La prolungata interdizione dei teatri costringe le istituzioni culturali a percorrere strade per certi versi sperimentali con lo scopo di raggiungere e fidelizzare il pubblico attraverso la rete e le sue possibilità. È fondamentale però aver ben chiaro che queste iniziative devono necessariamente essere provvisorie, con l’auspicio di tornare presto a seguire l’opera dal vivo. Nonostante il lavoro, a volte encomiabile, di tecnici e registi, le riprese colgono un punto di vista vincolato alle esigenze dello schermo. Parrà scontata questa riflessione, alla luce poi delle conquiste tecnologiche capaci di far godere di qualità audio/video impensabili solo qualche anno fa, tuttavia giova rimarcare, anche di fronte a queste lodevoli iniziative, l’importanza di tornare a fruire di tutte le espressioni artistiche in presenza. La strada percorsa dal Teatro Stabile del Veneto, con la condivisione del progetto tra i due comuni di Treviso e Padova, prevede la messinscena di alcune opere così da preservare una mini stagione lirica.
Dopo Rigoletto, è la volta di La vedova allegra di Franz Lehár, una delle operette in assoluto più note e amate fin dal debutto, il 30 dicembre 1905. A Padova il titolo sì è visto già tre volte dal 2009, anno in cui esordì l’opulento spettacolo di Hugo De Ana. Archiviata quella produzione, la città del Santo ospita ora un nuovo allestimento interamente approntato da Paolo Giani Cei, più volte operativo al Teatro Verdi. Le trovate sceniche sono poche e perlopiù efficaci, soprattutto in considerazione del medium per il quale è concepita la rappresentazione. Attorno a una scalinata luminescente (la medesima utilizzata in Lucia di Lammermoor al Castello Carrarese qualche anno fa) ruota l’intera vicenda che si avvale di scene piuttosto scarne ma funzionali. Si evita sagacemente di riempire il palcoscenico per non ingenerare confusione nello spettatore e per non far perdere troppi dettagli nell’inquadratura. Dal punto di vista registico Giani pare affidarsi più all’esperienza degli artisti che a proprie definite idee: la sommaria definizione dei personaggi concede ampio spazio a una caratterizzazione individuale a opera dei solisti. Lo spettacolo è fluido, eccezion fatta per talune scene d’assieme, poco curate, e per qualche entrata/uscita non del tutto coordinata con le riprese video.
Di simile tenore è la concertazione di Alvise Casellati che offre una lettura corretta ma al contempo didascalica. Alla guida dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta e del Coro Lirico Veneto, il direttore procede con sufficiente convinzione, nonostante una discutibile adesione al linguaggio operettistico. Ancora una volta tra le parti principali l’unico a essere riconfermato dalle passate edizioni è Alessandro Safina. E ancora una volta il tenore fa apprezzare la sua spontaneità scenica, corroborata da una figura congeniale al ruolo del Conte Danilo Danilowitch, capace di lenire emissioni a tratti affaticate e fraseggio un po’ generico. Al suo fianco Anastasia Bartoli tratteggia una volitiva Hanna Glawari: la vibrante caratterizzazione del personaggio è resa passionale da una vocalità interessante e corposa, benché mossa da intenzioni espressive perfettibili. In merito alla coppia Camille de Rossillon e Valencienne, se da un lato Matteo Roma mette al servizio del primo il suo strumento timbricamente piacevole e una linea di canto sfumata, dall’altro Ruth Iniesta, nei panni della seconda, offre probabilmente la prova più credibile dell’intero cast. Il soprano spagnolo ha dalla sua un’innata naturalezza attoriale, un’apprezzabile musicalità e una voce omogenea e duttile, pienamente in sintonia con le esigenze del personaggio. Dinamica ed efficace la prestazione di Omar Montanari, un bonario e ironico Barone Zeta.
Non poteva mancare, in quest’edizione, la coppia d’oro dell’operetta: Max Renè Cosotti e Daniela Mazzucato. Al primo è affidato il ruolo eclettico di Njegus, il tuttofare dell’ambasciata. Il tenore lo tratteggia con garbo e compito humor mettendo in campo il bagaglio artistico accumulato nei decenni d’attività e di collaborazione con alcuni dei più grandi interpreti della parte. La seconda partecipa come personaggio esterno all’azione: veste i panni della Diva italiana, una signora di classe che interviene perlopiù con brevi esibizioni canore. L’artista propone durante l’intero arco della serata l’aria d’entrata di Frou Frou da La duchessa del Bal Tabarin di Carlo Lombardo, “Ah! quel dîner” da La périchole e il celebre duetto della mosca da Orphée aux enfers di Jacques Offenbach. Quest’ultimo cameo, condiviso con Cosotti, è uno dei momenti più divertenti dell’intero spettacolo. I due esibiscono un tale affiatamento da riuscire, senza difficoltà, a destare l’attenzione e il riso di chi, attraverso lo schermo, assiste a un grande omaggio al genere operettistico, fin troppo trascurato in Italia, da parte di una coppia da sempre votata anima e corpo a questo repertorio.
Strappa sorrisi anche Linda Zaganiga alias Madame Linda, proprietaria e “impresaria” del locale Chez Maxim’s. Efficaci le prove del resto del cast: William Corrò, Visconte Cascada, Marcello Nardis, Raoul De St. Brioche, Gabriele Nani, Bogdanowitsch, Silvia Celadin, Sylviane, Andrea Zaupa, Kromow, Giovanna Donadini, Olga, Antonio Feltracco, Pritschitsch, Alice Marini, Praškowia. Un plauso finale al Corpo di ballo Padova Danza Project e all’organizzazione tutta per l’“operazione vedova”.
Teatro Verdi di Padova – Stagione Lirica 2020/21
LA VEDOVA ALLEGRA
Operetta in tre atti Libretto di Victor Léon e Leo Stein
Musica di Franz Lehár
Barone Mirko Zeta Omar Montanari
Valencienne Ruth Iniesta
Conte Danilo Danilowitsch Alessandro Safina
Hanna Glavary Anastasia Bartoli
Camille de Rossillon Matteo Roma
Visconte Cascada Willliam Corrò
Raoul de St. Brioche Marcello Nardis
Bogdanowitsch Gabriele Nani
Sylviane Silvia Celadin
Kromow Andrea Zaupa
Olga Giovanna Donadini
Pritschitsch Antonio Feltracco
Praškowia Alice Marini
Njegus Max Renè Cosotti
La Diva Italiana Daniela Mazzucato
Madame Linda Linda Zaganiga
e con Padova Danza Project
Orchestra Regionale Filarmonia Veneta
Coro Lirico Veneto
Direttore Alvise Casellati
Regia, scene, costumi, coreografia e luci Paolo Giani Cei
Produzione Comune di Padova, Comune di Treviso
in collaborazione con Teatro Stabile del Veneto
Photo credit: Michele Crosera