Uscito di recente per Naïve, Argippo – opera-pasticcio di Antonio Vivaldi – è il ventesimo titolo operistico della collana discografica The Vivaldi Edition. L’etichetta francese aggiunge così un ulteriore tassello all’ambizioso progetto, ormai ventennale, di incisione di circa 450 manoscritti vivaldiani conservati nella Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (a oggi circa una sessantina di lavori sono stati registrati) oltre ad altre scoperte più recenti, incluso Argippo. Per l’occasione, Fabio Biondi torna a collaborare con Naïve insieme al suo ensemble Europa Galante con cui aveva inciso in precedenza i concerti per violino La Boemia, oltre alle celeberrime Quattro Stagioni. Si tratta invece di un primo contributo operistico per Naïve, anche se Biondi è un veterano del genere, avendo già inciso diverse opere vivaldiane di successo per Virgin Classics (si pensi a Bajazet o Ercole sul Termodonte).
La registrazione, basata sull’edizione critica del musicologo Bernardo Ticci, è la prima esecuzione in tempi moderni del manoscritto integrale di Argippo (RV Anh. 137) riscoperto a Darmstadt nel 2011 dal musicologo tedesco Rashid-Sasha Pegah. Non si tratta della prima consegna al disco, dal momento che nel 2008, Dynamic aveva pubblicato una registrazione basata su un tentativo di ricostruzione da parte del clavicembalista Ondřej Macek, scopritore di una serie di arie di Argippo conservate a Ratisbona. La ricostruzione di Macek, basata su numerose interpolazioni alquanto discutibili, non è certo un’edizione critica e neanche musicalmente memorabile, dato anche l’utilizzo di un cast di cantanti non all’altezza. Al contrario, l’incisione di Naïve è il primo tentativo organico di consegna al disco secondo criteri musicologici e con un cast di livello che, in questo caso, fa veramente la differenza in termini di resa complessiva.
La partitura (anonima) rinvenuta a Darmstadt è un pasticcio operistico completo in tre atti con arie di Pescetti, Hasse, Porpora, Galeazzi, Fiorè e Vinci. Trattasi di una partitura modificata e successiva, dal momento che la versione originaria – composta da Vivaldi nel 1730 per il Teatro di Porta Carinzia a Vienna e il Teatro Sporck a Praga sempre lo stesso anno – è andata perduta. Se la partitura viennese era sicuramente interamente vivaldiana e quella di Praga si ritiene avesse solo due inserimenti di arie di Porpora e Pescetti, la versione di Darmstadt, oltre alle arie vivaldiane, reca ben 12 inserimenti, di cui 6 sicuri, insomma un vero e proprio pasticcio. La musica di Argippo, nella sua versione successiva, sarebbe venuta in possesso dell’impresario veneziano Antonio Peruzzi, attivo in Germania e in contatto con la Corte di Assia-Darmstadt. Non è noto invece chi sia l’arrangiatore-compositore di questo pasticcio. Reinhard Strohm, che firma le note al libretto – non proprio chiarissime nell’ordine espositivo – ipotizza che la partitura sia stata composta a Venezia nel 1732 (dato che l’aria di Pescetti “Dov’è la morte” risale a quell’anno) e sia poi stata venduta a Peruzzi. Vivaldi, se non autore in prima persona, avrebbe comunque fornito la sua approvazione, dal momento che fu poi regolarmente pagato per l’utilizzo della sua musica. Nessun scandalo dunque: la pratica del pasticcio era assai in voga nel Settecento e Vivaldi stesso ne compose diversi. Come nota Strohm, il compositore veneziano non avrebbe avuto nulla da obiettare al fatto che la sua musica venisse usata per i pasticci altrui.
Il libretto di Domenico Lalli, ispirato dalla fascinazione settecentesca per l’esotico, era già stato utilizzato da Francesco Mancini per la messa in scena a Napoli nel 1713 de Il Gran Mogol. La storia non è certo ben scritta e risulta veramente poco credibile. Zanaida, figlia del Gran Mogol Tisifaro, viene sedotta dal nipote del re Silvero – innamorato di lei – fingendosi Argippo, re di Cingone e già sposato con Osira. Durante una visita di stato di Argippo e Osira a Tisifaro, quest’ultimo si convince della colpevolezza di Argippo e minaccia di uccidere Osira, mentre Argippo viene arrestato. Alla fine il seduttore Silvero confessa e Tisifaro vuole che anch’egli sia ucciso per vendicare Osira, nel frattempo creduta morta. Osira ricompare in scena viva, esorta Tisifaro al perdono e si ricongiunge con Argippo mentre Silvero, origine di tutti i problemi, può sposare Zanaida.
Laddove fallisce il libretto, ha invece più successo l’esecuzione musicale. Fabio Biondi, alla guida della sua creatura Europa Galante, riesce nell’arduo compito di fornire una visione stilisticamente coesa a una partitura per sua natura disorganica e sconnessa. Pur in assenza di momenti veramente elettrizzanti o di una trama veramente accattivante, Biondi sottolinea il senso drammaturgico di questo pasticcio, non trascurando neanche un recitativo. Il tutto ha uno scopo musicale e ogni dettaglio viene curato al meglio con varietà agogica, coloristica ed espressiva, complice anche la diversità di carattere dei brani di questo lavoro. All’ascolto si ha quasi l’impressione che non si tratti di un pasticcio, tanto il tutto sia ben bilanciato. Ancora una volta Biondi si dimostra profondo conoscitore della musica vivaldiana e barocca in generale. L’accompagnamento compatto e pulito fa sempre emergere i cantanti e con saggia moderazione si tiene lontano da alcuni eccessi della prassi esecutiva degli ultimi anni.
