Prosegue la riscoperta della produzione operistica di Antonio Vivaldi da parte del Teatro La Fenice. Al Teatro Malibran, infatti, è in scena Farnace che il celebre Prete Rosso compose per il Carnevale del 1727 su libretto di Antonio Maria Lucchini. In quell’anno Vivaldi era al culmine della sua fama europea. Il Mercure de France due anni prima lo aveva definito «il più abile compositore di Venezia». Con i dodici concerti della raccolta Il cimento dell’armonia e dell’inventione, pubblicati dall’editore Michel-Charles Le Cène, la sua fortuna si era notevolmente accresciuta.
L’opera Farnace fu rappresentata al Teatro Sant’Angelo che nel 1703 aveva già visto, su libretto di Lorenzo Morari, la versione di Antonio Caldara. L’argomento della tragedia dinastica di Farnace, re del Ponto, osteggiato dalla suocera Berenice e imprigionato, è di grande interesse per tutto il Settecento. Il lieto fine è doveroso: la feroce Berenice cede all’amore per la figlia Tamiri, sposa di Farnace, risparmiando così la vita al genero. I conquistatori romani (Pompeo e Aquilio) si contrappongono per la loro umanità ai crudeli e barbari antagonisti. Nel nuovo allestimento di questo dramma in tre atti, il regista Christophe Gayral, con le scene di Rudy Sabounghi e i costumi di Elena Cicorella, annulla ogni possibilità di evasione e speranza. L’ambientazione è “terroristica” e viene escluso ogni possibile tentativo di conciliazione tra culture e mondi diversi. Trionfa la violenza e il lieto fine viene annullato con sgozzamenti in scena che non possono che stridere con il gioioso coro conclusivo dell’opera (“Coronata di gigli, e di rose/con gl’amori ritorni la pace”).
Inevitabilmente, una tale impostazione influisce anche sulla resa musicale. La variegata gamma dei colori vivaldiani diviene alquanto ristretta e la direzione musicale di Diego Fasolis si limita a essere precisa e burocratica. Questo perlomeno è quello che abbiamo avuto modo di riscontrare alla recita riservata ai giovani, nobile iniziativa promozionale che dopo la pandemia ha preso nuovo vigore. Christoph Strehl, nel ruolo del titolo, è un tenore con mezzi nell’insieme adeguati e Lucia Cirillo, in quello di Berenice, regina di Cappadocia, definisce tutti i risvolti oscuri e perversi del suo personaggio. Sonia Prina, quale Tamiri, parte scritta per Anna Giraud, “l’Annina del Prete Rosso”, dopo un inizio un po’ opaco prende corpo nel corso del dramma trovandosi a suo agio nei toni patetici. Funzionale quale Selinda, sorella di Farnace, Rosa Bove, convincente Valentino Buzza come Pompeo. Il controtenore coreano-americano Kangmin Justin Kim, interprete del ruolo del principe Gilade, seppur con una voce di non grande volume, si fa apprezzare per le scelte stilistiche e le intenzioni espressive. Ricordiamo ancora David Ferri Durà nelle vesti di Aquilio, prefetto delle legioni romane, e Pietro Moretti, il bambino, figlio di Farnace, che pur non cantando ha un importante ruolo scenico. Come sempre puntuali e pertinenti gli interventi del Coro, una ventina di artisti disposti nei palchi ai lati della buca orchestrale.
Teatro Malibran – Stagione del Teatro La Fenice
FARNACE
Dramma per musica in tre atti RV 711-A
Libretto di Antonio Maria Lucchini
Musica di Antonio Vivaldi
Farnace Christoph Strehl
Berenice Lucia Cirillo
Tamiri Sonia Prina
Selinda Rosa Bove
Pompeo Valentino Buzza
Gilade Kangmin Justin Kim
Aquilio David Ferri Durà
Un fanciullo Pietro Moretti
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice
Direttore Diego Fasolis
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia Christophe Gayral
Scene Rudy Sabounghi
Costumi Elena Cicorella
Light designer Giuseppe Di Iorio
Nuovo allestimento Fondazione Teatro La Fenice
Venezia, 30 giugno 2021