Il cartellone 2021/2022 dell’Opéra di Monte-Carlo sarà l’ultimo firmato da Jean-Louis Grinda prima dell’arrivo di Cecilia Bartoli alla guida del teatro; articolatissimo, spazia da ottobre di quest’anno al dicembre dell’anno a venire. A inaugurarlo, ma soprattutto per riaprire la Salle Garnier al pubblico con capienza di posti completa dopo la storica e per molti versi indimenticabile stagione passata (comunque svoltasi in presenza anche se con capienza ridotta), è stato il recital di Angela Gheorghiu accompagnata splendidamente al piano da Jeff Cohen, che ha visto il ritorno del soprano rumeno a Monte-Carlo dopo i bei ricordi lasciati nel 1999 con L’amico Fritz, nel 2005 con Faust nell’allestimento di David McVicar e nel 2015 per un concerto di gala al fianco di Ramón Vargas e George Petean. Gli anni sono passati, eppure oggi, in una serata accolta dal pubblico con applausi trionfali, standing ovation finale e omaggi floreali di fans accorsi per ascoltarla, Angela Gheorghiu mostra di possedere tutto lo charme, nella voce come nel modo di porsi nei confronti del pubblico, che fa di lei una vera diva. La cronaca di questo concerto monegasco non può quindi esaurirsi nell’esaminare la prova vocale alle prese con un repertorio da camera articolatissimo, ma considerare anche fattori che contribuiscono, da sempre, a renderla una primadonna assoluta, di quelle che il pubblico ama per il modo di porsi, di dialogare con chi la ascolta, con un gesto o un sorriso, con i tratti di quell’eleganza che la contraddistinguono, in grado di vincere ciò che il tempo ha portato via con sé, anche a una grande come lei.
Gheorghiu è ancora una donna splendida. Basta il suo ingresso in scena, con un abito bianco impreziosito da fasce di strass e da veli saggiamente utilizzati dalla cantante con teatrale desiderio di piacere e ammaliare, e il gioco è fatto. Nella seconda parte cambia abito e, questa volta, è rosso passione, anch’esso bellissimo, quasi cucito addosso a un fisico che ne sottolinea le belle forme. Riesce addirittura a girare le pagine del leggio con classe, regala sorrisi a chi l’accompagna al piano, che è concentratissimo a non perderla neanche per un istante, lancia baci al pubblico che l’applaude, di tanto in tanto sospira appoggiandosi al pianoforte, insomma fa di tutto per riempire la scena con una personalità indubbiamente calamitante e col fascino innegabile della sua figura. Angela Gheorghiu è così: prendere o lasciare. O la si ama, o la si critica ritenendola costruita in quegli atteggiamenti che, invece, fanno parte del personaggio e ne siglano da sempre il temperamento e, come si legge nel programma di sala, “sa présence scénique électrisante”.
Ad amarla si provvede ascoltando poi la sua voce in un programma che, nella prima parte, inizia con “Caro mio ben” di Giordani. La voce sembra che all’inizio debba ancora “carburare”, ma il timbro è quello di sempre e pare una colata di mascarpone alla panna, cremoso, di colore bellissimo e squisitamente lirico. Seguono “Nel cor più non mi sento” di Paisiello, “Malinconia, Ninfa gentile” di Bellini e “Me voglio fa’ ‘na casa” di Donizetti. Dopo le sei variazioni sul “Nel cor più non mi sento” di Beethoven, suonate magistralmente al piano da Jeff Cohen, è la volta di Tosti. Angela Gheorghiu intona “Ideale” e “Sogno”, li ricama, li inonda di un lirismo morbidissimo e assorto, complice l’intesa perfetta col pianista, che l’asseconda anche in pause e sospiri. Quando in “Ideale” intona “torna, caro ideale”, la commozione di un amore vagheggiato e perduto non carica la nostalgia di svaporata emotività perché la melodia acquista una tensione interna teatralissima, trepidante e fascinosa. Segue “Nebbie” di Respighi e, dopo il Liebeslied (Widmung) per solo piano di Schumann/Liszt, inizia la piccola sezione tedesca del concerto, con “Du bist wie eine Blume” di Schumann e il noto Lied di Richard Strauss “Zueignung”. La prima parte si conclude con “Vesenniye vody” di Rachmaninov, inneggiante all’arrivo della primavera.
La seconda parte della serata si apre all’insegna del repertorio francese, con alcuni cavalli di battaglia del repertorio da camera spesso eseguiti in concerto da Angela Gheorghiu, quindi “Le Grillon” di Rameau, l’immancabile “Plaisir d’amour” di Martini, intonato con eleganza e attaccato nella ripresa con una mezzavoce morbidissima. Seguono altri capisaldi del repertorio francese da camera, come “Nuit d’étoiles” di Debussy ed “Élégie” di Massenet. Una volta ammirati gli estratti pianistici di Saint-Saëns da Thaïs di Massenet è la volta di tre pagine di Tiberiu Brediceanu, con le quali Gheorghiu rende omaggio alla sua terra cogliendo l’essenza stilistica di queste melodie come lei sa ben fare. Alle “Sei danze popolari rumene” per piano di Bartók, nella quali si ammira il tocco di Jeff Cohen, segue l’estratto da Martha di Flotow nella versione italiana, “Qui sola, vergin rosa” (dalla poesia “The Last Rose of Summer”), nel quale Angela Gheorghiu manda in visibilio il pubblico. Lo canta senza sdolcinata nostalgia, caricando la celebre melodia, amata dai più grandi soprani del passato, di un lirismo denso, febbrilmente emozionale. Il pubblico è dalla sua e il recital, dopo due pagine notissime, “’A vucchella” di Tosti e “Je te veux” composta da Erik Satie per la cantante francese Paulette Darty, entrambe fascinosamente cantate e interpretate, si conclude con una passerella di applausi finali che pare non finiscano mai.
Angela Gheorghiu regala al pubblico quattro bis, senza annunciarli. Il primo le vale il trionfo di sempre, ed è l’immancabile “O mio babbino caro” da Gianni Schicchi, miniato nelle volute liriche, addirittura compiaciuto nel dar spazio ad arcate di suono legato soffice e cremoso. Poi un salto nel crossover, con un classico piacevole, intinto di malizia, del Café Chantant italiano dei primi del Novecento su tempo di valzer, “La spagnola”, su versi e musica di Vincenzo Di Chiara: fu cavallo di battaglia di Gina Lollobrigida ma ben prima di lei lo cantava nientemeno che Rosa Ponselle; segue “Because you come to me”, song di Guy d’Hardelot, compositrice francese che ottenne popolarità negli Stati Uniti, reso celebre da Mario Lanza e da molti altri tenori. In entrambe le pagine. Angela Gheorghiu mostra di saper passare con estrema disinvoltura da uno stile all’altro, accompagnando testo e melodia interpretandoli ad arte sul palco. Infine una canzone rumena, eseguita a cappella, con cui saluta un pubblico osannante al quale la diva si rivolge sorridente dicendo in inglese “see you next time”.
Opéra di Monte Carlo – Salle Garnier
RECITAL DI ANGELA GHEORGHIU
Musiche di Giordani, Paisiello, Bellini, Donizetti, Tosti, Respighi,
Schumann, R. Strauss, Rachmaninov,
Rameau, Martini, Debussy, Massenet,
Saint-Saëns, Brediceanu, Flotow, Satie.
Angela Gheorghiu, soprano
Jeff Cohen, pianoforte
Monte Carlo, Salle Garnier, 8 ottobre 2021