Un cast vocale ben assortito contribuisce a valorizzare il prodotto finale. La parte di Argippo, da soprano con registro di castrato, viene affidata a Emőke Baráth. Il soprano ungherese sfoggia un bel timbro cristallino e dei bei centri, fraseggia e sfuma con stile. Sciorina colorature e salti con facilità come in “Anche in mezzo a perigliosa” e in “Da più venti combattuta”, anche se qua e là si coglie qualche asprezza in acuto. È elegante ed espressiva in “Vi sarà stella clemente”, dal carattere galante.
Marie Lys, nel ruolo di Osira, è una piacevole scoperta. Aleggia leggera in “Qual disarmata nave” gestendo fluidamente gli abbellimenti. In “Bell’idolo amato” mostra dei bei fiati, grazia nelle agilità e mantiene una bella linea di canto per tutta la durata dell’aria. Ha poi carattere in “Un certo non so che”, più movimentata, e gestisce con efficacia i contrasti di “Mi sento nel core” dove alterna eleganza nell’esposizione e furore nelle colorature della sezione B. Bello anche il suo canto spiegato dall’ampio fraseggio di “Vado a morir per te” dove nel finale sale in acuto con eleganza coronando la risoluzione con un bel trillo.
Il contralto francese Delphine Galou è già un’interprete matura della musica barocca e in questa registrazione punta tutto sulla resa drammatica del ruolo di Zanaida, prendendosi anche qualche rischio. Ha uno stile personalissimo che si distingue dagli altri e mostra una bella attenzione alla parola e inventiva nei da capo come in “Che gran pena trafigge il mio core”. In “Io son rea dell’onor mio” è molto teatrale e gestisce efficacemente volate di coloratura, tutte ben timbrate e sgranate, mentre le variazioni sono molto originali. Si evince talvolta una tendenza ad aprire i suoni a scopo interpretativo, evidente anche nella celebre “Se lento ancora il fulmine”, che alla lunga può stancare un ascoltatore amante del bel suono. L’aria appena citata ha sicuramente una resa drammatica d’impatto ma non è per tutti i gusti. La versione di Romina Basso, sempre per Naïve, a nostro avviso aveva garantito un maggiore equilibrio tra controllo tecnico e capacità interpretativa, ma va apprezzata l’abilità nel voler dire qualcosa di nuovo e Galou, da questo punto di vista, ha sicuramente personalità da vendere.
Marianna Pizzolato, in una delle sue rare incursioni nella musica barocca, è un Silvero che seduce per bellezza del suo canto, valorizzato da un bel timbro vellutato e da un notevole gusto nelle scelte stilistiche. In “Del fallire il rimorso è la pena” sfoggia un emissione omogenea, bei centri corposi e acuti saldi senza durezze. In “Non temer e datti pace” ha un bel controllo, fluidità nelle colorature e registri ben connessi. “Se la bella Tortorella” è una vera delizia impreziosita da un canto elegante e levigato che si intreccia con il violino in un dialogo seducente.
Il basso Luigi De Donato è un Tisifaro nobile nel canto e partecipe nei recitativi. È fluido e musicale in “Rege son che combattuto” mentre gestisce con efficacia gli accenti di “Dov’è la morte” dove esibisce dei bei gravi e abilità nel fraseggio. Sfoggia poi un utilizzo dei virtuosismi a fine espressivo in “A’ piedi miei svenato”, dove le agilità vengono affrontate in maniera egregia con delle belle arcate di suono e controllo dello strumento.
Il breve coro finale “Se d’inganno amor si pasce” intonato da tutti gli artisti, sugella il lieto e pacifico fine di questo “pasticcio indiano” di Vivaldi.
In conclusione, una registrazione ben riuscita con un cast di livello guidato sapientemente da Biondi. L’opera in se non è un capolavoro (e forse non sarà la migliore della collana Naïve), ma le arie sono tutte interessanti e diverse per carattere, valorizzate da un cast ben variegato per doti canore e interpretative. È vivamente consigliato un secondo ascolto per apprezzare i dettagli dell’esecuzione.
ARGIPPO
Opera-pasticcio in tre atti
Libretto di Domenico Lalli
Musica di Antonio Vivaldi
(con arie di Pescetti, Hasse, Porpora, Galeazzi, Fiorè e Vinci)
Edizione critica di Bernardo Ticci
Argippo Emőke Baráth
Osira Marie Lys
Zanaida Delphine Galou
Silvero Marianna Pizzolato
Tisifaro Luigi De Donato
Direttore e violinista solista Fabio Biondi
Europa Galante
Etichetta: Naïve
Formato: CD
Registrazione effettuata tra il 5 e l’8 ottobre 2019
nella Sala Ghisleri a Mondovì