Come resistere alla simpatia e alla comunicativa di un direttore d’orchestra quale Nicola Luisotti? Il Maestro italiano ne ha dato prova durante la breve pausa del concerto trasmesso in streaming dal Teatro alla Scala mercoledì 24 marzo (qui il link per la visione) conversando amabilmente con Marco Tutino, compositore del quale è stato poi eseguito l’Intermezzo da La ciociara, opera commissionata nel 2015 dall’Opera di San Francisco. I due musicisti hanno sottolineato l’importanza di “riportare il pubblico a essere interessato all’opera lirica. Non vogliamo compositori incompresi ma compositori che scrivano musica comprensibile… la frattura di oggi fra pubblico e compositori va colmata”. Tutino ha poi dichiarato che i capolavori del Neorealismo cinematografico potrebbero essere ottimi soggetti e ha concluso dicendo “mi piacerebbe molto mettere in musica Rocco e i suoi fratelli“. Preso atto di quanto dichiarato e dell’interessante dibattito che potrebbe suscitare, veniamo al concerto proposto che allineava pagine verdiane ad altre di Catalani, Puccini e Giordano. Protagonisti della serata due voci italiane molto apprezzate: Francesco Meli e Maria Agresta.
La serata si è aperta con l’esecuzione di “La pia materna mano”, l’aria di Arrigo da La battaglia di Legnano ben cantata da Meli e ottimamente diretta da Luisotti, capace di alternare impeto a preziosismi orchestrali quasi cameristici, come ha evidenziato anche la sinfonia dello Stiffelio di Verdi con il bellissimo assolo della tromba e le procellose esplosioni orchestrali. Maria Agresta ha esordito con la “Canzone del Salice” dall’Otello verdiano nella quale le reiterate ripetizioni di “salce…salce…salce” erano sapientemente differenziate per peso, colore e intensità. Buona anche la celeberrima “Ave Maria” conclusiva, nonostante la perigliosa salita all’acuto finale sia risultata un po’ stiracchiata. Il ruolo di Desdemona sembra comunque esserle ancora congeniale, come ha dimostrato l’esecuzione del duetto iniziale “Già nella notte densa”, forse il momento migliore della serata: questa Desdemona, consapevole ed emotiva a un tempo, ha trovato in Francesco Meli un partner ideale per sensibilità e aristocrazia di fraseggio. Bellissima, in particolare, la chiusa con quel “Vien… Venere splende” cantato con accento davvero estatico. Il duetto del primo atto di Otello, del resto, si presta benissimo a una liricizzazione “alla Karajan”. Impossibile, oggi, accettarne una esecuzione tonitruante e tutta di forza come spesso accadeva negli anni Cinquanta.
Ma il ruolo di Otello non si esaurisce in questo meraviglioso duetto. I passaggi di forza, gli acuti squillanti, sono una condizione imprescindibile del ruolo e non solo del paradigmatico “Esultate!” della sortita. Ecco dunque il tenore ligure cimentarsi con impegno nel monologo “Dio, mi potevi scagliar tutti i mali” lodevolmente alternando accenti altisonanti ad altri liricamente intimisti, ma la mancanza di squillo nel “Oh gioia!” conclusivo, i fiati non esattamente portentosi, destano più di una preoccupazione qualora Meli volesse affrontare il ruolo nella sua integralità. Le stesse perplessità, anche per quanto riguarda il soprano, ha sollevato l’esecuzione del duetto dall’Andrea Chénier di Giordano e, soprattutto, quello dalla Manon Lescaut di Puccini. Un “Tu, tu, amore? tu?!” nel quale Manon appariva pochissimo sensuale e febbrile. “È fascino d’amor;…cedi, son tua!” sono cantati senza convinzione nonostante qualche pianissimo ben posizionato. A una Manon cosi poco seduttrice rispondeva un Des Grieux che arrotava eccessivamente le erre per simulare una passione orgasmica ben poco credibile. Anche gli acuti sono apparsi molto forzati, in particolare nell’unisono su “Dove il bacio è Dio”. L’unico momento in cui il clima languido e l’erotismo a fior di pelle è apparso ben realizzato è stato nel liricissimo “Dolcissimo soffrir” eseguito in piano.
È insomma evidente che voci delicate e preziose come quella di Meli e dell’Agresta dovrebbero limitarsi al repertorio a loro congeniale, invece di insistere a voler cavalcare partiture troppo onerose e nelle quali solo le voci sfarzose e potenti possono cimentarsi senza il rischio di usurarsi dopo pochi anni. Il ricordo dell’ammirevole Nemorino di Meli, cantato nella sua bella Genova, non deve trasformarsi in rimpianto. Chiudiamo sottolineando la bellissima esecuzione di Luisotti del Preludio dalla Loreley di Catalani, diretto con la giusta enfasi e l’accorta sottolineatura dei tanti echi wagneriani che lo intridono.
Teatro alla Scala – Stagione 2020/21
CONCERTO LIRICO
Musiche di Verdi, Catalani, Puccini, Giordano, Tutino
Orchestra del Teatro alla Scala
Direttore Nicola Luisotti
Soprano Maria Agresta
Tenore Francesco Meli
Streaming Teatro alla Scala, 24 marzo 2021