Il Requiem di Mozart proposto per la prima volta all’Arena di Verona, e dedicato alle vittime veronesi del Coronavirus, è stato anzitutto un evento di grande impatto simbolico. Il pubblico, sensibilmente più numeroso rispetto a quello del concerto lirico inaugurale, ha seguito con commossa partecipazione l’esecuzione, introdotta dagli interventi del sindaco Federico Sboarina (“La pandemia c’è stata, c’è, dobbiamo ricordarcelo e portare onore e ricordo a coloro che non ci sono più”) e del vescovo di Verona Giuseppe Zenti, che ha definito il Covid-19 “responsabile di quella che potremmo definire la terza guerra mondiale sotto il profilo delle devastazioni sanitarie, economiche, sociali e politiche”.
Dopo un minuto di silenzio e raccoglimento, le note dell’ultima composizione di Mozart – notoriamente tra le più problematiche della storia della musica – sono risuonate sotto la bacchetta di Marco Armiliato. Composta su commissione, rimasta incompiuta e avvolta a lungo dal mistero, la Messa di Requiem in re minore K 626 ha diviso nel corso del tempo storici e musicologi alimentando dibattiti e congetture, al punto che ancora oggi non è facile orientarsi fra realtà, leggende e semplici ipotesi. L’unica certezza è che prima di morire Mozart completa di propria mano l’Introitus (Requiem e Kyrie), mentre della Sequenza – le sei sezioni che vanno dal Dies Irae al Lacrimosa – scrive probabilmente le parti corali e solistiche, la linea del basso, e lascia qualche indicazione sulla strumentazione, che viene completata da Franz Xaver Süssmayr (da notare che del celeberrimo Lacrimosa resta un frammento di otto battute). Sanctus, Benedictus e Agnus Dei sono invece opera di Süssmayr, forse con il contributo di altri musicisti legati all’entourage di Mozart e dell’intraprendente moglie Costanze, che fa completare l’opera per riscuotere il prezzo dal committente. Va da sé che i dislivelli di ispirazione e la disomogeneità stilistica fra le parti attribuibili a Mozart e le manomissioni degli allievi sono lampanti.
La lettura offerta da Marco Armiliato, alla guida dell’Orchestra e del coro dell’Arena di Verona, non rientra nel novero delle esecuzioni che oggi si è soliti definire “storicamente informate”: non tiene conto insomma delle ricerche e dei criteri filologici che contraddistinguono le interpretazioni di direttori che utilizzano organici orchestrali e corali vicini a quelli dell’epoca del compositore. Scelta più che comprensibile se consideriamo il contesto areniano e i complessi a disposizione: un coro imponente e una grande orchestra dotata di strumenti moderni. Con queste premesse, l’esito non poteva essere che un’interpretazione in chiave ottocentesca, decisamente lontana dallo stile barocchizzante oggi in voga. Un’esecuzione grandiosa ma senza eccessi, nella quale Armiliato ha dimostrato di risolvere salomonicamente il “caso Requiem” trovando un sostanziale equilibrio fra il predominio della polifonia corale (principio fondante del lavoro) e il versante orchestrale che risente del peso della strumentazione di Süssmayr. Certo, qualcosa si è perso del colore scuro, patetico, dell’atmosfera sonora desolata e tetra che emerge dalla strumentazione molto particolare dell’Introitus, unica sezione del tutto autografa. Così come il passo tendenzialmente lento impresso da Armiliato ha tolto un po’ di fuoco al Dies Irae e al Confutatis, penalizzando la geometria del contrappunto corale nel grandioso fugato del Kyrie. Nondimeno, il direttore ha saputo alternare con abilità il gesto eloquente agli stupori attoniti, dando quanto dovuto alla trasparenza delle linee vocali di pagine come il Lacrimosa, sottolineando quindi tensioni e contrasti in una prospettiva efficacemente drammatica.
Apprezzabili nel complesso i contributi sia dell’orchestra che del coro preparato da Vito Lombardi, benché penalizzato acusticamente dalla disposizione a ellissi ai piedi delle gradinate. Tra i solisti, spiccavano in particolare per nitidezza e duttilità gli interventi del soprano, Vittoria Yeo, ma si sono fatti valere per pertinenza di fraseggio e chiarezza comunicativa anche Sonia Ganassi, Saimir Pirgu e Alex Esposito.
Successo di pubblico calorosissimo, ricambiato da una bella esecuzione fuori programma dell’Ave Verum Corpus K 618 e dalla ripresa del Lacrimosa e del Dies Irae.
Arena di Verona – Festival d’estate 2020
MESSA DI REQUIEM
per soli, coro e orchestra in re minore K 626
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Soprano Vittoria Yeo
Mezzosoprano Sonia Ganassi
Tenore Saimir Pirgu
Basso Alex Esposito
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Marco Armiliato
Maestro del coro Vito Lombardi
Verona, 31 luglio 2020