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Piacenza, Teatro Municipale – Mozart in Italia, con Filippo Mineccia (controtenore)

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Il Municipale di Piacenza, ormai da anni propone, in stagioni sapientemente strutturate dalla mano artistica di Cristina Ferrari, appuntamenti di grande interesse. Neanche il Covid è riuscito a fermare l’attività di un teatro che, nei momenti più bui della chiusura delle sale, ha continuato a produrre spettacoli in streaming, come attestano le edizioni de Il barbiere di Siviglia di Rossini e di Aci, Galatea e Polifemo di Händel ancora visibili sulla piattaforma Opera Streaming.

Ora che i teatri sono riaperti, seppure con capienza ridotta, la stagione si presenta ben congegnata e più attrattiva che mai, a partire dalla serata inaugurale del primo trimestre di programmazione autunnale (che prevede, da qui a dicembre, Norma, Le convenienze ed inconvenienze teatrali e Ernani), apertosi non con un’opera bensì con un concerto vocal-strumentale che ha fatto da corollario a una settimana in cui il teatro piacentino è stato sede dell’incisione discografica di un recital che l’etichetta Glossa ha realizzato rendendo omaggio a Mozart in occasione del 250° anniversario dell’importante viaggio in Italia (il secondo dei tre effettuati sotto la guida del padre Leopold) che vide il giovane salisburghese impegnato, nel 1771 a Milano, nella messa in scena delle opere commissionategli a seguito della prima visita. Ma non solo. Se la seconda parte di questa serata, affidata al controtenore italiano Filippo Mineccia, accompagnato dall’ensemble Cameristi Farnesiani ottimamente diretti da Luca Oberti, è tutta dedicata a Mozart, nella prima vengono invece proposti brani tratti da opere alle quali Mozart ebbe modo di assistere o conoscere nel corso della sua permanenza nel “Bel paese”, alcuni anche rari, come l’aria “Nel suo dolor ristretto” da Il Ruggiero di Pietro Alessandro Guglielmi su libretto di Pietro Metastasio, la cavatina di Aristeo “Numi offesi, ombre sdegnate” da Le Feste d’Apollo di Gluck e la bellissima “Quando il vaso in colmo è pieno” dall’oratorio Il Tobia di Josef Mysliveček. La prima parte si conclude con l’Ouverture da Armida abbandonata di Niccolò Jommelli.
Nella seconda, come si è detto, tutta dedicata a Mozart e alle opere da lui proposte a Milano nel corso del 1771, si ascoltano arie ben più note, come quelle di Farnace da Mitridate re di Ponto, “Già dagli occhi il velo è tolto” e “Venga pur, minacci e frema”, poi dalla festa teatrale Ascanio in Alba, con “Al mio ben mi veggio avanti” e, infine, con le due arie di Giuditta dall’oratorio La Betulia liberata, “Prigionier, che fa ritorno” e “Parto inerme, e non pavento”.

Una serata utile anche per riflettere sul modo attraverso cui Mozart si avvicinò alle voci dei castrati. Sappiamo infatti che, alla prima della serenata Ascanio in Alba, prese parte l’anziano e capriccioso Giovanni Manzuoli, ormai a fine carriera, non amato da Mozart, mentre ben tre furono i cantori evirati che diedero vita a Mitridate re di Ponto, fa cui Giuseppe Cicognani, con il quale il salisburghese si trovò invece assai bene e che, in una lettera alla sorella, lodò apprezzandone “la bella voce e il bel cantabile”. Questo giustifica il valore delle arie sopra citate, il cui stile denota un progressivo cambio di rotta anche nell’utilizzo da parte di Mozart di queste voci, avviate a una stagione, se non di tramonto definitivo, almeno di evoluzione e maggiore consapevolezza delle componenti espressive, non solamente più improntate sul tecnicismo acrobatico e compiaciuto dell’opera seria di scuola napoletana. Eppure, tutto il bagaglio virtuosistico che aveva fatto parte dall’artificio barocco, fra cui agilità, trilli e messe di voce, restano parte integrante di una vocalità che continua a celebrare le possibilità dei castrati, anche se Mozart, come peraltro i compositori a lui coevi, sembrò più attento alla cantabilità e alla ricerca del legato e di quella olimpica levigatezza capace di intingere le melodie di tinte classicistiche proprie anche allo stile della musica strumentale di quel tempo.

