Viene consegnata per la prima volta al disco una delle voci tenorili del momento. Si intitola Jonathan Tetelman – Arias l’album di debutto discografico dell’omonimo tenore cileno-americano, a contratto con Deutsche Grammophon. L’incisione comprende un ampio spettro di arie di autori celebri come Bizet, Verdi e Puccini e altri meno eseguiti come Zandonai e Flotow. Con 16 tracce e 56 minuti di musica, si tratta di un ottimo debutto e una prova coraggiosa di versatilità attraverso Verdi, il Verismo e il repertorio lirico francese. Per questa incisione, registrata nell’autunno dello scorso anno all’Auditorio Alfredo Kraus di Las Palmas, Tetelman viene accompagnato dall’Orquesta Filarmónica de Gran Canaria sotto la bacchetta di Karel Mark Chichon.
34 anni, nato a Castro in Chile ma cresciuto da una famiglia adottiva a Princeton nel New Jersey, Jonathan Tetelman ha già alle spalle una carriera internazionale di un certo rilievo. In molti lo hanno già paragonato al Kaufmann di circa un ventennio fa, sia per bellezza/presenza scenica che per sensazione e color scuro della voce, mentre la stampa internazionale ha usato parole lusinghiere (ad esempio The New York Times lo ha definito come “total star”). È lecito fare paragoni, ma va detto che il giovane ha comunque una sua personalità timbrica e artistica già spiccata per la sua età. In Italia, Tetelman si è fatto apprezzare nel film-opera de La Bohème con la regia di Mario Martone e in alcune recite di I due Foscari al Maggio Musicale Fiorentino, oltre a Tosca e Pagliacci al Teatro Regio di Torino. Nel 2023 è previsto il debutto come Turiddu in Cavalleria rusticana alla Wiener Staatsoper.
L’album vuole essere un ritratto del percorso artistico passato e presente del giovane tenore, incluso un assaggio di quello che potrebbe riservare il futuro a questa voce in ascesa. Come spiega lui stesso nel video promozionale del CD, Tetelman vuole in qualche modo stabilire le sue credenziali come tenore romantico in una fase in cui la sua voce sta ancora transitando da lirico leggero a lirico pieno e lirico spinto/drammatico. La sua biografia è anch’essa all’insegna dell’evoluzione della voce, dagli inizi come voce bianca nell’American Boychoir School di Princeton, agli studi come baritono a cui è seguito un riposizionamento della voce come tenore dopo un fermo di qualche anno, dove il giovane in crisi si era dedicato all’attività di DJ in un club di Manhattan. Tetelman stesso ripercorre queste tappe nel libretto che accompagna il CD, arricchito da foto (copertina compresa) da cui appare evidente che, al talento, il giovane unisce fascino da vendere. Citando le sue parole, questo album rappresenta “il riconoscimento di tutto il duro lavoro, del sangue, sudore e lacrime che ho investito nel mio cantare, nella mia arte e voce”. Vi sono altre affermazioni di una certa enfasi e che celano una certa sicurezza di sé. Al di là del taglio di marketing del prodotto (poco o nulla viene riservato nel libretto alla musica se non i testi delle tracce), la sostanza vi è tutta e sta proprio nella voce. Proprio su questo ci soffermeremo.
La voce di Jonathan Tetelman si distingue certo per attrattività del timbro, dalle tinte scure che celano i suoi esordi da baritono. Una voce di qualità caratterizzata da una buona ricchezza di armonici e una linea di canto che coniuga flessibilità, lirismo e una predisposizione a uno spessore vocale più drammatico e muscolare in zona acuta, dove mostra un buon volume. Stilisticamente elegante, il giovane emette suoni con morbidezza e vanta una buona palette di colori (più variegata di quella di Kaufmann, visto che lo abbiamo citato sopra). Le mezzevoci sono generalmente ben eseguite anche se qua e la il cantante ricorre al falsetto o sbianca quando deve smorzare l’emissione. Nel complesso si ha sempre l’impressione di pulizia e giudizio nel tenersi lontano da effetti manieristi o artificiosi. Chi scrive si riserva di ascoltare questa voce dal vivo per completare il giudizio.
