Tutto Verdi, con un’appendice ironica, per il secondo dei “Concerti sul mare” del Festival della Valle d’Itria. Nella suggestiva cornice del cortile del Castello Aragonese di Taranto si sono esibiti il tenore Francesco Meli e il baritono Luca Salsi, accompagnati al pianoforte da Davide Cavalli. Dopo Polignano a mare lo scorso 15 luglio, la scelta di tenere un concerto a Taranto è stata motivata dal direttore artistico Alberto Triola con la volontà di esprimere “attenzione e solidarietà nei confronti di una città fragile e provata come poche altre, che dovrebbe ripartire proprio e soprattutto dalla cultura”.
La serata è stata elettrizzante per molti versi: l’affiatamento tra i due cantanti, accompagnati puntualmente da Cavalli, va ben oltre la dimensione artistica, nel segno di un’intesa umana e amicale che ha dato ulteriore valore aggiunto. Tanto più che Salsi ha fatto annunciare che avrebbe cantato nonostante una lieve indisposizione e poi, dopo un inizio prudente, ha offerto al pubblico una prestazione maiuscola. Come Meli, d’altro canto. Interessante ascoltare come i due declinano in maniera originale e parimenti incisiva il dettato musicale verdiano. Francesco Meli è il magister elegantiarum che conosciamo, con quel suo canto sul fiato, rotondo e morbido, con quel gusto per un fraseggio cesellato, con gli acuti magari non squillantissimi, ma sempre ben emessi e raggiunti con facilità. Il timbro, poi, è particolarmente bello nella sua dorata, pastosa consistenza. In Don Carlo ha schizzato il ritratto di un principe nobilissimo ma angustiato, particolarmente convincente per la sua fresca, quasi adolescenziale inquietudine. Per Un ballo in maschera Meli è oggi uno dei tenori (se non “il” tenore) di riferimento: il suo Riccardo – del quale a Taranto ha eseguito la struggente aria “Ah se mè forza perderti” – è semplicemente perfetto per la capacità di unire la nostalgica contemplazione del tempo perduto con la malìa di un canto intimo e raccolto. L’orgoglio e l’alterigia di don Alvaro nella Forza del destino sono state temperate da Meli con una umanissima ansia di pace e perdono, travolta dall’inesorabile fluire degli eventi. Da ultimo, Meli ha cantato con Salsi una lunga pagina di Otello, da “Ora e per sempre addio” al duetto finale del secondo atto. La scelta di portare in concerto quello che resta un ruolo feticcio per ogni tenore prelude forse a un debutto nell’opera. Avendolo recentemente ascoltato nel duetto finale del primo atto e poi in questa occasione, l’impressione è che Meli possa davvero essere un Moro di Venezia alternativo rispetto a una tradizione tutta giocata sul vigore vocale e su un fraseggio stentoreo. Ciò che emerge dal suo canto è, da un lato, la sensualità di un giovane amante, dall’altro la tormentata umanità di un uomo incapace di vedere l’inganno ordito ai suoi danni.
Luca Salsi resta il baritono verdiano di riferimento oggi non solo per il timbro invero singolare, ampio e rotondo in tutta la gamma, particolarissimo e riconoscibile. Ciò che colpisce è la capacità di scolpire quella che Verdi definiva, con folgorante definizione, “parola scenica”, ovvero di conferire a ciascuna frase, e di conseguenza al personaggio, quella giustezza di accento che ne definisce in modo chiaro e netto il carattere e il sentimento. Qualcosa che ha più a che fare col teatro che con la musica (ricordiamoci che Verdi è stato il più grande uomo di teatro italiano dell’Ottocento). Così il Rodrigo di Salsi è davvero un Grande di Spagna per l’assorta nobiltà dell’accento, per un incedere nel fraseggio che non scade mai nel banale e anzi si veste di commovente umanità nell’addio all’amico cantato a fior di labbra. Lo stesso vale per il suo protervo Carlo ne La forza del destino, che conserva pur sempre una aristocratica dignità, fino a uno Jago insinuante e laido, luciferino e inquietante, benissimo cantato e altrettanto bene accentato.
Vivissimo il successo di pubblico, con ben tre bis: una romanza di Tosti/ D’Annunzio per Salsi, la magnifica “Furtiva lagrima” di Meli e – a sorpresa, se paragonato al serio programma della serata – il duetto “All’idea di quel metallo” dal Barbiere di Siviglia di Rossini. Qui, complice quell’intesa umana che citavamo in apertura, Meli e Salsi si sono divertiti e hanno fatto divertire il pubblico, sortendo una standing ovation finale.
46° Festival della Valle d’Itria
CONCERTI SUL MARE
Francesco Meli tenore
Luca Salsi baritono
Davide Cavalli pianoforte
Giuseppe Verdi
“Io l’ho perduta!… Io la vidi e il suo sorriso” da Don Carlo
“È lui! Desso, l’Infante!… Dio che nell’alma infondere” da Don Carlo
“O Carlo, ascolta… Io morrò ma lieto in core” da Don Carlo
Aleksandr Skrjabin
Andante op. 2 n. 1
Giuseppe Verdi
“Forse la soglia attinse… Ma se m’è forza perderti” da Un ballo in maschera
“Invano Alvaro ti celasti al mondo” da La forza del destino
Franz Liszt
“Les Funérailles”dalle Harmonies poétiques et religeuses
Giuseppe Verdi
“Credo in un Dio crudel” da Otello
“Tu! Indietro! Fuggi!… Sì pel ciel” da Otello