Il percorso di carriera, prima ancora che discografico, ha visto negli anni imporsi Diana Damrau in quel repertorio che, da soprano di coloratura (agli inizi acrobaticissima), le ha permesso di spaziare dall’opera tardo settecentesca a quella ottocentesca italiana, fino al Novecento di Richard Strauss. Dopo essere stata una Regina della Notte di riferimento ed essersi imposta in Italia a inizio carriera alla Scala ne L’Europa riconosciuta di Salieri diretta da Riccardo Muti nel 2004 e poi ne La traviata inaugurale del 2013, il percorso della Damrau ha seguito scelte che l’hanno portata, sia sulle scene come in sala d’incisione, ad avvicinarsi all’opera romantica, italiana e non solo. Non si può dimenticare, fra i tanti recital incisi, quello dedicato a Giacomo Meyerbeer, così come l’approccio, sempre acclamatissimo, al personaggio della protagonista in Lucia di Lammermoor di Donizetti, nel quale ha fatto valere, più che una perfezione strumentale, tuttavia riconosciutale da molti, una interpretazione in equilibrio attendibile fra le esigenze del canto e una credibilità scenica che ha reso la sua Lucia per nulla scontata. Grazie a lei la pazzia diventa una scena di autentico teatro musicale in cui la nevrosi del personaggio, colta attraverso un canto in cui la parola si fa espressione di un dramma di straniante follia, attribuisce alle note accompagnate dal gesto una valenza emotiva ricercata e ben meditata. Non c’è perfezione assoluta nella sua voce, bensì la volontà di trasformare il belcanto in dettato teatrale. Chi l’ha vista in teatro, o in video, lo potrà attestare.
Tale premessa valga a compensare le perplessità che suscita l’ascolto di questo cd, dove il soprano tedesco, seguendo le orme di Beverly Sills e, in anni più recenti di Mariella Devia ed Edita Gruberova, avvicina, da soprano sostanzialmente leggero, o lirico-leggero che dir si voglia, le grandi regine della trilogia Tudor donizettiana. Proprio come fatto dalla Gruberova, la Damrau incide in questo nuovo recital, intitolato Tudor Queens, i finali di Anna Bolena, Maria Stuarda e Roberto Devereux, con quegli “appuntamenti di mezzanotte” che Donizetti regala alle tre protagoniste delle opere (le prime interpreti furono rispettivamente le leggendarie Giuditta Pasta, Maria Malibran e Giuseppina Ronzi de Begnis), con scene lunghe, articolate e ricche di contrasti. Sono pagine, ben lo sappiamo, dove il belcanto, seppur essenziale nell’architettura dell’impianto vocale, serve a trasmettere sentimenti contrastanti, con una gamma emotiva variegata che spazia dal dramma al lirismo; a dar vita a tutto questo sono, come ricorda la Damrau stessa nelle note al cd, “donne forti e vulnerabili allo stesso tempo, che hanno dovuto subordinare i loro desideri personali alle responsabilità della Corona. Donizetti caratterizza i loro personaggi con una infinita gamma emotiva…Soprattutto mette in luce tutta la loro femminilità…la capacità di amare, la gentilezza, il desiderio, la vulnerabilità, il portamento signorile, la determinazione, la fede, la vanità, la bramosia, il senso del potere, la furia, la disperazione e la tristezza”.
Delle opere citate, la Damrau ha credo fino a oggi portato sulle scene solo Maria Stuarda, all’Opernhaus di Zurigo nel 2018, da ritenersi la più “lirica” delle tre sul piano vocale, mentre non è dato sapere se voglia completare in futuro il percorso approcciando le altre due. Per ora lo fa incidendo con Antonio Pappano le grandi scene finali, con l’Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e uno stuolo di cantanti che le fanno da pertichino in questa impresa, i bravi Irida Dragoti (Sara in Roberto Devereux), Sara Rocchi (Anna in Maria Stuarda e Smeton in Anna Bolena), Domenico Pellicola (Percy in Anna Bolena e Leicester in Maria Stuarda), Saverio Fiore (Hervey in Anna Bolena e Cecil in Roberto Devereux), Andrii Ganchuk (Nottingham in Roberto Devereux e Talbot in Maria Stuarda) e Fabrizio Beggi (Rochefort in Anna Bolena e Cecil in Maria Stuarda): tutti, tranne Fiore e il già affermato basso Beggi, allievi della “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma.
