Pesaro, Rossini Opera Festival 2020 – Il viaggio a Reims
Quella sua maglietta fina non speravamo più di vederla. E invece. Camicia e pantaloni bianchi, balzando sul ponte della nave su cui Emilio Sagi ha ambientato il suo – ormai storico – Viaggio a Reims, con piglio vivace la giovane e pimpante Maddalena (Valeria Girardello) anche quest’anno ha avviato «il giorno del gran viaggio», la consueta ripresa annuale della cantata scenica di Gioachino Rossini, che sin dal 2001 Alberto Zedda volle come banco di prova per gli allievi dell’Accademia Rossiniana, adesso a lui intitolata. È stata anche la quadratura del cerchio: allestito per la prima volta al Palafestival – Adriatic Arena, dove è stato rappresentato per il primo quinquennio, lo spettacolo è stato poi sempre ripreso al Teatro Rossini, fino all’anno scorso; ed è approdato adesso sul palcoscenico allestito a piazza del Popolo, dove idealmente è stato riconsegnato alla città: certo il cadeau più insperato e significativo che gli studi rossiniani hanno assicurato, dopo il ritrovamento delle parti non confluite nel Comte Ory, grazie all’edizione critica realizzata da Janet Johnson per la Fondazione Rossini, tenuta a battesimo nell’agosto del 1984, da un irripetibile cast stellare, guidato da Claudio Abbado e Luca Ronconi.
Il viaggio a Reims del “Festival Giovane”, immaginato da Zedda, nasceva invece con finalità diverse: sperimentare ruoli brevi, ma tutti impervi – perché composti per le stelle scritturate dal compositore al Théâtre Italien nel 1825 – con giovani artisti, che a Pesaro hanno beneficiato di una formazione interdisciplinare sul belcanto, forti di un approccio personalmente curato dapprima dal direttore d’orchestra e musicista milanese, e da Ernesto Palacio adesso, dopo la morte del primo. Rileggere gli annuari di questa storica produzione, nei quasi vent’anni in cui è stata puntualmente ripresa, aiuta a comprendere che un’intera generazione è scaturita dal magistero pesarese di questi artisti: alcuni ancora al culmine di brillanti successi, altri magari rimasti semplici promesse, cui però è stata garantita una formazione d’eccellenza. Per questo il Viaggio di quest’anno costituisce una sorta di unicum: perché è stata affidata non già agli allievi dell’edizione annuale, che è stata rinviata e si concluderà nel prossimo autunno, bensì a un manipolo di artisti, selezionati dalle passate edizioni.
È stata, per questo, un’edizione di piacevoli conferme, con un livello superiore a quello degli anni precedenti proprio perché ne ha collazionato il meglio, tanto sul piano vocale quanto su quello scenico, nei necessari adattamenti imposti dalla nuova sede, piazza del Popolo, e dalla situazione contingente, che ha richiesto parziali modifiche, fino al finale. Corinna, così, non intona più la sua Cavatina dal palco reale del Teatro Rossini ma, circonfusa da una luce dorata, sotto il loggiato di Palazzo Ducale; mentre Don Prudenzio prontamente impugna un termoscanner per una prima diagnosi – sbagliata, manco a dirlo – dei malanni della Contessa di Folleville. Piccoli ritocchi all’impostazione generale di Sagi, come sempre ottimamente ripresa da Elisabetta Courir, che rinnovano l’interesse per una produzione esemplare: agile, ‘componibile’ – appena otto sedie a sdraio sulla tolda di una nave da crociera – ma proprio per questo estremamente funzionale, adattabile, versatile. È un meccanismo a orologeria perfetto, cucito su misura per le capacità interpretative dei giovani artisti, e del quale ogni volta si apprezzano le potenzialità: tra le altre, la semplice efficacia dei costumi di Pepa Ojanguren, che trascorrono dal bianco iniziale di magliette e accappatoi al nero rigoroso ed elegante della seconda parte; la debordante, contagiosa vitalità del celeberrimo quattordicimino, in cui il cambio d’abito a vista consente – ancora una volta nella produzione rossiniana – quel gioco di maschere, specchio di identità sfuggenti; e l’atmosfera felliniana del gran Ballo finale, una striscia di lucine da festa appese in aria, un pizzico di malinconia, il sentimento che il tempo fugge e nulla sarà più come prima.
