Lo avete notato? Quando un regista non sa più che pesci pigliare riempie il palcoscenico di fumo. Per carità, non è che le nebbie (siano esse mantovane, lombarde o londinesi) abbiano qualcosa di pernicioso, ma quando a vivacizzare l’azione scenica per tre quarti dello spettacolo vi è solo il suo sbuffare dal fondo verso la platea, il sospetto che qualcosa di teatralmente più geniale manchi è legittimo.
Damiano Michieletto, realizzando per l’Opera di Roma una regia del verdiano Rigoletto “post-Covid”, di gatte da pelare deve averne avute molte. Il dovuto distanziamento, i cantanti e il coro che non possono interagire fra loro, il nuovo e infelice spazio all’aperto del Circo Massimo inquinato da continui rumori fuori scena provenienti dall’esterno. Nella serata del 20 luglio alla quale abbiamo assistito, ad esempio, nelle birrerie di via dei Cerchi che fiancheggia l’improvvisata platea si festeggiava forse un compleanno. Grida e battimani hanno fatto così da contrappunto a una buona parte del secondo atto senza che nessuno si preoccupasse di richiamare i molesti scocciatori. A poco giovava, infatti, la precaria e ampiamente migliorabile amplificazione tutta sbilanciata sulla sinistra (mentre, magari, i cantanti erano tutti sulla destra del palco) né la fruizione di quanto stava avvenendo in scena era di molto migliorata dalle riprese in diretta dei primi piani dei cantanti, proiettati sul megaschermo che faceva da sfondo, malauguratamente fuori sincrono con quanto si ascoltava. Una giostra sulla destra e alcune (inutilizzate) automobili parcheggiate sulla sinistra (più roulotte nell’ultimo atto) completavano la scenografia non immemore di certe suggestioni filmiche quali il Romeo + Giulietta con Di Caprio, American Beauty (il letto di fiori) e la più recente e televisiva Casa di carta.
Convinto che il pubblico, televisivo e non (l’opera è stata trasmessa in diretta televisiva), avrebbe faticato a capire la storia si è pensato bene di visualizzare il non detto. Vediamo materializzarsi così sul maxischermo la mamma di Gilda, Gilda bambina e il “suicidio” finale della protagonista tra le onde, unico momento veramente suggestivo di tutta la produzione, anche se piuttosto gratuito. Eppure, la Musica ha come sua caratteristica peculiare quella di essere evocativa. Pertanto nel teatro musicale il voler visualizzare per immagini tutto quel che accade (qui compresi i prequel e i sequel) significa svilirne il valore, trasformandola in mera colonna sonora delle “elucubrazioni” di un regista. Qualche buona, seppur non originalissima, idea era innegabile. Ad esempio il “Caro nome” cantato sulla giostra da Gilda. In tale babele multimediatica, il pubblico faticava palesemente a decidere se guardare lo schermo o il palco, seguire la musica o leggere i sottotitoli.
Difficile, in tale contesto, valutare la resa musicale dell’esecuzione. È stato più volte ribadito che Daniele Gatti ha “ripulito” la partitura dalle vituperevoli incrostazioni di tradizione. Ma a parte il fatto che simile lavoro di ripulitura (ma che brutto termine! Dobbiamo dunque pensare che le esecuzioni di Serafin, Gavazzeni, Solti, Kubelik, Giulini sfregiassero il capolavoro verdiano?) fu già fatto ventisei anni fa da Riccardo Muti con lo splendido Rigoletto scaligero, non credo che la grandezza direttoriale del Maestro Gatti possa ridursi solo a questo. Meglio sottolinearne l’innovativo taglio intimista di alcune scene, in verità ben poco godibili in uno spazio dispersivo e cacofonico come quello del Circo Massimo.
Rosa Feola, nel ruolo di Gilda, recita e canta da vera professionista e ruba la scena a tutti. Suo l’applauso più convito dopo il già citato “Caro nome”. Il giovane tenore peruviano Iván Ayón Rivas, pur non vantando un fascino scenico paragonabile a quello della sua Gilda, se la cava con grande decoro. Roberto Frontali è ligissimo alle indicazioni direttoriali e registiche, realizzate con abnegazione. Brava Martina Belli quale Maddalena e gradevole Riccardo Zanellato quale Sparafucile. Efficienti i comprimari, puntuale nei suoi interventi il coro preparato da Roberto Gabbiani. Tutto sommato, questo Rigoletto era ben più accattivante nella sua ripresa televisiva. Tempi duri per il Teatro d’Opera.
Teatro dell’Opera di Roma – Stagione 2019/20
RIGOLETTO
Melodramma in tre atti
Libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo
Musica di Giuseppe Verdi
Il Duca di Mantova Iván Ayón Rivas
Rigoletto Roberto Frontali
Gilda Rosa Feola
Sparafucile Riccardo Zanellato
Maddalena Martina Belli
Giovanna Irida Dragoti **
Il Conte di Monterone Gabriele Sagona
Marullo Alessio Verna
Matteo Borsa Pietro Picone
Il Conte di Ceprano Matteo Ferrara
Contessa di Ceprano Angela Nicoli
Paggio Marika Spadafino
Usciere Leo Paul Chiarot
** diplomato “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Daniele Gatti
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Movimenti coreografici Chiara Vecchi
Luci Alessandro Carletti
Regia camere Live Filippo Rossi
Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma
Circo Massimo, Roma, 20 luglio 2020