Tenore? Baritono? Perché accanirsi in una rigida classificazione di registro quando ci si può concedere il lusso di spaziare da un repertorio all’altro? Un privilegio evidentemente concesso a pochissimi, ma non un problema se ci si chiama Michael Spyres e si hanno tutte le doti per rinverdire i fasti della versatilità di molti cantanti di un passato lontano, in cui le etichette contavano poco o nulla. Con l’album dal titolo Baritenor, pubblicato di recente da Erato, il cantante americano fornisce un tributo a tutto tondo alle possibilità di una categoria vocale poi non così nota. Per la prima volta nella storia della discografia, un singolo interprete incide allo stesso tempo arie da baritono e tenore. Quasi 85 minuti di musica, ben 18 tracce di 15 compositori differenti, per un viaggio attraverso tre secoli di storia dell’opera italiana, francese e tedesca. Per questo progetto, il cantante viene accompagnato egregiamente dall’Orchestre Philharmonique de Strasbourg diretta da Marko Letonja e dal coro dell’Opera nazionale di Rhin.
Che Spyres fosse un cantante fuori dal comune lo si era già capito da precedenti incisioni (si leggano a proposito i nostri contributi per Amici e Rivali – qui il link – e Mitridate, Re di Ponto – qui il link), ma in questa registrazione ne dà ulteriore prova, alla faccia della solita deleteria retorica passatista secondo cui al giorno d’oggi non esisterebbero voci degne di nota.
La doppia identità di Spyres come bari-tenore viene già messa in evidenza dalla copertina dove campeggia il suo volto suddiviso in due metà, una nero-azzurra per “Bari” e una azzurro-nera per “Tenor”. Una distinzione non poi così marcata, quasi come se le due metà fossero l’una il negativo dell’altra. Un sistema di colori aiuta l’ascoltatore a differenziare le tracce per area di appartenenza (tenorile vs. baritonale). Il cantante sembra aver curato tutto il progetto, dal momento che firma anche le note al libretto che esordiscono con la seguente affermazione: “Credo che il baritenore sia un fenomeno vocale dimenticato che sia stato celato sotto gli occhi di tutti all’interno di numerose composizioni, per tutta l’esistenza dell’Opera.” Quello del baritenore è stato un fenomeno virtuosistico e di estensione che ha raggiunto il picco con Rossini e che è rimasto in voga fino alla prima metà dell’Ottocento, salvo poi perdere progressivamente popolarità, visto il prevalere di orchestrazioni via via più pesanti che costrinsero le voci a una più netta demarcazione.
Ma come si definisce la voce di baritenore? Spyres cita la descrizione utilizzata all’epoca per il “baritono-Martin” ovvero Jean-Blaise Martin (1768-1837), la cui voce veniva definita come “tenore profondo dal timbro scuro” o al contrario, come “baritono acuto dal timbro chiaro”. Spyres procede poi a delineare in ordine cronologico tutti quegli interpreti che hanno marcato la storia dell’arte bari-tenorile, tutte voci malleabili non rinchiudibili in una categoria specifica e che transitarono da un registro all’altro nel corso della loro carriera, per necessità o per virtù. C’è chiaramente Manuel García che fu Almaviva nel Barbiere ma anche Almaviva ne Le nozze di Figaro, così come Otello e Don Giovanni. Vengono poi evocati Anton Raaf, Jean-Pierre Solié, Jean-Baptiste Chollet e tanti altri. L’artista include poi nei ringraziamenti una lista di circa 30 cantanti del recente passato che a sua detta hanno aperto la via a questo progetto e riserva un grazie speciale a Chris Merritt, Bruce Ford e Opera Rara per la loro attività di riscoperta del repertorio.
