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Torre del Lago, Festival Puccini 2020 – Madama Butterfly

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La situazione di emergenza che tutti conosciamo ha costretto molte manifestazioni musicali a ripensare i propri programmi e il Festival Puccini di Torre del Lago non fa eccezione. A ciò si deve la commissione di una nuova produzione di Madama Butterfly – nonostante l’ultima fosse stata varata giusto un anno fa – così che si potessero ridurre al minimo i contatti sia tra gli artisti che tra i tecnici dediti a movimentare gli oggetti scenici. Manu Lalli firma dunque regia, scene e costumi di un allestimento minimalista la cui scena pressoché fissa è composta da una fitta selva di piante e alberi, molti dei quali appassiscono nel passaggio tra i due atti; la casetta è simboleggiata da una pedana rialzata e adornata solo inizialmente da un classico torii giapponese, sostituito poi da una serie di lanterne.
La forte presenza dell’elemento naturale è però una delle poche cose interessanti che emergono da una regia fondamentalmente tradizionale e che sa molto di già visto, anche a causa della definizione stereotipata e a tratti anche ingenua dei personaggi e della fissità in cui vengono lasciate le masse. Mentre i costumi degli uomini sottolineano la classica differenza tra americani e giapponesi, tutte le donne, incluse Butterfly, Suzuki e Kate, sono vestite di rosso, simbolo di passione e “femminilità travolgente” per usare le parole della regista. Sulle note finali si riuniranno tutte, schierate dietro il cadavere della protagonista in un grande coro muto in vesti bianche, colore del lutto nella cultura giapponese, che osserva giudicante Pinkerton, il quale, sommerso dai dubbi, tenta di ritornare da Cio-Cio-San con un mazzo di rose, senza riuscirci fino alle sue ultimissime battute. Il fatto che anche Kate si unisca serve a mettere in luce la sintonia instaurata subito in questa regia tra le due donne nei brevi scambi dell’ultima scena, come se entrambe si sentissero tradite dallo stesso uomo, in uno dei pochi elementi curiosi di uno spettacolo che altrimenti passerebbe senza grandi momenti.

Meglio vanno le cose sul fronte musicale, dove la direzione di Enrico Calesso colpisce per l’attenzione ai dettagli, messi in evidenza con bel suono orchestrale mosso e cangiante, ma offrendo sempre il giusto supporto alle voci. Il direttore si assesta su tempi perlopiù lenti, talvolta anche troppo come nel finale primo, ma ciò aiuta a tenere insieme le masse in buca, che infatti tendono a perdersi nei momenti più concitati come l’entrata di Yamadori. Si tratta comunque di una lettura di buon livello che fa apprezzare soprattutto le qualità melodiche della partitura.

Il cast risulta piuttosto omogeneo, con alcuni elementi di spicco. Shoko Okada è una Butterfly un po’ acerba ma sa creare momenti coinvolgenti, soprattutto nel secondo atto. La voce è ben sostenuta, contraddistinta da un timbro chiaro leggermente metallico, e trova i suoi punti di forza nel registro centrale e in quello acuto che non ha difficoltà a imporsi sull’orchestra e nello spazio aperto (anche se arriva agli ardui passaggi finali leggermente affaticata). Il fraseggio appare spesso scolastico e contraddistinto da alcuni vezzi vecchio stile (si pensi allo scambio di battute col console sull’età della protagonista o quelli sull’ornitologia), laddove la dizione risulta veramente ben curata, con ogni parola del libretto pronunciata alla perfezione. Pur in un’ottica assai tradizionale, il soprano fornisce comunque una prova nel complesso piuttosto convincente, attenta a rendere soprattutto l’evoluzione da bambina a giovane donna della protagonista.
Più ordinaria appare la prova di Raffaele Abete nei panni del giovane Pinkerton. Il tenore possiede un bello strumento dal timbro schietto, e affronta con padronanza nella scrittura pucciniana, anche se lo spazio del teatro non aiuta sempre a evidenziare queste belle qualità. Appare tuttavia un po’ meccanico nella recitazione e generico nel fraseggio. Alessandro Luongo disegna un ottimo Sharpless, grazie a una voce ampia e dalla linea omogenea, ma anche per gli accenti e la cura del fraseggio, attraverso cui si riesce a cogliere la vera pietà del console per Cio-Cio-San. Il baritono riesce inoltre a dare risalto anche a momenti solitamente più trascurati, come le battute d’ingresso “Nagasaki, il mare, il porto…” reso con la leggera malinconia di chi si trova sovrappensiero.
Annunziata Vestri propone la sua collaudata Suzuki, ruolo in cui si muove con estrema disinvoltura, anche a fronte di una voce che inizialmente stenta a emergere. I momenti migliori sono infatti quelli ferini dell’ultima scena, in cui si impone anche per autorevolezza drammatica. Tra i personaggi di contorno spiccano Anna Russo nei panni di Kate Pinkerton per la bella grana dello strumento, e il centratissimo Goro di Francesco Napoleoni. Efficaci risultano anche le prove di Luca Bruno, nel doppio ruolo di Yamadori e del commissario imperiale, e Davide Mura quale Zio Bonzo.
Il pubblico si adegua senza problemi alle norme di distanziamento e si dimostra prodigo di applausi a scena aperta degni dei tempi che furono (ma era effettivamente necessario applaudire dopo l’ultimo acuto del duetto finale del primo atto prima della conclusione della coda orchestrale?), suggellando un grande successo a chiusura di questo festival.

Gran Teatro Giacomo Puccini – 66° Festival Puccini 2020
MADAMA BUTTERFLY
Tragedia giapponese in due atti di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa
Musica di Giacomo Puccini

Cio-Cio-San Shoko Okada
F. B. Pinkerton Raffaele Abete
Suzuki Annunziata Vestri
Sharpless Alessandro Luongo
Goro Francesco Napoleoni
Il Principe Yamadori Luca Bruno
Lo Zio Bonzo Davide Mura
Kate Pinkerton Anna Russo
Il Commissario Imperiale Luca Bruno
L’ufficiale del registro Alberto Petricca
Yakusidè Filippo Lunetta

Orchestra e Coro del Festival Puccini
Direttore  Enrico Calesso
Maestro del coro Roberto Ardigò
Regia, scene e costumi Manu Lalli
Disegno luci Vittorio Alfieri
Nuovo allestimento
Torre del Lago Puccini, 21 agosto 2020

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