Come già ricordammo recensendo la bella edizione de L’Orfeo di Monteverdi, il Festival Scatola Sonora, vanto del Conservatorio Vivaldi di Alessandria e guidato dalle sempre stimolanti idee artistiche di Luca Valentino, tocca l’importante giro dei boa dei venticinque anni di attività. Il Festival conferma non solo la sua vocazione indirizzata al teatro musicale di piccole dimensioni, ma anche l’internazionalità del suo campo d’azione mettendo in scena un titolo che risponde perfettamente all’argomento sul quale si è incentrata l’edizione di quest’anno: il mito di Orfeo.
Dopo il capolavoro monteverdiano, il Teatro Alessandrino (un cinema, purtroppo poco adatto ad eseguire musica) ha ospitato infatti la prima esecuzione italiana di Euridice, o I burattini di Caronte, opera per mezzosoprano, baritono e burattinaio con musica del compositore catalano Joan Albert Amargós e libretto di Toni Rumbau, che andò in scena per la prima volta il 2 luglio 2001 per il Festival Grec di Barcellona.
Per far meglio comprendere l’opera al pubblico, Luca Valentino, che ha curato la regia dello spettacolo e Giovanni Battista Bergamo, al quale è stata affidata la direzione musicale, hanno preparato la versione in traduzione ritmica italiana di un libretto che mette in relazione due linguaggi diversi: quello dell’opera lirica con il teatro popolare dei burattini, uniti dal comune denominatore del mito di Orfeo, con tutti i suoi richiami al carattere infernale riferiti alla maschera stessa di Pulcinella.
La vicenda dell’opera narra di una cantante lirica, Sofia, che si appresta a interpretare l’Euridice di Peri, ma nel frattempo scopre di essere gravemente malata e condannata alla morte nonostante il suo compagno, il direttore d’orchestra Oscar, minimizzi e la inviti a proseguire le prove e l’attività di cantante. Sofia ha un incontro improvviso ed inaspettato con un teatrino di burattini che fa spettacoli nella strada antistante al teatro dove lei sta provando e ne resta affascinata, soprattutto guardando Pulcinella. Da quel momento, è come se quel mondo divenisse espressione della sua interiorità: un modo capace di comunicare con gli Inferi per indicarle la strada per una nuova dimensione. “Non a caso – scrive Valentino nelle note di regia – Pulcinella, durante le sue esibizioni in scena, riesce a sconfiggere la Morte e a mostrare a Sofia un’altra via per guardare all’aldilà, come un nuovo Orfeo”.
La temperatura musicale stessa dell’opera, condita con richiami al jazz, al flamenco e alla musica orientale, fa dialogare le voci liriche con quella dei burattini, nello specifico con Pulcinella, che si esprime con la consueta voce straniante provocata dall’utilizzo della pivetta, strumento che fin dall’antichità i burattinai utilizzano per deformare e ampliare la propria voce in modo da creare il tipico linguaggio gracchiante dei burattini.
Il legame con questi due mondi diventa anche un fil rouge amoroso, perché quando Oscar nelle ultime scene dell’opera diventa furioso e si ribella contro Pulcinella, reo di aver portato su una cattiva strada Sofia e di averla distratta dalle sue attenzioni di cantante, ecco che l’opera assume connotati che ondeggiano fra il verismo e un toccante lirismo, quest’ultimo utilizzato quando Sofia sembra essersi ormai fatta coinvolgere da quel fascinoso richiamo al teatro dei burattini, per il quale pare addirittura provare una tenera attrazione affettiva (si pensi alla scena VII: il duetto erotico senza parole di Sofia e Pulcinella, accompagnato da una musica morbida e triste, eppure delicatamente sensuale), mentre Oscar, all’opposto, fa irruzione in scena, ribellandosi a tutto questo, tentando di distruggere il teatrino e Pulcinella stesso. In una convulsa scena finale, Oscar ferisce a morte con la sua bacchetta Sofia mentre lei tenta invano di salvare il teatro dei burattini dall’ira del geloso direttore d’orchestra, ma quando lei cade morta, fa crollare assieme a sé il tessuto che copre il teatrino. In quel momento si vede il burattino della Morte senza alcun burattinaio che lo muove. Così Oscar, incredulo, va verso la Morte che lo ipnotizza o lo fa sparire nel nulla, mentre la Morte stessa esce ridendo. Nell’epilogo dell’opera, appare la Gondola di Caronte con due passeggeri: Pulcinella e Sofia, con la Morte che rema. A Sofia si apre dunque una porta verso una nuova esperienza, quella col mondo degli Inferi.