Se i baritenori siano stati completamente dimenticati o meno è discutibile. È comunque innegabile che la netta demarcazione tra i registri di tenore e baritono in campo maschile sia quasi diventata un taboo da non infrangere. Ci sono stati molti casi di transizione a carriera avanzata (da tenore a baritono o viceversa), spesso accolti con diffidenza (vedi il caso Domingo, peraltro incluso nella lista dei ringraziamenti). Nel caso di Spyres il cantante ha mosso i suoi primi passi da baritono e solo dopo anni di studio ha trovato una sua dimensione come tenore, sfondando poi a livello globale. Non un tenore puro, visto che il colore rimane scuro, ma con un estensione, falsetto e suoni misti che praticamente gli consentono di cantare da tenore anche ad altezze vertiginose. Non un dono della natura quindi, ma come tutti i grandi, Spyres fa sembrare questo artifizio acquisito il più naturale possibile. Certo in qualche frangente, visto anche lo slancio che caratterizza il canto di Spyres, si nota qualche disuguaglianza nei passaggi, ma senza strilli e senza brutture. Insomma l’esecuzione non solo è stilisticamente pertinente, ma arriva spesso a sorprendere. Ammirevole, prima di ogni cosa, è la capacità di dare vita a un mirabolante virtuosismo espressivo che rifugge dall’esercizio ginnico fine a se stesso.
Ma veniamo alle tracce. L’incisione si apre con Mozart e l’aria di bravura “Fuori del mar” da Idomeneo scritto per Anton Raaf. Spyres è regale nel condurre le frase musicali tutte innestate su lunghi fiati e fluido nel districarsi in una scrittura vocale florida di colorature e trilli.
Dello stesso compositore possiamo ascoltare “Hai già vinta la causa!”, l’aria alternativa del Conte d’Almaviva scritta per la versione di Vienna del 1789/91 de Le nozze di Figaro, dove Mozart sperimenta con la voce di baritono interpolando ben 14 Sol4. L’aria mette in mostra il colore scuro della voce del cantante americano che si dimostra incisivo, fiero e imperioso.
Non poteva poi mancare “Deh, vieni alla finestra” dal Don Giovanni, ruolo che in realtà fu veicolo di affermazione per molti tenori dell’Ottocento come Andrea Nozzari e Adolphe Nourrit e che vide il successo del baritenore Manuel García nelle vesti di tenore. L’aria viene interpretata con un fraseggio dalle pieghe dolci e amorose e un canto perfettamente omogeneo.
L’era napoleonica che segue la rivoluzione francese porta i baritenori alla ribalta. La registrazione a questo proposito offre una prima mondiale dell’aria di Edgard “O Dieux! Écoutez ma prière” dall’Ariodant di Étienne Nicolas Méhul (1763-1817). Il ruolo fu scritto per Jean-Pierre Solié, che nella sua carriera cantò ruoli da tenore, baritono e basso. Il brano è veramente interessante, portando in se i germogli del romanticismo. Spyres alterna implorazione ed eroismo in una resa drammatica ben riuscita. Parlando della stessa epoca non si può poi prescindere La Vestale di Spontini di cui viene proposta l’aria “Qu’ai-je vu! Quelsapprêts!”, resa con buon spessore esecutivo e con un buon francese.
Rossini occupa un posto centrale nell’evoluzione della vocalità baritenorile. Figaro de Il barbiere di Siviglia, fu rito di passaggio obbligato per baritoni e tenori, e oggetto di trasposizioni varie (persino per basso). Spyres, stravagante e sicuro, sorprende in “Largo al factotum” con la sua capacità attoriale e di caratterizzazione (si ascoltino le molteplici voci macchietta – quasi da doppiaggio esilarante da film Disney – che riproducono la varietà di personaggi che richiedono i servigi di Figaro).
Il Rossini drammatico di Otello, scritto per Andrea Nozzari, è presente in questa incisione con la scena I del primo atto con Iago e l’aria “Amor, dirada il nembo” (Iago è il tenore Sangbae Choï). Spyres sfoggia tutta la sua estensione (quasi tre ottave) scendendo ai gravi brevemente, anche se poi gravita a tessitura acuta per gran parte del tempo, dando vita a una cabaletta brillante dalle agilità fluide.
