Venerdì 23 aprile, alle ore 10, Rai5 ripropone il Così fan tutte di Mozart andato in scena trionfalmente nel 2000 al Teatro Comunale di Ferrara con la direzione di Claudio Abbado e la regia di Mario Martone. Una produzione per molti aspetti travolgente. Alla guida della Mahler Chamber Orchestra, Abbado mette in risalto la vivacità della commedia, assecondandone l’esuberante gioco scenico con stacchi di tempo a tratti vorticosi, strappate brusche, inedite durezze. L’orchestra, vero motore dell’azione, è sempre viva e fremente, ma ha un suono secco, nervoso. Non si colgono particolari preziosismi: a prevalere non sono la leggerezza e il gusto del cesello. Sotto l’apparente giocosità si percepiscono un’inquietudine di fondo e una componente di fatalismo. Il Così fan tutte di Abbado, insomma, non è interessato al raggiungimento di equilibri e armonie, è permeato di amarezza e tormento.
La visione del direttore coincide esattamente con quella di Mario Martone. La regia agisce in una cornice visiva minimalista firmata da Sergio Tramonti (costumi di Vera Marzot). Due letti, uno specchio, qualche sedia, una finestra aperta sul golfo di Napoli. Mascheramenti appena accennati. Il dinamismo scenico è in compenso articolato e mozzafiato, in perfetta sincronia con i tempi di Abbado. Una sorta di folle journée inquieta e trascinante che lascia intuire un accurato lavoro sui protagonisti. I quali, oltre a recitare benissimo, entrano ed escono scavalcando i palchi di proscenio, si rincorrono, scendono in platea a stretto contatto con il pubblico. L’impostazione, grazie anche alla passerella davanti all’orchestra, si rivela più che mai funzionale alla comprensione del testo (in teatro non si perdeva una parola dell’incantevole libretto di Da Ponte).
La compagnia di canto si mette in luce per l’eccellente gioco di squadra, anche se a prevalere sono gli interpreti italiani. Melanie Diener, con la sua vocalità teutonica, domina nel complesso bene la scrittura di Fiordiligi, ma manca un po’ di carattere e inoltre accenta con una certa genericità. L’americano Charles Workman è un Ferrando di buone intenzioni espressive, tarpato tuttavia dal vibrato poco gradevole del timbro e da un’emissione tendente al falsetto. Vocalità pastosa, emissione corretta, varietà di fraseggio e accento sfoggiano invece sia il Guglielmo di Nicola Ulivieri, qui nel pieno delle sue possibilità vocali, sia il Don Alfonso per niente vecchio, ma giovane e scattante al pari degli altri protagonisti, di Andrea Concetti. Nei panni di Dorabella, Anna Caterina Antonacci emerge come sempre per il canto espressivo e stilisticamente irreprensibile, oltre che per le doti di attrice. Idem la Despina di Daniela Mazzucato, pregevole per spigliatezza, stile e recitazione.