Tre voci per Verdi. Tre cantanti italiani fra i più noti e apprezzati dei nostri giorni – Eleonora Buratto, Francesco Meli e Luca Salsi – sono gli acclamati protagonisti del Verdi Gala proposto all’Arena di Verona, sotto la direzione di Daniel Oren, per il Festival d’estate 2020. Voci verdiane? Il discorso a questo proposito è articolato. Verdi mette in scena opere in un arco di tempo che copre oltre un cinquantennio, da Oberto Conte di San Bonifacio (1839) a Falstaff (1893). Passa dal melodramma a forme chiuse, ereditato da Bellini e soprattutto da Donizetti, alla concezione del dramma musicale influenzato da Wagner. È evidente che la sua scrittura vocale si evolve nel corso dei decenni. Non si può parlare del canto verdiano come di un qualcosa di univoco e cristallizzato. Non è detto che un soprano eccellente come Aida possa trovarsi a suo agio con le agilità che il primo Verdi richiede nelle opere “a cabaletta”, né che un buon Manrico sia in grado di raffigurare un credibile Otello. E viceversa. Bisogna insomma sempre distinguere e contestualizzare, come nel caso del gala areniano.
Quando Eleonora Buratto entra in scena e inizia a cantare “Tu che le vanità” dal Don Carlo – secondo brano vocale in scaletta dopo il duetto fra tenore e baritono tratto dalla stessa opera – è subito chiaro chi sarà la regina della festa. Viene spontaneo il confronto con l’eccellente versione offerta la settimana precedente in Arena da Anna Netrebko. Confronto che l’italiana regge benissimo. Certo Buratto non ha l’ampiezza d’accento né la strapotenza impressionante degli acuti sfoggiati dalla diva russa. Tuttavia, il timbro brunito, capace di venarsi di suggestioni malinconiche, il senso spiccato dei chiaroscuri e dell’accento veramente patetico, oltre che la dizione e l’intonazione perfette, le consentono di cogliere in maniera più compiuta il dolore lancinante di Elisabetta per la fine delle illusioni giovanili. Allo stato attuale, Eleonora Buratto è un lirico puro in grado di reggere senza problemi anche parti da lirico spinto. Lo dimostra, nel concerto veronese, pure l’interpretazione di “Morrò, ma prima in grazia” da Un ballo in maschera, notevole per il bel temperamento drammatico, l’abbandono, il fraseggio approfondito.
Con la sua voce fresca, flessibile, dal timbro ambrato e corposo, Buratto si dimostra a suo perfetto agio in tutte le pagine verdiane affrontate. È la padronanza dell’emissione a dare grande scioltezza al suo canto. Nei duetti con i due colleghi, il soprano fa con la voce quello che vuole. In “Andrem, raminghi e poveri” da Luisa Miller, con Luca Salsi, trova una varietà di accenti e modulazioni che esprimono tutte le sfaccettature di un personaggio che unisce i tratti ingenui della popolana alla dimensione dell’eroina tragica. Se proprio vogliamo essere pignoli, qualche estremo acuto è meno luminoso di altri, ma si tratta di inezie. Anche nel duetto da Otello “Già nella notte densa”, Eleonora Buratto è eccellente per il legato, l’omogeneità e la duttilità del suono, oltre che per le intenzioni espressive. Dal mio punto di vista, è forse il soprano odierno che più di ogni altro può raccogliere l’eredità di Mirella Freni.
Quanto a Francesco Meli, la prova più interlocutoria la offre proprio nel duetto da Otello, opera di cui aveva già cantato il quarto atto nell’ottobre 2019 in un gala a Piacenza e che, prima o poi, affronterà nella sua interezza. Come possa risolverne in prospettiva i passi più eroici e certi estremi acuti, è una incognita. Sulla base del duetto veronese, si capisce che Meli punta a conferire al personaggio una linea di canto di nobile e virile umanità: un Otello di gusto moderno e civile, molto attento allo stile. Nondimeno, il confronto con il canto vario, analitico e allo stesso tempo spontaneo di Buratto, evidenzia anche una certa uniformità di accento ed espressione, oltre alla consueta tendenza a opacizzare le emissioni a mezzavoce. In tutti gli altri brani, Meli offre una prova nell’insieme vocalmente solida e centrata dal punto di vista interpretativo. Dopo un recitativo ben scolpito, nel cantabile da Simon Boccanegra “Cielo, pietoso rendila” esibisce nobiltà d’accento e un ventaglio soddisfacente di inflessioni, tinte e fraseggio, trovando non solo il necessario abbandono, ma trasmettendo anche emotività. Quando poi intona “Ma se m’è forza perderti” da Un ballo in maschera, Meli conferma ancora una volta la sua sintonia con quest’aria e con il personaggio di Riccardo, di cui coglie perfettamente la corda amorosa grazie al calore timbrico, alla pienezza vocale, alla chiarezza della dizione e alla linea di canto sfumata: tutte peculiarità che sono oggettivamente i suoi punti di forza. Apprezzabile pure il contributo offerto dal tenore nel duetto con Salsi dal secondo atto del Don Carlo “È lui! Desso! L’Infante!”. A conferma che se l’approccio a Otello resta al momento un punto interrogativo, dal confronto con altre opere dell’ultimo Verdi, come appunto Don Carlo ma anche Aida, Meli è in grado di uscirne senz’altro vincente.
