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Bergamo, Donizetti Opera 2021 – L’elisir d’amore

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Una festa in musica per la riapertura del teatro. Bergamo celebra il ritorno del pubblico al Teatro Donizetti dopo diversi anni di lavori con una speciale edizione de L’elisir d’amore che apre anche il Festival che la città dedica al suo illustre figlio (dopo la “anteprima” al Teatro Sociale con C’erano una volta due bergamaschi…). E la festa non sta solo in una performance che accoglie il pubblico in coda fuori dal teatro, ma pure nella scelta di coinvolgere tutti i presenti in sala nel canto corale che apre il secondo atto del capolavoro donizettiano: ciascuno spettatore, all’ingresso, tra il sorpreso e il divertito, riceve una bandierina rossa e gialla (i colori della città) sulla quale ci sono le parole del citato coro (“Cantiamo facciam brindisi…”). Poco prima dell’inizio, il “maestro delle cerimonie” Manuel Ferreira, affiancato da un chitarrista e un trombettista, fa provare il pubblico, che poi canterà sventolando le bandierine al momento opportuno. Una trovata simpatica, coerente con l’occasione festivaliera, apprezzata sia dai più attempati frequentatori del melodramma che dal pubblico internazionale dei partecipanti al convegno di Opera Europa, in questi giorni in corso proprio a Bergamo.

La vera novità sta tuttavia nella scelta di mettere in scena l’edizione critica dell’opera, nella sua integralità, ed eseguita con gli strumenti storici, alla ricerca del suono autentico dell’orchestra di Donizetti. Operazione perfettamente riuscita, grazie alla sapienza del direttore Riccardo Frizza – che è anche direttore musicale del Festival – alla guida dell’ottima orchestra Gli originali (nomen omen, si direbbe). Si tratta infatti di strumenti antichi (e non di copie moderne), accordati con il La a 432 Herz, invece che a 442 o 444 come si fa oggi, con l’effetto di cantare quasi un semitono sotto. “A parità di nota – spiega il direttore nell’intervista inclusa nel programma di sala – la corda vocale è meno tesa e la voce è più morbida”. Ma le differenze maggiori riguardano proprio gli strumenti: gli archi hanno una consistenza più dolce e leggera, i fiati mutano significativamente lo spessore timbrico e gli ottoni, con un suono penetrante ma non sovrastante gli altri, possono restare nel numero indicato in partitura (senza essere diminuiti, come accade con gli strumenti moderni). L’effetto è singolare e pregevole: un Elisir ancora più sbilanciato sul fronte di un malinconico sentimentalismo, senza nulla togliere alla carica comica, che anzi sembra essere meglio sbalzata da questo contrasto. Tanto più che la direzione di Frizza brilla per precisione e pulizia, con tempi generalmente spediti e uno scatto ritmico che valorizza i momenti vivaci, ma sa pure distendersi in un canto delibato nella sua ispirazione ora affettuosa ora più assortamente lirica. I colori sono accesi ma mai sgargianti, le sonorità piene ma non eccessive: quel che ne sortisce è una commedia sentimentale, insomma, scevra di manierismo e oleografia, attraversata invece da un malinconico sorriso.

Nel cast si impone il Nemorino di Xavier Camarena. Anzitutto, il tenore messicano è il personaggio più riuscito sotto il profilo attoriale forse perché la visione del regista – a nostro avviso per il resto deficitaria, e ne diremo tra poco – per quel che concerne il protagonista, gli calza a pennello. Perché Nemorino, nella lettura di Camarena, è davvero il ragazzotto ingenuo e sprovveduto che il libretto vuole, forse anche un po’ tonto, ma comunque irresistibile nel suscitare la nostra umana simpatia. Del canto loderemo la dizione cesellata con gusto, l’abbandono a un fraseggio ricco di comunicativa, l’eleganza di una stilizzazione che non cade mai nel bozzettistico. Al suo fianco, la sorpresa di una Adina giovanissima e di notevole pregio: Caterina Sala, ventidue anni appena e una voce ove la preziosità timbrica si unisce a una ancor più notevole immediatezza espressiva. Viene a capo con disinvoltura della difficile scrittura dell’aria e, soprattutto, della cabaletta alternativa prevista nell’edizione critica a cura di Alberto Zedda, qui adottata. Certamente, ci sono margini di crescita nella ricchezza del fraseggio e in una maggiore corposità, soprattutto nel registro medio, ma l’artista è davvero di livello. Florian Sempey sfoggia un bel timbro, pieno e squillante, e un fraseggio sempre vario, a disegnare un Belcore tanto spavaldo quanto arguto e seducente, mentre Roberto Frontali è un Dulcamara che non deborda mai, nel segno di una apprezzabile naturalezza e proprietà di stile, di linguaggio e musicalità. Vivace e maliosa la Giannetta di Anaïs Mejías e di buon livello la prestazione del coro istruito da Fabio Tartari.

Frederic Wave-Walker dimostra di avere diverse idee per una regia che intercetti lo spirito più autentico del lavoro e ne attualizzi una volta di più l’ispirazione. Peccato che molte di queste idee restino a uno stato embrionale, risolvendosi buona parte dello spettacolo in una recitazione ferma o tutt’al più convenzionale. Per non parlare del coro, di fatto “bloccato” a cantare per quasi tutti i momenti in cui è coinvolto. Resta la gradevolezza visiva di un allestimento dove le scene di Federica Parolini ci conducono proprio nel portico di fronte al Teatro Donizetti, la cui immagine fa da sfondo all’azione: nella Bergamo contemporanea, quindi, riprendendo un assunto spesso citato nelle riflessioni critiche intorno all’Elisir. Ovvero che l’ambientazione basca del libretto in realtà nasconda quella campagna lombarda che vide Donizetti bambino e ragazzo (ne era convinto, tra gli altri, Gianandrea Gavazzeni, altro bergamasco illustre che proprio di Elisir diede una lettura memorabile). Il teatro di burattini, qui nella bella versione di Daniele Cortesi, coerente con la tinta “padana” della vicenda, costituisce ad esempio una di quelle idee non sviluppate dal regista. Bellissimi, ricchi di colore, i costumi di Daniela Cernigliaro e appropriate le luci di Fiammetta Baldiserri.

Donizetti Opera 2021
L’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani
Musica di Gaetano Donizetti
Edizione critica a cura di Alberto Zedda

Adina Caterina Sala
Nemorino Javier Camarena
Belcore Florian Sempey
Dulcamara Roberto Frontali
Giannetta Anaïs Mejías
Maestro delle cerimonie Manuel Ferreira

Orchestra Gli Originali
Coro Donizetti Opera
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del coro Fabio Tartari
Maestro al fortepiano Daniela Pellegrino
Regia Frederic Wake-Walker
Scene Federica Parolini
Costumi Daniela Cernigliaro
Lighting design Fiammetta Baldiserri
I burattini in scena sono di Daniele Cortesi
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Donizetti

Bergamo, Teatro Donizetti, 19 novembre 2021

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