Lunedì 27 agosto 1962 Nino Sanzogno e l’Orchestra della Scala inauguravano ufficialmente le Settimane Musicali di Stresa, fortemente volute dal nobile avvocato veneziano Italo Trentinaglia de Daverio; sui leggii, la Prima di Brahms, la Suite dalla musica di scena per il dramma La Pisanella di Ildebrando Pizzetti e la Suite da Porgy and Bess di Gershwin. Lo Stresa Festival, giunto quest’anno alla sua 60ª edizione, ha dunque deciso di rievocare l’importante anniversario proponendo venerdì 27 agosto, nella cornice del Palazzo dei Congressi, un concerto sinfonico della Filarmonica della Scala, finalmente di nuovo in tournée. Una serata dal rilevante, duplice significato simbolico e celebrativo di corrispondenze e nuovi inizi, una festa sinfonica tra passato e presente: essa segna, difatti, anche il passaggio di testimone tra Gianandrea Noseda, direttore artistico della prestigiosa kermesse dal 2000 al 2020, e il suo successore subentratogli a ottobre 2020, il violoncellista di fama mondiale Mario Brunello, coronato visivamente con Noseda che consegna a Brunello l’archetto del violoncello, ricevendo in cambio la bacchetta. L’evento, tra i più attesi e imperdibili del panorama concertistico italiano del 2021, ha visto una grande richiesta di partecipazione da parte del pubblico, tanto da convincere il Festival e gli artisti a calendarizzare, nello stesso giorno, un doppio appuntamento con identico programma, alle 17:30 e alle 20:00 ; noi abbiamo seguito la seconda delle due recite, esaurita in tutti i suoi posti.
In apertura troviamo il Concerto n. 1 in la minore per violoncello e orchestra, op. 33 di Camille Saint-Saëns, autore del quale nel 2021 ricorre il centenario di morte. Composto tra 1872 e 1873, in esso si ammirano, al contempo, l’equilibrio classico formale e lo stile immeditato di inusitata freschezza, innovazione e rispetto della tradizione. Adottando una gestualità danzante e morbida, meno enfatica rispetto al solito, e un’agogica dei tempi variegata ma, perlopiù, di ampio respiro, Gianandrea Noseda ottiene da una compagine scaligera in forma smagliante sonorità vellutate e avvolgenti, di soffice e languida ariosità specialmente nell’Allegro non troppo e nell’Allegretto con moto, risuonando maggiormente sostenute ed esuberanti nelle battute finali del movimento conclusivo; si osserva, altresì, un intenso e nitido lavoro di cesello sulla partitura, per sbalzarne con politezza i preziosismi che la costellano. Questa lettura ben si sposa con l’interpretazione appassionata, seducente e carezzevole di Mario Brunello, a tratti intima e sapientemente curata nelle dinamiche e nella gamma espressiva, con il suo virtuosismo incisivo, acceso e brillante, con il suono caldo, sensuale e sferzante del suo pregiato violoncello, chiaroscurato e profondo. Ne scaturisce, così, una narrazione musicale fluida e limpida, nella quale orchestra e solista dialogano armoniosamente.
Accolto da prolungati e roboanti applausi e da ripetute chiamate al proscenio, Brunello ha regalato al pubblico due graditi bis, ricchi di fascino e suggestioni folkloristiche, affrontati con magnetismo scenico, innegabile destrezza e viscerale immedesimazione, esemplificativi della vivida poliedricità culturale del musicista veneto. Il primo, un brano del collega violoncellista e compositore Giovanni Sollima, il secondo un pezzo di musica tradizionale armena, nel quale Brunello ha imitato alla perfezione il suono del duduk, antico strumento musicale armeno folk.
Chiude il programma uno dei capisaldi della musica tardoromantica europea, la grandiosa Sinfonia n. 1 in do min. op. 68 di Johannes Brahms, composta in un ventennio, definita dal celebre direttore Hans von Bülow nel 1876 al suo debutto, come la «Decima» del catalogo sinfonico di Beethoven (e proposta, lo ripetiamo, anche nel 1962). Il maestro Noseda, da sempre distintosi come un sensibile interprete specialmente del repertorio russo (chi scrive ricorda memorabili esecuzioni stresiane come, per esempio, la Cantata Aleksandr Nevskij di Prokof’ev o Le Rossignol di Stravinskij), conferma di essere anche un solido e attento conoscitore della musica tedesca (come, del resto, già dimostrato sempre a Stresa la scorsa estate, con le sue letture di composizioni beethoveniane e schubertiane). Una qualità che, sicuramente, fa ben sperare per i suoi prossimi impegni come Generalmusikdirektor dell’Opernhaus Zürich (per la stagione 2021/2022 sono previste, infatti, due prelibatezze wagneriane con Noseda sul podio, Das Rheingold e Tristan und Isolde). Servendosi di un gesto scattante e veemente, il maestro milanese propende per una direzione robusta e compatta, monumentale e potentemente drammatica, serrata e netta nello scandire sfumature e contrasti. E così, il suono voluminoso e denso, ieratico e solenne del primo movimento (Un poco sostenuto – Allegro), si stempera nella cantabilità ampia e melodica dell’Andante sostenuto nonché nella scherzosità idilliaca e nelle sonorità guizzanti e maggiormente leggiadre del successivo Un poco Allegretto e grazioso, per sfociare nello sfolgorante Finale, improntato a maestosa e luminosa imponenza e a un’opulenza agile e lucente, movimento nel quale Noseda adotta una ritmica stringata e accelerata, vibrante e febbrile; impeccabile, nel corso dell’intera sinfonia, la risposta della Filarmonica della Scala, che dimostra un’ottima sintonia con le intenzioni del direttore.
Al termine, franco ed entusiastico successo per l’orchestra scaligera e, soprattutto, per Gianandrea Noseda, suggellato da un piacevole bis brahmsiano: l’arcinota e festosa Danza ungherese n° 5, dall’agogica nervosa e rapinosa.
Per rimarcare la particolare attenzione della rassegna all’ambiente e all’ecologia, fortemente caldeggiata dal neodirettore artistico Brunello, in occasione del 60° compleanno il Festival ha omaggiato gli spettatori con un gradevolissimo cadeau: un sacchettino di iuta contenente una melina, il frutto della camelia, pianta simbolo del Lago Maggiore, raccolto nella celebre collezione di camelie di Villa Anelli a Oggebbio. Esposta al sole a essiccare, la melina si schiuderà rivelando alcuni semi che possono essere messi a germinare per dare vita a una nuova piantina di camelia: un messaggio di rinascita e di speranza, quanto mai attuale e beneaugurante in questi difficili tempi.
Palazzo dei Congressi – Stresa Festival 2021
CONCERTO PER IL 60° COMPLEANNO DI STRESA FESTIVAL
Musiche di Camille Saint-Saëns e Johannes Brahms
Filarmonica della Scala
Direttore Gianandrea Noseda
Violoncello Mario Brunello
Stresa, 27 agosto 2021