri e gravi addirittura impressionanti, anche se non sempre a fuoco, come alla fine di “Condotta ell’era in ceppi”, mentre gli acuti risultano alquanto fissi e si nota, in qualche momento, una pronuncia esotica. Juan Jesús Rodríguez è un bravo baritono che non gode di un apprezzamento pari alle sue qualità vocali. Qui però suona un po’ opaco e con meno volume del solito, e nei momenti in cui canta molto bene lo fa con poche sfumature e seguendo il tradizionale archetipo del “cattivo”.
Bravissimo Gianluca Buratto come Ferrando. Non è facile che un basso che frequenta soprattutto il barocco possa cantare con volume e bella qualità di voce un ruolo di Verdi. Tra i comprimari, mi sembra più interessante il Ruiz di Antoni Lliteres che non – stranamente – l’Ines di María Zapata. Benissimo il coro preparato da Pablo Assante.
Teatro affollato, ma non tutto esaurito.

Gran Teatre del Liceu, Barcellona, 27 ottobre 2022

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino