Immarcescibile Domingo. In un mondo che macina e tritura voci nel breve volgere di pochi anni, Plácido veleggia sicuro verso l’eternità. Ma non è solo un fatto vocale: il segreto sta nel rapporto che sa creare con il pubblico, nel desiderio di non fermarsi, nella voglia di scrivere ancora le proprie regole sulla scena. Si potrà amarlo oppure no, condividere o meno la scelta di passare alla corda baritonale, ritenere che anche saper mettere il punto fermo sia un gesto da fuoriclasse, ma è difficile non riconoscergli la capacità di soggiogare il pubblico ancora, grazie al mestiere, al gusto e all’istinto. Venerdì sera in un’Arena accogliente e sold out, Domingo era in forma. L’appoggio e il suono hanno ritrovato una proiezione che, al gala per i 50 anni di carriera, sembrava meno nitida. Quando l’occhio di bue punta l’entrata, l’ovazione da stadio definisce già il tono della serata. Calda, certamente pop, ma piena di gusto e belle cose sentite.
Domingo, nell’ormai iconica giacca bianca, sceglie di scaldare i motori con l’aria “O vin, dissipe la tristesse” dall’Hamlet di Thomas mentre il soprano uruguayano Maria José Siri, in un abito in paillettes nero propone “Pleurez, pleurez mes yeux” da Le Cid. Entrambi entrano in confort zone con Verdi: Domingo presenta, con buona cavata e sicura tenuta “Pietà rispetto, amore” da Macbeth, mentre Siri canta “Pace mio Dio” da La forza del destino, dove esibisce il timbro brunito e i sicurissimi filati, con graffio spavaldo negli acuti. La chiusa della prima parte è con il duetto del Trovatore “Udiste?… Mira d’acerbe lagrime”, che infiamma la platea.
Particolarmente felice la scelta della seconda parte: La Marche hongroise da La damnation de Faust di Hector Berlioz è stato uno dei momenti musicali più belli della serata. Dopo “Das Land des Lachelns” (Tu che m’hai preso in cuor), con Domingo che accende il pubblico austriaco e tedesco, Maria José Siri entra in abito color cipria per Die lustige Witwe (La vedova allegra): qualche battuta di assestamento ritmico sul ritornello della Vilja e poi il duetto charmant con Plácido e valzer incluso. Il temperamento di entrambi si rivela nella selezione finale di zarzuela con il bel duetto “Hace tiempo” da La del manojo de rosas di Pablo Sorozábal, mentre per Domingo il finale è obbligato con “No puede ser!”, aria da baule decennale. Seguono quattro generosi bis: il duetto di Soleà e Raphael da El Gato Montes, “Te quiero dijiste” di Javier Solis per Maria José Siri, l’eterna “Granada” per Domingo. Infine una “Non ti scordar di me” corale, dove il coro è costituito dai seimila spettatori dell’Arena.
Lo sciame di voile e pailettes che si riversa fuori, tra sorrisi e amenità, guarda distrattamente le lancette: si è fatta mezzanotte. Plácido generoso, per una serata piacevole e intelligente, costruita con il supporto dell’ottimo Francesco Ivan Ciampa e di un’orchestra che, con sensibile duttilità, si dispone a servizio del grande divo.
Arena Opera Festival 2021
DOMINGO OPERA NIGHT
Musiche di Thomas, Massenet, Verdi, Berlioz,
Lehár, Giménez, Sorozábal, Barbieri
Baritono Plácido Domingo
Soprano Maria José Siri
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Ivan Ciampa
Verona, 30 luglio 2021