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Firenze, Teatro del Maggio – Concerto di Anna Netrebko

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Il vero segno del successo di un’esibizione non sempre sta nei trionfali applausi, ma serpeggia spesso negli impercettibili silenzi della musica. Un pubblico attento si sente da come trattiene il fiato nei momenti di stasi. Quando capita ciò, l’esperienza diventa effettivamente unica e memorabile. Il ritorno di Anna Netrebko a Firenze serba anche momenti del genere. La diva russa, pur non avendo mai preso parte a una produzione operistica nelle stagioni del Maggio Musicale Fiorentino, era comunque apparsa a inizio carriera come solista di una Messa in si minore di Johann Sebastian Bach nel 2000 sotto la bacchetta di Ivor Bolton, il quale la diresse anche nell’oratorio Judas Maccabaeus di Georg Friedrich Händel, eseguito alla Pergola nel 2001, nel quale Netrebko interpretava la parte della Donna Israelita. Venti anni precisi sono passati quindi da quella apparizione e adesso il soprano torna per un concerto interamente dedicato a Giuseppe Verdi sotto la bacchetta di Marco Armiliato.

La serata inizia con una Sinfonia di Nabucco staccata con tempi piuttosto solenni che poi si fanno serrati nei momenti più concitati. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino già qui si dimostra in ottima forma, a parte qualche ottone un po’ tonante. Il pubblico comunque non aspetta altro che lei: Netrebko fa il suo ingresso sul palco in abito azzurro per affrontare per la prima volta dal vivo la grande scena di Abigaille, ruolo che debutterà tra pochi mesi a Vienna. Già dall’inizio si apprezzano tutte le caratteristiche vocali tipiche del soprano: la voce ampia, di un bel colore brunito che si eleva in acuti scintillanti emessi con estrema facilità in salite che sono vere colonne di suono. Si avverte della prudenza in questo primo numero, e il recitativo “Ben io t’invenni”, con le sue impennate e rapide discese nel pentagramma, pur eseguito con giusto piglio, la porta a scivolare sull’intonazione di “O fatal sdegno!”. In “Anch’io dischiuso un giorno” il soprano mette in mostra tutta la bellezza dello strumento, mentre la cabaletta “Salgo già del trono aurato” la vede muoversi senza problemi nelle agilità, pur con un acuto finale che tende leggermente a stimbrarsi. Anche se vocalmente i pregi superano i difetti, la sua Abigaille manca per ora di mordente drammatico: non si percepisce infatti quella cura della parola e del fraseggio che solitamente marcano le performance del soprano.

Nonostante i fragorosi applausi che seguono la cabaletta, la diva quasi si scusa prendendo la parola “Comunque era la prima volta che facevo Abigaille” e il concerto prosegue con una sinfonia de La forza del destino, che colpisce per la narrazione serrata e appassionata data dalla bacchetta di Armiliato: i temi dell’amore e dell’ascesa al cielo si concatenano a quello lugubre del fato con una facilità dirompente, degna di un poema sinfonico. Colpisce poi la capacità del direttore di respirare con il soprano nell’aria del sonnambulismo di Lady Macbeth. Qui Netrebko, fresca anche dalle recite viennesi, tira fuori gli artigli e dimostra di conoscere il ruolo anche capovolto: non c’è parola o suono che non sia pensato e distillato per fare del vero teatro, anche in tale contesto, tanto che lei stessa si aggira per il palco come a interpretare il personaggio e finisce filando il re bemolle di spalle; e proprio dopo uno degli ultimi “Andiamo” il silenzio in sala si fa così carico di tensione da far capire che il pubblico ormai è suo.

Dopo una Sinfonia de I Vespri Siciliani impetuosa e barricadera, Netrebko riappare con un nuovo abito e attacca la prima aria di Aida. Anche qui gli accenti e il fraseggio sono quelli della grande interprete, mentre la voce si muove nella tessitura senza problemi, assottigliandosi sempre di più con una facilità e una tecnica da prima della classe. Tra i momenti degni di nota, uno “Sventurata, che dissi?” quasi parlato e detto con tutto lo smarrimento possibile, o i “Numi, pietà del mio soffrir!” a conclusione, in cui si instaura un dialogo tra i suoi filati e i gravi torniti dei contrabbassi che è la quintessenza stessa di Aida. Chiude il programma ufficiale la sortita di Leonora de Il trovatore, e qui il soprano, pur dispiegando ancora una linea melodica di sicuro fascino, sembra mettere il pilota automatico per quanto riguarda l’espressività, oltre a perdere talvolta coesione con l’orchestra, rapidamente recuperata da Armiliato. La cabaletta è affrontata in modo rapinoso, quasi battagliero e colpisce difatti più per la sicurezza di ogni passaggio che per l’interpretazione.

Inutile dire che il pubblico le tributa un trionfo incredibile, a cui lei risponde con due bis pucciniani, un valzer di Musetta sensualissimo, e un’aria di Lauretta quasi obbligata, in cui nonostante la vocalità un po’ matronale, distilla piani e smorzature da manuale. Finiti i bis ufficiali, il pubblico in delirio la induce a ripetere la cabaletta del Trovatore come commiato definitivo.

Teatro del Maggio – 83° Festival del Maggio Musicale Fiorentino
CONCERTO DI ANNA NETREBKO

Giuseppe Verdi
Arie e sinfonie da: Nabucco, La forza del destino, Macbeth,
I Vespri siciliani, Aida, Luisa Miller, Il trovatore

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Soprano Anna Netrebko
Direttore Marco Armiliato

Firenze, 27 giugno 2021

Photo credit: Michele Monasta

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