Ci fu spazio per i baritenori anche nell’opéra-comique, qui rappresentata da Le Postillon de Lonjumeau di Adolphe Adam, con l’aria di Chapelou “Mesamis, écoutez l’histoire”, originariamente interpretata da Jean-Baptiste Chollet, un baritono che giunse alla fama nelle vesti di tenore. L’aria dal carattere danzante mostra la familiarità di Spyres con il repertorio francese. Il cantante regala un re sovracuto squillante per poi scendere e trillare con voce di testa. Spyres si cimenta quindi con un altro successo comico, La fille du régiment di Donizetti con l’aria dei nove Do di Tonio “Ah! Mes amis, quel jour de fête!”…“Pour monâme” . Tutti i Do vengono centrati bene (il primo è più opaco) e il fraseggio di “Pour mon âme” ha una dolce freschezza senza quei suoni nasali che spesso si sentono in questa aria.
È la volta di Verdi e dell’aria del Conte di Luna da Il trovatore “Il balen del suo sorriso”. Nelle vesti di puro baritono Spyres è forse meno esaltante, ma riesce comunque a gravitare su queste tessiture senza problemi e con omogeneità. Un contemporaneo di Verdi, Ambroise Thomas, aveva inizialmente concepito il suo Hamlet per tenore, ma non trovandone uno adatto, aveva affidato il ruolo del titolo al baritono Jean-Baptiste Faure. Spyres propone una versione critica per tenore (come originariamente pensata per il ruolo) e si dimostra esaltante e grandioso anche nel genere del grand opéra. C’è addirittura spazio per Wagner in questa registrazione magnum con la versione francese di Lohengrin di cui si può ascoltare l’aria “Aux bords lointains”, inserita in quanto ponte tra la scuola del grand opéra e il futuro Heldentenor. Spyres canta con nobiltà, ottima risonanza e dizione impeccabile.
In questo viaggio attraverso i secoli troviamo anche brani d’operetta. “Va pour Kleinzach” da Les Contes d’Hoffmann di Offenbach è tutto un trionfo di ambiguità, ironia ed espressione, mentre l’aria da Die Llustige Witwe di Lehár è puro divertimento. Impossibile soffermarsi su tutte le tracce ma l’ascoltatore potrà gustare anche una versione liricamente sentita del Prologo di Pagliacci, estratti da L’Heure espagnole di Ravel e dai Carmina Burana di Orff. Si chiude invece a ‘900 inoltrato con l’emozionante Marietta’s Lied da Die tote Stadt di Korngold.
Vale la pena anche spendere una parola sul contributo prezioso dell’Orchestre Philharmonique de Strasbourg sotto la bacchetta di Marko Letonja, che plasma un’esecuzione di quasi tre secoli di stili con ammirevole versatilità e diversità di carattere, dall’ironico al magniloquente. Tutti gli accompagnamenti sono stilisticamente centrati con un suono presente e acusticamente curato. Incisivi e perfettamente a fuoco gli interventi del Choeur de l’Opéra National du Rhin diretto da Alessandro Zuppardo.
In conclusione, una registrazione unica nel suo genere con un’esecuzione che soddisfa pienamente da diversi punti di vista. Che sia un nuovo inizio per i baritenori? È presto dirlo, ma Spyres sembra voler rompere gli schemi una volta per tutte. A ogni modo cosa conta alla fine? Cantare bene, e in questo Spyres eccelle. Il resto è francamente accessorio.
BARITENOR
Baritenor, Michael Spyres
Orchestre Philharmonique de Strasbourg
Direttore, Marko Letonja
Choeur de l’Opéra national du Rhin
Maestro del coro Alessandro Zuppardo
Etichetta: Erato
Formato: CD
Registrazione effettuata alla Salle Érasme,
Palais de la Musique et des Congrès di Strasburgo
tra il 25 e il 29 agosto 2020