Basta ascoltare le prime due tracce per venir conquistati all’ascolto. “Cielo e mar” da Gioconda viene cantata con cura del fraseggio e omogeneità di dinamiche, mentre gli acuti sono sempre sicuri e ben sostenuti. In “Amor ti vieta” la linea di canto è raffinata e l’impeto amoroso non va mai a sporcare i suoni. Stessa impressione di raffinatezza si ha, più in là, con la registrazione nella parte iniziale di “Come un bel dì di maggio”, con un canto che poi prende progressivamente corpo senza sbalzi improvvisi. Grande morbidezza e pathos anche in “La dolcissima effige” da Adriana Lecouvreur.
Nella scena delle prigioni de I due Foscari “Non maledirmi, o prode” Tetelman costruisce una bella tensione drammatica e dà sfoggio di spavalderia in acuto. “M’appari tutt’amor” da Martha di Flotow coniuga cantabilità affascinante a trasporto e risolutezza. Peccato che la dizione, complessivamente ottima, sia intaccata dalla scarsa articolazione delle consonanti doppie: un difetto tipico di molti anglofoni, già riscontrato nella Bohème trasmessa in televisione, su cui il tenore potrà certamente lavorare. L’aria del fiore da Carmen viene cantata con grande lirismo, pulizia e controllo del fiato. Nelle due tracce da La forza del destino Tetelman dimostra una bell’attenzione alla parola, con una sentita richiesta di pietà in “O tu che in seno agli angeli”.
Ottimo il contributo musicalmente sensibile e interpretativamente ferrato del soprano lituano Vida Miknevičiūtė in “Paolo, datemi pace!” e in “Perché volete voi ch’io rinnovi” da Francesca di Rimini di Zandonai. I due si accendono in un’atmosfera infuocata alternando momenti dove sembrano fantasticare a occhi aperti. Tetelman è impegnato poi in “Pourquoi me réveiller” dal Werther, cantata con pertinenza stilistica ed emissione salda, anche se espressivamente il canto è meno poetico rispetto alla resa che della stessa aria fornisce per esempio Benjamin Bernheim, sempre per Deutsche Grammophon. Nell’addio alla madre da Cavalleria rusticana Tetelman è interpretativamente efficace nel chiedere a Mamma Lucia di pregare per lui, fino a dirle addio con angoscia. Elegante e mosso dal giusto rimorso il canto di “Addio fiorito asil” da Madama Butterfly di Puccini. La registrazione si chiude con la cabaletta “Di quella pira” da Il trovatore: Tetelman attacca con fierezza, articola bene e si dimostra sfrontato in acuto chiudendo il suo debutto discografico con un lungo do di petto.
L’Orquesta Filarmónica de Gran Canaria diretta da Karel Mark Chichon fornisce un accompagnamento puntuale e sensibile, riservando la giusta cura anche ai soli strumentali (specialmente quelli dei fiati). Il suono riesce anche a essere denso e compatto nei momenti più intensamente drammatici, pur senza coprire gli interpreti. Nei cantabili, Tetelman ha grande libertà di gestire il fraseggio ma il tutto scorre con naturalezza. Brevi ma efficaci gli interventi corali di Capella Cracoviensis.
In conclusione si tratta di un’incisione di qualità dove la voce è protagonista. Per verificare l’evoluzione della vocalità di Tetelman dovremo attendere ulteriori registrazioni. Ci auguriamo che il giovane tenore venga ben consigliato nelle scelte di repertorio e amministri con giudizio il suo talento. Se la transizione al repertorio più drammatico si completerà con successo è ancora presto per dirlo e questo richiederà sicuramente ulteriore lavoro sull’emissione, oltre all’auspicabile pazienza di assecondare la naturale evoluzione della voce senza forzature. Le premesse sono comunque ottime.
JONATHAN TETELMAN ARIAS
Arie di Ponchielli, Giordano, Verdi, Flotow, Bizet
Cilea, Zandonai, Massenet, Mascagni, Puccini
Jonathan Tetelman tenore
Orquesta Filarmónica de Gran Canaria
Karel Mark Chichon direttore
Con la partecipazione di Magdalena Łukawska (soprano),
Vida Miknevičiūtė (soprano), José Simerilla Romero (tenore)
e Capella Cracoviensis
Etichetta: Deutsche Grammophon
Formato: CD
Registrazione effettuata tra ottobre e novembre 2021
presso la Sala Sinfonica dell’Auditorio Alfredo Kraus
di Las Palmas – Gran Canaria