Ma è l’esecuzione musicale a rendere estremamente gradevole la serata: diretta con mano ferma e gesto saldo dalla bacchetta di Giancarlo Rizzi, alla testa dell’affidabile Orchestra Sinfonica G. Rossini: senza sbavature, con un senso del ritmo narrativo sempre incalzante e senza cedimenti, ma anche con una ricercatezza, particolarmente evidente nelle variazioni che adornano i da capo: quelle della Cavatina e delle Strofe d’improvviso di Corinna sono esemplari, perché continuamente arricchiscono il discorso musicale e innalzano il grado d’attenzione, di strofe in strofe, coniugando candore e dolcezza, intensità espressiva e virtuosismo canoro. Si aggiunga il vispo accompagnamento al cembalo di Elisa Cerri e il bel solo di flauto (di Elena Giri) per avere il quadro di un’esecuzione che ricerca il risultato d’insieme, com’era legittimo aspettarsi dalle finalità dello spettacolo.
Tutti gli interpreti andrebbero perciò elogiati in blocco. Nondimeno, sarà il caso di qualche ulteriore chiosa. Maria Laura Iacobellis è una Corinna forse meno limpida rispetto alla tradizione interpretativa del ruolo: ma perché vanta una pasta screziata con cui conferisce smalto e plasticità al personaggio, fino alle Strofe che intona al microfono, in mezzo all’orchestra, quasi fosse la vocalist del Finale. Claudia Muschio le ruba la scena grazie a una Folleville tanto svagata quanto brillante nella grande Aria, affrontata con soddisfacente disinvoltura. Nitida nelle agilità, Chiara Tirotta incarna una Melibea maliarda e fatalona, malgrado un timbro piacevolmente sopranile, mentre Claudia Urru, forse in difetto di peso specifico, tratteggia una Madama Cortese d’indubbia musicalità, nonostante le difficoltà nel sillabato dell’insieme che chiude l’Introduzione. Tra i due tenori Matteo Roma vince la palma del migliore, non solo per la spigliata presenza scenica, ma anche per l’estrema facilità, la pungente ironia e la sicurezza della coloratura, con cui connota il suo Cavalier Belfiore; Pietro Adaíni, come Conte di Libenskof, dovrà temperare un registro acuto fin troppo sparato e curare un’emissione non omogenea lungo tutta la gamma.
Di buon livello anche i buffi: Diego Savini padroneggia il ruolo di Don Profondo nella temibile Aria “Medaglie incomparabile”, in cui si confronta con successo con l’irresistibile declinazione delle pronunce nazionali, inventata da Ruggero Raimondi e Abbado; mentre Nicolò Donini si disimpegna con eleganza e divertente accento british nella Scena e Aria di Lord Sidney; Michael Borth è un imponente Barone di Trombonok, burattinaio dell’azione, e Jan Antem perfettamente a suo agio nei panni di Don Alvaro; più discontinuo il Don Prudenzio di Alejandro Sánchez. Con Valeria Girardello (Maddalena) completano efficacemente il cast, nei ruoli di fianco, Carmen Buendía (Delia), Francesca Longari (Modestina), Oscar Oré (nel doppio impegno come Zefirino e Gelsomino) e il tonante Elcin Huseynov (Antonio).
Dalla fontana secentesca, che occupa il centro della piazza, alla fine sbuca fuori Carlo X (il giovanissimo, serioso Alexander Korchak, figlio d’arte). Armato di tre palloncini che ricordano il tricolore francese, «il prode regnator» non può stringere le mani dei sudditi né accoglierne auspici e incoraggiamenti: per questo si accomoda al proscenio e, cavati dalla sacca un panino e una Coca-Cola, li consuma con sguardo fiducioso. E la nave va, «tra dolci e cari palpiti»: non la fermerà nessuno. [Rating:4/5]
Rossini Opera Festival 2020
IL VIAGGIO A REIMS
Dramma giocoso in un atto di Luigi Balocchi
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi,
a cura di Janet Johnson
Corinna Maria Laura Iacobellis
Marchesa Melibea Chiara Tirotta
Contessa di Folleville Claudia Muschio
Madama Cortese Claudia Urru
Cavalier Belfiore Matteo Roma
Conte di Libenskof Pietro Adaíni
Lord Sidney Nicolò Donini
Don Profondo Diego Savini
Barone di Trombonok Michael Borth
Don Alvaro Jan Antem
Don Prudenzio Alejandro Sánchez
Don Luigino Antonio Garés
Delia Carmen Buendía
Maddalena Valeria Girardello
Modestina Francesca Longari
Zefirino – Gelsomino Oscar Oré
Antonio Elcin Huseynov
Carlo X Alexander Korchak
Orchestra Sinfonica G. Rossini
Direttore Giancarlo Rizzi
Elementi scenici e regia Emilio Sagi
ripresa da Elisabetta Courir
Costumi Pepa Ojanguren
Maestro al continuo Elisa Cerri
Pesaro, piazza del Popolo, 15 agosto 2020