“L’opera di nostro figlio è, come dicono gli italiani, alle stelle (…) ognuno vuol parlare al signor maestro e desidera vederlo da vicino”. Così papà Leopold Mozart scriveva alla moglie il 5 gennaio 1771, da Milano, all’indomani del successo di Mitridate, re di Ponto, andata in scena il 26 dicembre al Teatro Regio Ducale. Il primo melodramma serio del quindicenne Wolfgang Amadeus Mozart è – superfluo dirlo – un piccolo capolavoro. Pare che Mozart, all’epoca in Italia per il suo primo viaggio, fosse arrivato nel capoluogo lombardo avendo già musicato i recitativi, aspettando invece di modellare sulle voci – e sui capricci dei cantanti – le arie che punteggiano questa partitura. Pagine nelle quali sovente rifulge l’ispirazione apollinea del giovanissimo compositore, soprattutto laddove una invincibile malinconia si mescola a un fremito di sensualità. Cifra, questa, distintiva anche del Mozart maturo.
Il secondo titolo del Festival Vicenza in lirica è praticamente coevo della pregevole Betulia liberata che lo ha inaugurato qualche giorno fa e come questa trova superba cornice nel Teatro Olimpico. Anche nel caso di Mitridate, poi, gli interpreti sono tutti giovani (cinque sono stati selezionati dal Concorso Tullio Serafin) e ognuno di loro fa del suo meglio per dare un contributo alla riuscita di un’operazione che, al di là di alcuni limiti, si percepisce portata avanti con determinazione ed entusiasmo.
Sul podio dell’orchestra barocca del Festival, Luca Oberti disegna una direzione nervosa, scattante, molto settecentesca nel gioco agogico e nella ricerca di colori, nel segno di una drammaticità aspra, dove il tema amoroso e quello politico confliggono con eguale energia. Puntuale l’attenzione al canto e apprezzabile la tensione narrativa che si scioglie nella melodia ora estatica ora virtuosistica delle arie.
Nel cast brillano la Aspasia di Nina Solodovnikova e il Sifare di Darjia Auguštan. La prima vanta un timbro di luminosa bellezza, morbido, valorizzato da una linea elegante e misurata: il personaggio, poi, è abitato da una sottile inquietudine che si mescola alla naturale fierezza del suo rango. Caratteristiche che Solodovnikova ben evidenza, soprattutto quando riesce nella non facile impresa di sublimare la difficoltà esecutiva in chiave espressiva. Auguštan, da parte sua, esibisce una notevole intelligenza interpretativa e una solida capacità virtuosistica, venendo lodevolmente a capo di una scrittura oggettivamente ostica. Emozionante la sua aria “Lungi da te, mio bene”, addio tra i più commoventi che si possano immaginare, con quella raffinatissima scrittura concertante affidata al corno (qui invero, in un’esecuzione perfettibile), in continuo dialogo imitativo con la voce. Ad Aspasia e Sifare è poi affidato l’unico duetto dell’opera, “Se viver non degg’io”, in chiusura del secondo atto. Pezzo che fu apprezzatissimo sin dalla prima e ben a ragione: si tratta infatti di una pagina di sfibrante intensità sentimentale che le due giovani cantanti hanno saputo trasformare in una sorta di carezza per l’anima.
Il tenore australiano Shanul Sharma offre un ritratto apprezzabile del protagonista: la voce è omogenea e compatta nel suono, la linea scorrevole, buone le colorature. L’interprete è parso più a suo agio nei tormenti del padre e dell’innamorato che non nella fierezza del sovrano. Farnace è affidato al controtenore Franko Klisović, un po’ sopra le righe nei recitativi e in certe espressioni irose delle sue difficilissime arie. Viceversa, risulta molto bravo nelle pagine di più intensa ispirazione lirica, come la stupenda “Già dagli occhi il velo è tolto”, caratterizzata da un bel legato e una elegante espressività. Bella voce e ottima tecnica per l’Ismene di Martina Licari, così come Gloria Giurgola offre un ritratto incisivo di Arbate; molto bravo Alfonso Zambuto nella piccola parte – ma dotata di un’aria – di Marzio.
La regia di Natale De Carolis ha il merito di mettere i cantanti a proprio agio e, grazie anche alle luci, di sfruttare in chiave emozionale il già immaginifico sfondo griffato Palladio/ Scamozzi. Scene, luci e costumi sono firmati da docenti e studenti dell’Accademia di Belle Arti di Verona, secondo una precisa – e lodevole – scelta della direzione artistica di coinvolgere i giovani.
Festival Vicenza in lirica 2021
MITRIDATE, RE DI PONTO
Dramma in musica in tre atti KV 87 di Vittorio Amedeo Cigna-Santi
dalla tragedia Mithridate di Racine
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Mitridate Shanul Sharma
Aspasia Nina Solodovnikova
Sifare Darija Auguštan
Farnace Franko Klisović
Ismene Martina Licari
Arbate Gloria Giurgola
Marzio Alfonso Zambuto
Danzatrice solista Giorgia De Luca
Attori Luca a Rossi e Francesco Motta
Orchestra barocca del Festival Vicenza in Lirica
Direttore Luca Oberti
Regia Natale De Carolis
Accademia delle Belle Arti di Verona
Assistente di regia Anna Perrotta
Video mapping Enzo Gentile, docente
Sara Blanca, Irene Bonomi, Karen Giusto, Andrea Zanchetta
Sartoria del festival Daniela Boscato, Elia Baccarin
Scenografia Caterina Pinelli, docente
Irene Bonomi, Matteo Corsi, Anna Covazzi, Karen Giusto,
Marco Martini, Sara Pistore, Emily Scorzato, Cecilia Tacconi
Trucco a cura di Rosanna Carollo
Parrucco a cura di Salone Osas
Maestro alle luci Cecilia Tacconi
Fotografia di scena Federico Balestro
Light designer Andrea Grusu
Vicenza, Teatro Olimpico, prova generale, 7 settembre 2021