Pappano, dal canto suo, è un nocchiero che ogni cantante vorrebbe assicurarsi, accompagna la diva Damrau con attenzione certosina e nelle pagine di contorno, come le pagine corali di Anna Bolena e Maria Stuarda, complici una Orchestra e un Coro assolutamente stratosferici, cerca climi espressivi davvero pertinenti, atmosfere sempre motivate, intrise di ragioni drammatiche che donano anima teatrale veritiera a ogni scena. Pappano, insomma, non costruisce spaccati di distaccato belcanto bensì blocchi drammatici affidati sì al protagonismo della voce, eppure resi autentico teatro in musica anche senza il supporto del palcoscenico; un dato essenziale, ci sentiamo di affermare riferendosi a questo cd, per perdonare le evidenti incrinature che qua e là fanno breccia nella vocalità non più freschissima della Damrau.
Partiamo dai pregi, che sono il fraseggio curato, addirittura miniato, scolpito in ogni sillaba, che dona, se non sostanza almeno morso drammatico a un canto mai abbandonato al caso. Lo dimostra il lungo recitativo “Piangete voi?” da Anna Bolena, davvero ricercato, come molti altri ascolti del cd, nei quali la cantante non può certo essere accusata di indolenza espressiva. Non ci sono i manierismi della Gruberova, il perlaceo distacco della Devia, la linea interpretativa sembra avvicinarsi piuttosto a quella della Sills, ma di nessuna delle tre la Damrau possiede la giustezza del canto. Il timbro si è fatto vetroso, il legato non sempre adamantino, le note tenute attraversate da un vibratino che talvolta non rende del tutto ferma la linea nel sostegno del suono. Si ammirano i trilli (quelli nell’aria “Al dolce guidami” e nelle progressioni ascendenti della cabaletta di Anna Bolena), talvolta fin troppo evidenziati, ma negli abbandoni lirici, quelli che richiederebbero un canto immacolato e puro, la Damrau si comporta, come spesso fa, sacrificando la purezza del suono in virtù della varietà “espressionistica” di colori e accenti; questo potrebbe funzionare se la sua voce avesse quell’intima carica non dico drammatica, perché non connaturata alla sua natura vocale, ma almeno quell’emozionalità espressiva che la Sills trasmetteva cercandola all’interno del canto stesso, con un utilizzo degli accenti ben più persuasivo e una linea di canto assai più pura. C’è poi il problema del peso specifico vocale necessario al clima drammatico della cabaletta finale di Anna Bolena, staccata superbamente da Pappano, ma risolta dalla Damrau con evidente fatica, con slancio artefatto; nelle variazioni acute del “da capo” è stridula e vetrosa, per di più omette la puntatura acuta finale, che non importa se scritta o meno: costituirebbe per una vocalità come la sua un atto di conferma non, come in questo caso, di rinuncia. Cosa che, all’opposto, avviene al termine delle cabalette da Maria Stuarda e Roberto Devereux, dove i sopracuti finali ci sono ma non così facili come ci si era abituati sentendo la Damrau a inizio carriera. Tornando a Maria Stuarda, migliori sono i risultati ottenuti nella preghiera “Deh! Tu di un’umile preghiera”, tutto sommato plausibile nel cercare una liricizzazione sottile e ripiegata, una levità estatica piagnucolosa priva di morbidezza, affidata a una voce con gli anni infeltritasi nel timbro.
Più la temperatura drammatica cresce, come nel finale del Roberto Devereux, dove a Elisabetta viene chiesto accento regale, sdegno o altera fierezza, più le oscillazioni di suono si fanno strada e il controllo della linea appare difficile per una Damrau che fatica a dare polpa sonora a centri di cartapesta e slancio alle improvvise impennate in acuto, invero alquanto perigliose e deficitarie. Resta la volontà di risolvere tutto con l’accento, scarnificando il suono fino agli estremi, come se venisse inciso nel vetro. Peccato, una occasione mancata per una diva che in questo cd non appare certo all’altezza della sua fama.
TUDOR QUEENS
Diana Damrau, soprano
Antonio Pappano, direttore
Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Etichetta: Erato
Formato: CD
Registrazione effettuata dall’11 al 17 luglio 2019,
Sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica, Roma