Bastano una bella voce e buoni acuti per interpretare Verdi? La domanda sorge spontanea ascoltando il nuovissimo album di pagine verdiane inciso da Ludovic Tézier, baritono francese in procinto di essere “beatificato” quale supremo interprete verdiano di oggi. Cantante sicuramente dotato in quanto a colore ed estensione (anche se dal vivo e sotto sforzo gli acuti tendono a volte a oscillare un poco), Tézier si è costruito nel tempo la fama di grande esecutore dei ruoli che Verdi scrisse per l’amata voce del baritono, da quelli del primissimo periodo (Don Carlo dell’Ernani, Nabucco) a quelli della maturità (Jago dell’Otello, Ford del Falstaff).
Un’ampia carrellata, che comprende anche i ruoli sopra citati, la offre l’impaginazione del nuovo Cd Sony nel quale l’incensatissimo (dalla critica francese) baritono d’oltralpe veleggia fra personaggi e caratteri diversissimi fra loro, non sempre differenziandone le peculiarità con la dovuta sagacia. Il colore vocale è sicuramente accattivante, la pronuncia italiana ottima, ma gli accenti segreti, la celebre “parola scenica” verdiana, latitano, o meglio, trovano buona caratterizzazione solo in quelle pagine in cui il compositore di Busseto pare anticipare qualcosa del “verismo” che deflagrerà di lì a poco sulle scene liriche di fine Ottocento. I retaggi donizettiani e rossiniani, ben presenti in alcune partiture giovanili di Verdi, non trovano nel baritono francese giusta collocazione.
Prendiamo ad esempio il recitativo e aria di Don Carlo da Ernani. Un grande interprete di Verdi dovrebbe saper differenziare con diverso peso, colore e accento “Scettri! Dovizie! Onori! Bellezze! Gioventù!” del recitativo, dovrebbe trovare una patina quasi estatica all’attacco di “Oh, de’ verd’anni miei”, dovrebbe avere qualcosa di glorioso all’involo di “e vincitor de’ secoli” (riascoltare Giuseppe Taddei, Leonard Warren, Renato Bruson ne è la controprova). In questa incisione non avviene, recitativo e aria non sono sufficientemente differenziati, complice la superficiale direzione d’orchestra di Frédéric Chaslin, la sensazione è quella di routine seppure di buon livello. Ancora meno convincente il difficilissimo “Vieni meco, sol di rose” dalla stessa opera, che dovrebbe essere cantato “a fior di labbro”, vero omaggio verdiano a Donizetti, qui limitato a un perenne forte-mezzoforte. Luca Salsi (a proposito di voci “verdiane”), nella bella incisione di Ernani all’Opera di Roma sotto la direzione di un esemplare Riccardo Muti, ne rende perfettamente il lato galante e vagamente frivolo che il momento scenico pretende.
Gli stessi limiti, si badi bene interpretativi e non vocali, emergono nel “Dio di Giuda!” dal Nabucco, cantato senza ieraticità e solennità. Alcuni limiti nelle mezzevoci e nei piani emergono anche in “Di Provenza il mar, il suol” dalla Traviata, cantato disattendendo le indicazioni dinamiche, e nella sublime aria del Conte di Luna dal Trovatore. Ben altra estasi ed eleganza dovrebbero permeare il magnifico “Il balen del suo sorriso” (Dietrich Fischer-Dieskau, discutibilissimo quando canta Verdi, ne seppe dare una versione veramente “leopardiana”), a meno di non voler retroceder alla brutalità di un Ettore Bastianini, baritono molto dotato vocalmente ma piuttosto generico in fatto di fraseggio e colori. Bastianini, del resto, è citato insieme a Cappuccilli da Tézier quale voce di riferimento per il repertorio verdiano nelle note che accompagnano il cd in questione).
Non vorremmo peccare di eccessiva severità, veniamo dunque a quanto di bello e convincente sa regalarci Ludovic Tézier in questa sua recente fatica: le arie del Ballo in maschera ad esempio, nobilmente eleganti nonostante l’enfatica direzione d’orchestra; lo Jago di Otello giustamente demoniaco e con un bellissimo affondo giunto al “verme dell’avel” (finalmente in questa pagina l’ottima orchestra del Comunale di Bologna sembra diretta con autorevolezza e sagacia); il beffardo e iroso Ford del Falstaff, ruolo che segnò il debutto di Tézier in ambito verdiano.
Un recital dunque interlocutorio, nel quale pregi e alcune superficialità interpretative si alternano. Probabilmente la tecnica, lo stile e forse il gusto del baritono francese trovano più giusta collocazione con il tardo Verdi, piuttosto che con quello di gioventù. Voce verdiana, sì, ma non necessariamente la migliore oggi in circolazione, a meno di non voler appositamente dimenticare quella di un Luca Salsi o di un attraentissimo (e sottoimpiegato) Amartuvshin Enkhbat.
VERDI
Arie da: La forza del destino, Don Carlos/Don Carlo,
Ernani, Falstaff, Il trovatore, La traviata, Macbeth,
Nabucco, Otello, Rigoletto, Un ballo in maschera.
Ludovic Tézier, baritono
Frédéric Chaslin, direttore
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Etichetta: Sony Classical
Formato: CD
Registrazione effettuata nel mese di gennaio 2020
presso l’Auditorium Manzoni di Bologna