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Milano, Teatro alla Scala – Concerto diretto da Daniel Harding

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Prosegue con successo la ricca Stagione sinfonica del Teatro alla Scala, giunta oramai al suo undicesimo appuntamento. Per l’occasione, troviamo sul podio della Filarmonica della Scala un direttore più volte esibitosi su questo palco, e che qui ha debuttato, a soli trent’anni, il 7 dicembre 2005 con il mozartiano Idomeneo: Daniel Harding. Il concerto si è svolto davanti a un pubblico di 500 spettatori, debitamente distanziati e mascherati, disposti tra palchi e gallerie; inoltre è stato trasmesso in diretta streaming sui canali social del Teatro: noi lo abbiamo seguito dal vivo.

Acclamato a livello internazionale sia in ambito operistico che concertistico, il maestro nativo di Oxford propone, per la serata, un programma di gusto mitteleuropeo con sconfinamenti nelle Americhe, un itinerario nella musica dell’Ottocento dalla tradizione tedesca al folklore slavo. Apertura nel nome del Romanticismo, con Carl Maria von Weber e la sua Ouvertüre dal Singspiel del 1821 Der Freischütz (Il franco cacciatore). In essa, a differenza delle ouverture di stampo gluckiano assai in voga all’epoca, nelle quali si ascoltava un generico sunto espressivo dello svolgimento dell’opera, Weber condensa e sbalza la tematica principale del Franco cacciatore, ovvero la lotta tra Bene e Male. Il brano si presenta, dunque, come una sintesi del viaggio del protagonista, il giovane e puro guardiacaccia Max, dall’insinuarsi nel suo animo del Male (incarnato dal demoniaco Kaspar) alla sua salvezza tramite la promessa sposa, l’immacolata Agathe. Con gestualità energica e, al contempo, elegante, Harding propende per una lettura analitica, dall’agogica dei tempi a tratti comoda, solenne nel suo incedere cadenzato, improntata a un lirismo vigoroso ma mai sovraccarico, ottenendo dalla compagine scaligera – che, lo ricordiamo, è posta in platea su di una pedana di legno – sonorità soffici, anche nei momenti di maggior dinamismo. Un’interpretazione indubbiamente raffinata, intrisa di un Romanticismo notturno e vivido, seppur stemperato.

Chiude la serata la celebre Sinfonia n. 9 in mi min. op. 95 “Dal nuovo mondo” di Antonín Dvořák, la prima grande composizione “americana” del musicista ceco, più volte affrontata da Harding in passato con differenti orchestre. Trasferitosi negli Stati Uniti nel settembre del 1892, Dvořák la scrisse tra gennaio e maggio del 1893, ispirandosi all’esotismo e al folklore degli afroamericani e a quello dei pellerossa, filtrati però attraverso una sensibilità europea e assimilati alle forme della tradizione colta. La Nona, che possiamo considerare un ponte tra la vecchia Europa e il Nuovo Mondo, sinfonia di notevole pregnanza comunicativa, debuttò al Carnegie Hall di New York il 16 dicembre 1893. Quella del quarantacinquenne maestro britannico è una lettura accattivante di terso sinfonismo, un vero e proprio sgargiante caleidoscopio di colori e sfumature, morbida nel suono e attenta a non risultare mai ingombrante o pesante nei frangenti più veementi; una lettura di gran gusto, coinvolgente ed equilibrata nei tempi, molto apprezzata dagli ascoltatori in teatro, come dimostrato pure dai festanti applausi a fine recita.

E così, il primo movimento (AdagioAllegro molto) risuona di una freschezza inusuale, costellato di vivaci intrecci sonori e icastici trapassi espressivi, sbalzati con puntualità da Harding. Segue il cullante Largo, ispirato probabilmente all’episodio del funerale nella foresta di Minnehaha del poema epico di Henry Wadsworth Longfellow The Song of Hiawatha: qui, optando per un’agogica ampia, il direttore lavora finemente di cesello, quasi in punta di bacchetta, ottenendo dalla Filarmonica un suono ovattato e suadente, a tratti impalpabile, che si espande con leggerezza e delicatezza per l’ampia sala. Il successivo Scherzo. Molto vivace è un tripudio vitalistico e sfolgorante di ritmi e tonalità, risolto con piglio energico. Chiude il quarto e ultimo movimento, il popolare Allegro con fuoco, summa dei temi musicali della sinfonia e, verrebbe da dire, forse anche dell’intero universo di Dvořák, imponente nella sua densità e sfaccettato nei richiami alle culture americana, mitteleuropea e boema ravvisabili nella Nona: esso viene affrontato dal maestro e dall’orchestra con duttilità e maestosa solennità, che sfociano in una rutilante, quasi toccante, apoteosi di suoni e colori.
Daniel Harding tornerà al Piermarini a fine giugno e inizio luglio per le tre recite delle Nozze di Figaro nello storico allestimento di Giorgio Strehler.

Teatro alla Scala – Stagione sinfonica 2020/21
Musiche di Carl Maria von Weber e Antonín Dvořák

Filarmonica della Scala
Direttore Daniel Harding
Milano, 17 maggio 2021
Concerto visibile su YouTube

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