In tempi grami, l’usato sicuro rappresenta sempre una scelta facile (e, in genere, premiante). Così, il primo dei tre titoli rossiniani con cui il Teatro alla Scala riapre dopo la pausa estiva è l’ormai più che classica Italiana in Algeri firmata da Jean-Pierre Ponnelle nell’ormai lontano 1973 e oggi ripresa da Grischa Asagaroff. Peraltro, proprio questo titolo sarebbe dovuto andare in scena lo scorso maggio, ma un caso di positività al Covid nel cast compromise le repliche dal vivo; fortunatamente, la videoregistrazione della prova generale venne resa disponibile gratuitamente online per qualche settimana. Se dunque permane un giudizio sostanzialmente positivo sullo spettacolo dal punto di vista registico, è pur vero che la visione in teatro offre ulteriori spunti di riflessione. Che riguardano anzitutto la recitazione dei singoli interpreti, nel caso della replica a cui ho assistito, un tantino caricata: penso in particolare a Mustafà, sopra le righe anche vocalmente, ma pure al coro, rispetto al quale la sensazione era di una certa distrazione, purtroppo anche sotto il profilo musicale.
Ciò detto, l’impressione generale non è quella di aver assistito a uno spettacolo memorabile. Tutt’altro. Ottavio Dantone, dal podio ha offerto una lettura calligrafica e puntuale della partitura, ma povera di nerbo e ritmo teatrale. E se il fraseggio sembrava assecondare il canto, pochi erano i colori e quantomeno singolari le scelte agogiche e dinamiche, con improvvise accelerazioni e deflagrazioni (protagonisti, manco a dirlo, timpani e ottoni), su di un’orchestra per il resto piuttosto uniforme.
Il cast, parzialmente diverso rispetto a quello del maggio scorso, ha il suo limite principale nei protagonisti. Gaëlle Arquez è un’Isabella di bella presenza e vivace verve teatrale, ma la voce, gradevole nel colore e nel timbro, è piccola e l’interprete non sconvolgente. Canta tutto con garbo e correttezza, anche i virtuosismi sono sufficientemente a fuoco, ma manca quel qualcosa in più che un ruolo simile – e su un simile palcoscenico – meriterebbe. Discutibile, ma per diverse motivazioni, anche la performance di Adam Plachetka, chiamato a sostituire l’annunciato Mirco Palazzi, indisposto (e nelle precedenti serate sostituito da Carlo Lepore). Qui Mustafà ha un bel colore scuro, da autentico basso, il volume è apprezzabile, ma, come anticipato, l’interprete è eccessivamente gigione, sia nel gesto che nel canto.
Molto bravi, per contro, Giulio Mastrototaro, Haly, e soprattutto Roberto de Candia, Taddeo: canto morbido e timbrato, senso della frase, giustezza d’accento, senza mai il rischio di essere caricaturali. Bravo anche Antonino Siragusa nei panni di un Lindoro tanto amorevole quanto volitivo: la voce è chiara e agile, i virtuosismi sono ben risolti, l’interprete è particolarmente attento a smorzare e sfumare il canto. Si avverte solo un po’ di fatica in alcuni acuti, ma la prestazione è comunque di livello. Completano il cast la pregevole Elvira di Enkeleda Kamani e l’ottima Zulma di Svetlina Stoyanova. Del coro, istruito da Alberto Malazzi, già si è detto. Il teatro non sembrava pienissimo (pur in numeri da Covid) e il pubblico non è stato particolarmente caloroso.
Teatro alla Scala – Stagione 2020/21
L’ITALIANA IN ALGERI
Dramma giocoso per musica in due atti di Angelo Anelli
Musica di Gioachino Rossini
Mustafà Adam Plachetka
Elvira Enkeleda Kamani
Zulma Svetlina Stoyanova
Haly Giulio Mastrototaro
Lindoro Antonino Siragusa
Isabella Gaëlle Arquez
Taddeo Roberto de Candia
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Direttore Ottavio Dantone
Maestro del coro Alberto Malazzi
Regia, scene e costumi Jean-Pierre Ponnelle
Ripresa della regia Grischa Asagaroff
Luci Marco Filibeck
Milano, 16 settembre 2021