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Torino, Regio Opera Festival 2021 – Pagliacci

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La ragnatela delle fermate di una metropolitana. Questa è l’immagine attraverso la quale il Regio annuncia la nascita di un’idea: quella di coinvolgere, nel progetto Regio Metropolitano, diverse realtà culturali cittadine in quella che sarà la futura attività dopo la chiusura momentanea del Teatro per i necessari lavori di messa a norma del palcoscenico. A rispondere alla richiesta di collaborazione di Rosanna Purchia, Commissario straordinario, sono stati in molti: Auditorium Giovanni Agnelli del Centro Congressi Lingotto, Chiesa del Santo Volto, Conservatorio Statale di Musica “G. Verdi” di Torino, OGR Officine Grandi Riparazioni, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai con Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Teatro Alfieri – Torino Spettacoli, Teatro Colosseo di Torino; e, sul versante delle arti visive, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, Archivio di Stato di Torino, Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e Musei Reali con Palazzo Reale. Top secret sulla programmazione, che prevede 32 appuntamenti in 12 luoghi diversi, fra ottobre 2021 e gennaio 2022, con opere, concerti, balletti e mostre. Si saprà tutto nel dettaglio il prossimo 10 settembre.

Intanto, per il Regio Opera Festival, prosegue l’attività nel Cortile di Palazzo Arsenale, che non chiude neanche in agosto e mette in scena Pagliacci di Leoncavallo. Lo spettacolo riprende, nella sostanza, una passata messa in scena del Regio con la regia di Gabriele Lavia. In questa occasione a firmarla è invece Anna Maria Bruzzese, che ne cura una tutta sua. L’impianto è però simile, negli elementi figurativi, a quello di allora, curato per scene e costumi da Paolo Ventura, noto fotografo e artista che persegue per questo spettacolo l’immagine visiva di un neorealismo postbellico. Anche in versione en plein air appaiono i resti di un paese dove, fra case mezze crollate e muri crivellati dai proiettili delle mitragliatrici, la gente ha il desiderio di riappassionarsi alla vita, assistendo al diversivo di uno spettacolo allestito da una compagnia di ambulanti che passa per il paese distrutto dalle bombe, osservando come sia facile ricadere negli errori umani di sempre: amandosi e odiandosi a vicenda. Fra realismo e richiami a un figurativismo oleografico quando ad apertura del primo quadro si assiste a una parata di trampolieri e teatranti, lo spettacolo segue fedelmente la narrazione e non presenta particolari spunti di riflessione, che sono invece tanti ascoltando quello che è apparso il punto di forza di questa edizione di Pagliacci, la direzione di Stefano Montanari, bacchetta che si è imparato ad apprezzare nel repertorio barocco, in Mozart, Rossini e nel belcanto del primo Ottocento. Nel verismo potrebbe apparire un outsider. Invece, liberata l’opera da ogni scontata e prevedibile retorica, la sua direzione, all’enfasi e al facile effetto antepone un gioco accuratissimo di colori e finezze strumentali, ma soprattutto di tempi che si allargano nella ricerca di interiorizzare il dramma, di utilizzare pause, rallentando e addirittura silenzi che donano a questa vicenda di gelosia, passione e morte un sapore meno scontato. Colpisce come Montanari accompagna l’aria di Nedda, con sonorità che sembrano accarezzare e irradiare di calore il desiderio di vita e libertà che la donna intona beandosi del sole di mezzo agosto e osservando il volo degli augelli, mettendo a nudo la sua sensualità. Tiene col fiato sospeso la lunga pausa (mai la si era ascoltata così lunga), carica di teatralissima tensione emotiva, durante la quale nel finale, quando ormai Canio ha consumato il suo delitto d’onore accoltellando i due amanti, un lieve e quasi silenzioso rullio di timpani accompagna il lento avanzare di Tonio al proscenio per pronunciare la fatidica frase “La commedia è finita!”. Prima ancora si è ammirato un duetto fra Silvio e Nedda grondante di tiepido lirismo e un “Vesti la giubba” dove il dramma dell’uomo che si sente tradito e ferito nell’onore è vissuto con delusione intima e struggente. Anche la cantabilità dell’Intermezzo, dilatata, costruita nota dopo nota nel disegnare la più lacerante disperazione, rivela una direzione ricca di sorprese; così avviene anche nelle scene corali (quella iniziale, poi “Din don, suona vespero” e l’apertura del secondo atto), nella quali Montanari evita ogni rischio di far color locale.

Una direzione tanto illuminante chiede e ottiene dalla compagnia di canto impegno di adesione espressiva adeguatamente corrisposto. Una ragguardevole prova quella offerta dal giovane tenore Jonathan Tetelman, che cantò al Regio alcune recite di Tosca nel 2019 e ha già al suo attivo una importante carriera internazionale. Nei panni di Canio sfoggia bella presenza scenica e voce davvero interessante per qualità e personalità timbrica. La proiezione del suono non è forse sempre a fuoco, per un’emissione che tende talvolta a mandare indietro i suoni, anche se gli acuti ci sono, alcuni anche ghermiti con slancio, come quello su “A ventitré ore”. Canta poi “Vesti la giubba” accompagnato in orchestra con piangente commozione e nella scena finale dell’opera misura la temperatura drammatica senza abbandonarsi ad eccessi. Valeria Sepe delinea un’eccellente Nedda, appassionata nella vocalità ben sfogata in acuto, seppur non sempre perfettamente controllata in talune emissioni. Alessio Arduini, altro elemento di punta del cast, è un Silvio dalla voce baritonale lirica espressivamente ben rifinita. Il Tonio di Misha Kiria si ammira nel prologo per il bel fraseggio e per un delicatissimo attacco a mezza voce su “Un nido di memorie”, ma rivela da subito qualche velatura in acuto; evita così prudentemente le puntature di tradizione. Modesto il Beppe di Andrea Giovannini, che mostra impaccio e più di una esitazione nella serenata di Arlecchino, mentre Giuseppe Capoferri (Primo contadino) e Marino Capettini (Secondo contadino) completano un cast nell’insieme di tutto rispetto, a conferma di come la stagione estiva del Regio Opera Festival abbia finora riservato sorprese superiori a ogni aspettativa.
Si replica stasera (per recuperare la recita di sabato 7 agosto, saltata per pioggia) e domani. Un bel tour de force per i cantanti. Poi appuntamento a settembre per Il barbiere di Siviglia di Rossini.

Torino, Regio Opera Festival
PAGLIACCI
Dramma in un prologo e due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo

Nedda Valeria Sepe
Canio Jonathan Tetelman
Tonio Misha Kiria
Silvio Alessio Arduini
Peppe Andrea Giovannini
Primo contadino Giuseppe Capoferri
Secondo contadino Marino Capettini

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Coro di voci bianche Teatro Regio Torino
Direttore Stefano Montanari
Maestro del coro Andrea Secchi
Maestro del coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Messa in scena Anna Maria Bruzzese
Scene e costumi Paolo Ventura
Luci Andrea Anfossi
Direttore dell’allestimento Claudia Boasso
Allestimento Teatro Regio Torino

Torino, Cortile di Palazzo Arsenale, 10 agosto 2021

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