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Festival Castell de Peralada 2021 – Recital di Benjamin Bernheim

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Il Festival d’estate del Castello di Peralada (un bellissimo borgo medievale relativamente vicino a Figueres, città nota soprattutto per il  Museo Dalí) si è consolidato nel tempo e ha superato i contraccolpi della morte, pochi anni fa, della sua fondatrice. Attira un pubblico prevalentemente catalano e francese, senza escludere altre regioni della Spagna e qualche Paese europeo, e svolge un’intensa attività non solo lirica ma anche concertistica e di balletto, proponendo inoltre eventi extra classici, sempre con grandi nomi.

Quest’anno la pandemia ha ridotto ovviamente il numero dei posti disponibili e il cartellone si limita a due spettacoli operistici e ai concerti di Lise Davidsen e di Javier Camarena (entrambi in programma la settimana prossima), oltre a quello che il 24 luglio scorso ha visto debuttare a Peralada il tenore francese Benjamin Bernheim, artista sempre più quotato a livello internazionale. Per i lettori di Connessi all’Opera non è certo un nome nuovo: ne ha parlato diffusamente in una magnifica recensione discografica Alessandro Mormile (qui il link).

Bernheim ha una voce non bellissima per timbro, ma estesa, emessa con naturalezza, con un registro medio-grave piuttosto insolito per un tenore lirico e demi-caractère (tipo Henry Legay o Alain Vanzo, per intenderci). La chiesa dove di solito si svolgono i concerti era gremita con le limitazioni suddette e l’accoglienza del pubblico, molto attento e concentrato, è passata dal cortese applauso dei primi numeri a un entusiasmo via via crescente nel corso del recital.

L’interprete si è presentato – scelta quasi obbligata – con un titolo francese: Poème de l’amour et la mer di Chausson, concepito in origine per tenore, anche se è passato poi ai soprani e a qualche mezzo. L’esecuzione ha offerto una prova – se mai ce n’era bisogno – della serietà di questo cantante, ma forse il pezzo di Chausson non è stato il migliore biglietto da visita. Malgrado l’incisione di Victoria de los Ángeles, la composizione non è popolare da questa parte dei Pirinei: sarà anche stata scritta per tenore, ma personalmente trovo che sia più ricca di sfumature se affidata a una voce femminile. In questo caso, solo l’ultima parte è risultata davvero impressionante: “le temps des lilas et le temps des roses” è stata la frase chiave in cui Bernheim ha dimostrato la sua capacità di trasmettere al pubblico tutta l’emozione del testo.

Il programma nella prima parte era alquanto strano, perché se è comprensibile che un artista voglia presentare tutto il suo repertorio attuale, passare da Chausson a Verdi (“Ah, la paterna mano”) e Pizzetti (“I pastori”) quali unici esempi di autori italiani, non è sembrato  proprio l’ideale. Il pubblico (in massima parte operistico) ha gradito molto l’aria del Macbeth, anche se personalmente ho trovato più interessante il brano di Pizzetti. Altra scelta strana, a conclusione della prima parte è stata proposta la celeberrima aria di Lenski dall’Onegin di Čajkovskij, di cui il tenore ha offerto comunque una bella esecuzione.

La seconda parte comprendeva invece brani notissimi di Gounod e Massenet, e in questi Bernheim si è presentato nella sua forma migliore. Se le arie di Faust e Roméo et Juliette (“Salut, demeure” e “Ah, lève toi, soleil”) sono risultate notevoli per la schiettezza ma anche delicatezza dell’approccio (il famoso do in pianissimo della romanza di Faust), nel meraviglioso Sogno di Des Grieux del secondo atto di Manon l’artista ha raggiunto la perfezione in un’interpretazione tutta interiorizzata con un canto a fior di labbra, una tecnica e uno stile (per non parlare della dizione) che lo hanno messo nella condizione di competere con le versioni di Gedda, Kraus e Beczala. Simpatico, rilassato, Bernheim ha condiviso gli applausi con l’ottimo accompagnatore David Zobel (la sola esecuzione della cavatina di Faust sarebbe bastata per dare un’idea completa delle capacità del pianista).

Bernheim è parso un po’ restio a concedere dei bis, ma nondimeno ha offerto una più che convincente versione del magico “Morgen” di Richard Strauss (ottima la padronanza del tedesco, come anche dell’italiano e – per quanto ne possa capire – del russo), ma il pezzo in cui il tenore ci ha consentito d’intuire le sue doti di “attore” è stato la “Légende di Kleinzach” da I racconti di Hoffmann di Offenbach: le due strofe contrapposte e il ritorno amaro e deluso alla prima mi hanno ricordato – e non per rimpiangerle – le versioni straordinarie e ben diverse tra loro di Kónya, Gedda e Kraus (per restare a quelli che ho sentito dal vivo). Il ruolo lo debutterà nella sua integrità la stagione prossima alla Staatsoper di Amburgo.

Festival Castell de Peralada 2021
RECITAL DI BENJAMIN BERNHEIM
Pagine di Chausson, Verdi, Pizzetti, Čaikovskij, Gounod, Massenet,

Tenore Benjamin Bernheim
Pianista David Zobel

Església del Carme, Peralada, 24 luglio 2021

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