Come si usa spesso nelle istituzioni musicali, prima di andare in tournée si fa un rodaggio nella casa base. Così, dopo una prova aperta della Nona Sinfonia di Schubert, al Teatro del Maggio arriva il turno di un programma viennese composto da Berg e Bruckner, prima di partire alla volta di Amburgo, Linz, Vienna, Lussemburgo e Dortmund; un ulteriore passo verso il mondo tedesco dopo la trionfale trasferta salisburghese dello scorso maggio al Festival di Pentecoste.
La prima parte del programma lascia interdetti molti astanti. I Drei Bruchstücke aus Wozzeck per soprano e orchestra sono infatti tre scene della nota opera di Alban Berg, una sorta di selezione di highlights nata in realtà prima di quel fatidico 12 dicembre 1925, quando andò in scena a Berlino per la prima volta il lavoro tratto dal dramma incompiuto di Büchner. Berg conclude la partitura di Wozzeck già nel 1922 e il direttore Hermann Scherchen suggerisce poco dopo al compositore di estrarre dall’opera tre frammenti da proporre in concerto. La prima esecuzione di questi frammenti a Francoforte l’11 giugno 1924, diretti proprio da Scherchen, è talmente rivelatoria da rendere subito famoso Berg, quasi sconosciuto fino ad allora, nonostante avesse già composto notevoli capolavori. I pezzi scelti non coinvolgono la figura del protagonista, ma sono due scene chiave nello sviluppo del personaggio di Marie, cioè il suo ingresso in scena, con la canzone dei soldati e la ninna nanna, e l’inizio del terzo atto con la lettura del vangelo, a cui si aggiunge il finale dell’opera a partire dal momento immediatamente successivo alla morte di Wozzeck.
Per interpretarli è bene chiamare un soprano che abbia frequentato il ruolo e la presenza di Asmik Grigorian, che ha infatti affrontato Marie ad Amsterdam e soprattutto al Festival di Salisburgo nel 2017, è un vero lusso: il pezzo è infatti alquanto breve, ma basta per far emergere tutte le peculiarità di una interpretazione di alto livello. La voce è ampia, soprattutto nella zona centrale e acuta, di bel colore e sa piegarsi a tutti gli accenti richiesti. Impressionante è poi il controllo saldissimo della linea melodica e dell’espressività, tanto che emerge già così un personaggio estremamente femminile e malinconico nella sua umanità. Il risultato è uno schizzo del ruolo e si vorrebbe vedere e sentire assai di più di quelle due sole scene, vista anche la personalità magnetica dell’artista.
Ottimamente preparato risulta poi il coro di voci bianche per il controllo ritmico dell’ultima scena, con particolare lode all’intervento solista di Leonardo Colesanti. Tuttavia, inutile dire che in Berg l’orchestra ha un’importanza di non poco conto. Zubin Mehta dirige questi pezzi da Wozzeck con un afflato tardo-romantico, mostrando tutta la sua ascendenza dalla scuola viennese classica. Ciò non significa che si abbandoni a sdilinquimenti o a eccessivi turgori sonori, con una eccezione nel climax dell’ultimo preludio, ma mantiene sempre un ottimo controllo ritmico e un perfetto amalgama delle varie cellule musicali di quest’opera.
L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino si dimostra in ottima forma, soprattutto negli archi, messi a dura prova da Berg ma soprattutto dal successivo Bruckner. In seconda parte di serata, infatti, il direttore indiano affronta la Sinfonia n. 9 in re minore, lasciata incompiuta dal compositore austriaco e pertanto composta solo dai tre movimenti, Feierlich, (misterioso), Scherzo e Adagio: i musicologi dibattono da sempre su quanto sia stata voluta o ricercata questa incompiutezza, ma convengono tutti ormai sull’impressione di un “torso incompiuto”, quasi si fosse davanti a un tardo marmo di Michelangelo. Mehta sicuramente ama questa musica, tanto da dirigerla a memoria. Il suo approccio conferisce all’intera sinfonia una patina meditativa, incombente, a tratti angosciante, tanto che lo Scherzo più che una funerea danza macabra, appare anch’esso un’altra faccia dell’inesorabile approssimarsi della fine: un’idea magari spiazzante all’inizio ma che in fin dei conti sembra sostenuta da poca genuina tensione. L’impressione di fondo che si ricava da questa esecuzione è quella di un Bruckner vecchio stile, rassicurante, vagamente esteriore nei suoi clangori sonori, pur se indubbiamente ben eseguito.
Il non foltissimo pubblico in sala tuttavia riserva applausi convinti a Berg, ma dopo Bruckner esplode in una standing ovation, a dimostrare quanto sia radicato e di lungo corso l’amore tra il Maggio e il maestro indiano.
Teatro del Maggio – Stagione 2021/22
Alban Berg
Drei Bruchstücke aus Wozzeck
per soprano e orchestra
Anton Bruckner
Sinfonia n. 9 in re minore
Orchestra e coro delle voci bianche del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Zubin Mehta
Soprano Asmik Grigorian
Voce bianca Leonardo Colesanti
Maestro del coro delle voci bianche Lorenzo Fratini
Firenze, 28 ottobre 2021
Photo: Michele Monasta