In questo colto ed interessante percorso musicale, il controtenore fiorentino Filippo Mineccia, ormai consacrato sui palcoscenici barocchi di tutto il mondo fra gli stilisti più apprezzati, si presenta al pubblico piacentino con gli strumenti vocali ed espressivi che l’hanno visto progressivamente affermarsi fra i migliori controtenori italiani del momento. Le ragioni per considerarne la qualità, ma anche i limiti alle prese col repertorio mozartiano, attestano come Filippo Mineccia sia, fondamentalmente, un contraltista. La voce, di timbro caldo e morbido, trova miglior sfogo nei centri, mentre negli acuti è prudente e attento a non strafare. La pulizia di suono richiesta dalla scrittura mozartiana talvolta gli crea qualche disomogeneità fra i registri, soprattutto quando l’utilizzo e l’affondo ben assestato nelle sonorità di petto rivela, in alcune fasce della zona centrale, piccole oasi d’ombra, dove sembra perdere la bella polpa che, nella sostanza, caratterizza comunque questa voce apprezzabile soprattutto quando non persegue stilizzazioni ma un suono, si passi il termine, “virile”. Un suono che i controtenori di nuova generazione hanno in anni recenti cercato, affrancandosi dalla tradizione anglosassone e impegnandosi – in quella che è stata la stagione di rilancio di queste vocalità alla prese con le parti che furono dei castrati – nella ricerca di sonorità più dense e carnose, indubbiamente non facili da ottenere per chi canta in falsetto. L’impasto vocale di Mineccia lo attesta e, nella ricerca di questo equilibrio fra emissioni di petto e di testa, mostra di avere gli strumenti per risultare apprezzabile anche alle prese con le volute vocali mozartiane, dove al canto di sbalzo viene anteposta quella morbida smaltatura che Mineccia si adopera di ottenere, spesso con risultati attendibili seppure non definitivi.

In più, pur non essendo un virtuoso trascendentale, ha la tecnica che gli permette, ad esempio, di attaccare l’aria da La Betulia liberata, “Parto inerme, e non pavento”, con una lunga messa di voce, davvero ragguardevole, e con un utilizzo dei fiati che, a orecchio attento, rivelano i non pochi meriti di questo cantante. Eppure, alla termine di questa serata, che l’ha visto accompagnato puntualmente dal complesso Cameristi Farnesiani, che non suonano con strumenti originali ma “barocchizzano” il suono con esiti stilisticamente pertinenti, senza cercare frenesie ritmiche accentuate, anche quando eseguono la Sinfonia in sol maggiore K74 (composta da Mozart durante il soggiorno milanese del 1771), Mineccia abbandona Mozart e il suo tempo e regala al pubblico un bis puramente barocco: la ninna nanna dall’oratorio Giuditta di Alessandro Scarlatti “Dormi, o fulmine di guerra”. Su YouTube il video di questa pagina da lui eseguita ha spopolato e raccolto migliaia di visualizzazioni e, da qui, si comprende, dopo averlo ascoltato alla prese con la vocalità mozartiana, come il barocco tardo seicentesco e quello del primo Settecento sia forse, meglio che Mozart, il terreno d’elezione più pertinentemente vicino alle caratteristiche della sua voce.

La serata concertistica, accolta con applausi festosi, ha visto l’artista impegnato a cantare ma anche a interpretare le arie, eseguite con movenze barocche (in realtà un andirivieni lungo tutto l’arco della scena, dando le spalle al pubblico per poi girarsi per assumere pose plastiche), vestito con abiti disegnati appositamente per lui dall’elegante mano del costumista Artemio Cabassi.

Teatro Municipale di Piacenza
MOZART IN ITALIA
Il secondo viaggio in Italia di Wolfgang Amadeus Mozart
Musiche di Pietro Alessandro Guglielmi, Josef Mysliveček,
Christoph Willibald Gluck, Niccolò Jommelli e Wolfgang Amadeus Mozart

Filippo Mineccia, controtenore
Luca Oberti, direttore
Cameristi Farnesiani
Costumi di Artemio Cabassi

Piacenza, 24 settembre 2021

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