Terzo protagonista della serata areniana: Luca Salsi, un solido professionista che di base possiede tutte le caratteristiche per essere un ottimo baritono verdiano: dal bel timbro al volume ampio, dal temperamento drammatico al dominio della “parola scenica”, all’occorrenza valorizzata con varietà di accento, colori e intensità. A fargli difetto, non di rado, è il senso del fraseggio nobile, che in alcuni momenti cede il passo a enfasi e tentazioni veriste. Ed è curioso, se non paradossale, che proprio nel repertorio verista o in Puccini (penso alla recente Tosca scaligera), Salsi risulti stilisticamente molto più controllato. In questa esibizione veronese, a onor del vero, l’interprete si distingue per una maggiore attenzione e misura rispetto ad altre occasioni, e le pagine verdiane affrontate ne traggono conseguente beneficio. A partire dalla scena del Marchese di Posa dal Don Carlo, di cui però il baritono canta solo la seconda parte, “O Carlo ascolta”, assecondandone a dovere la linea melodica elegiaca e malinconica. Ma è soprattutto nell’invettiva di Rigoletto “Cortigiani, vil razza dannata” che Salsi dimostra di avere tutti i mezzi per restituire la vocalità tipica del baritono verdiano: una vocalità tesa, tagliente, a tratti violenta, che si alterna con improvvisi trapassi di umore alla disperazione, alla supplica, alle frasi spezzate cariche di angoscia. Pregevole il contributo nel già citato duetto con Meli dal Don Carlo, e ancor più interessante la prova offerta nel lungo e impegnativo duetto con Buratto “Andrem, raminghi e poveri” da Luisa Miller. Qui il baritono asseconda con morbidezza la tipica cantilena verdiana, ma restituisce appieno anche l’altezza morale del personaggio con un accento ben scolpito e un fraseggio che non sarà magari nobile ma esprime una calda e toccante umanità. Peccato che nel brano che chiude il concerto, il terzetto dal primo atto del Trovatore, a fronte della misura di Meli e Buratto, Luca Salsi ritorni a “veristeggiare”. Evidentemente il ruolo del Conte di Luna, come dimostrato anche nell’edizione areniana dello scorso anno, non è del tutto nelle sue corde.
Ad assecondare il terzetto vocale, sul podio è impegnato Daniel Oren, che naturalmente fa valere tutta la sua dimestichezza con le esigenze dello spazio areniano. Gli accompagnamenti sono sempre ben dosati e attenti al carattere delle pagine eseguite, mentre nella direzione della Sinfonia da La forza del destino si nota meno scatto e mordente di quanto ci si aspetterebbe dal direttore israeliano, così come nel coro “Si ridesti il Leon di Castiglia” da Ernani (ottimo come sempre il lavoro di preparazione svolto da Vito Lombardi) si percepisce un piglio meno barricadero e quarantottesco, scelta dovuta forse anche alle problematiche connesse alla disposizione dei coristi ai piedi della cavea. Bene il coro delle Streghe dal Macbeth e “O Signore, dal tetto natio” dai Lombardi, e benissimo come sempre il fatidico “Va’ pensiero”, riproposto anche come bis.
Grande successo per tutti.
Arena di Verona – Festival d’estate 2020
VERDI GALA
Musiche di Giuseppe Verdi
Soprano Eleonora Buratto
Tenore Francesco Meli
Baritono Luca Salsi
Orchestra e coro dell’Arena di Verona
Direttore Daniel Oren
Maestro del coro Vito Lombardi
Verona, 8 agosto 2020