La musica dell’opera prende quota soprattutto nelle scene finali, quelle più ricche di anima teatrale, in cui Sofia viene attratta da una forza misteriosa verso quel Pulcinella che sembra addirittura, come si è detto, attrarla a sé affascinandola e intenerendola. La regia di Valentino lo sottolinea mirabilmente, toccando momenti di pura poesia quando, con un saggio gioco di luci, mostra Sofia accarezzare il burattino, dando a intendere una comunione spirituale così forte da siglare la sua salvezza, al di là dei fatti di morte che poi condurranno ai misteriosi momenti conclusivi dell’opera.
Lo spettacolo, con scene di José Menchero, coglie mirabilmente il dialogo fra questi due mondi, mostrando da un lato della scena il teatro dei burattini e dall’altro il backstage del teatro dove la donna sta provando l’andata in scena di Euridice. Al centro suona il complesso orchestrale da camera (violino, violoncello, contrabbasso, fisarmonica e pianoforte), mirabilmente diretto, con trasparente delicatezza e misteriosa sospensione, da Giovanni Battista Bergamo. Il mezzosoprano Giulia Medicina è una toccante Sofia, poeticamente assorta quando il mondo dei burattini sempre più le indica la strada per uscire dalla disperazione della malattia che le si presenta come “una porta occulta, un soffio d’aria fredda”, come dice il libretto, dal “sapore amaro e dolce, un suono di morte”. Dalla apatica paura della malattia Sofia passa al desiderio di addormentarsi per poi svegliarsi nella serenità della notte, accanto a quel burattino che le ha indicato la via per una pace di “agitata solitudine” verso la quale si sente attratta, in un mondo non più reale. All’opposto Oscar, Dario Castro, dalla voce baritonale piuttosto chiara ma teatralmente efficace, la richiama concitatamente ai doveri del successo e della carriera, di città in città, e non ammette la sua attrazione verso quel teatrino (animato dai bravissimi burattinai Toni Rumbau e Eudald Ferré) che intende distruggere non sapendo quello che gli aspetta, quando vedrà che nessun burattinaio guida i burattini!
Con saggio equilibrio drammaturgico, lo spettacolo, invero felicissimo, rende onore a un’opera del tutto inedita nel tentativo di unire appunto il linguaggio dell’opera con quello del teatro dei burattini, toccando corde musicali e teatrali che, dialogando assieme in un clima dal fascino straniante, colpiscono nel segno.
Conservatorio Vivaldi – Festival Scatola Sonora – XXV edizione
Festival internazionale di opere e teatro musicale di piccole dimensioni
EURIDICE, O I BURATTINI DI CARONTE
Opera per mezzosoprano, baritono e burattinaio
Libretto di Toni Rumbau
Musica di Joan Albert Amargós
Prima rappresentazione italiana
Traduzione ritmica: Giovanni Battista Bergamo e Luca Valentino
Pulcinella/burattinaio Toni Rumbau e Eudald Ferré
Sofia Giulia Medicina
Oscar Dario Castro
Direttore Giovanni Battista Bergamo
Regia Luca Valentino
Scene José Menchero
Violino Anna Roveta
Violoncello Giulia Roveta
Contrabbasso Francesco Paolino
Fisarmonica Stefano Arato
Pianoforte Giovanni Manerba
Teatro Alessandrino – 27 settembre 2022