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Monaco di Baviera, Bayerische Staatsoper – Falstaff

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Mercoledì 2 dicembre la Bayerische Staatsoper ha offerto gratuitamente sul proprio canale televisivo online la diretta streaming di una nuova produzione di Falstaff, inizialmente prevista per lo scorso luglio, e poi posticipata a causa della pandemia. Anche se a porte chiuse, il teatro di Monaco di Baviera ha deciso comunque di andare avanti con la produzione, il che rende onore all’iniziativa coraggiosa di offrire la fruizione di una prima al grande pubblico piuttosto che optare per un ulteriore rinvio. Appare evidente che si faccia di necessità virtù e che lo streaming diventi anche uno strumento importante di comunicazione: basti notare la cura delle riprese del teatro e gli spot di nuove produzioni inseriti nell’intervallo.

Si trattava poi del debutto di Michele Mariotti nella direzione di Falstaff, accolto dagli orchestrali con un battito di piedi, in assenza degli applausi del pubblico. Il direttore italiano aggiunge così un altro tassello – quello forse di maggior pregio – alla lunga lista di titoli verdiani che ha già in repertorio, nonostante la sua giovane età. Mariotti mette sicuramente a frutto questa esperienza e dimostra di essere in grado di gestire la complessità della partitura. La sua lettura privilegia la leggerezza di un accompagnamento orchestrale che dialoga con gli interpreti e partecipa al “parlando” generale senza mai sovrastare il canto. Nel contempo, assicura il giusto brio con stacchi decisi e compattezza di interventi che si incastrano senza sbavature. Nel complesso si tratta di un’esecuzione raffinata che valorizza il dettaglio, i momenti descrittivi, la varietà ritmica e la musicalità del testo.

La regia era affidata alla slovena Mateja Koležnik, regista teatrale prestata all’opera. Si tratta di un allestimento leggero dall’appeal cinematografico ma che finisce per non valorizzare la narrazione. L’azione viene ambientata in un albergo/casinò di lusso americano negli anni ‘60/’70. Non vi sono cambi di scena e l’unico dinamismo è rappresentato dallo scorrere di porte e pareti mobili dalle quali entrano ed escono i personaggi e gli inservienti, o che fanno intravedere dei figuranti (gente al tavolo di gioco, una festa di compleanno). Le allegre comari di Windsor sono delle signore eleganti e incappottate, Falstaff è un bonaccione goffo e impoverito che si trova al casinò per trovare fortuna mentre Bardolfo e Pistola sono degli scagnozzi in salsa gangster. Si sprecano giacche di coccodrillo, borse porta soldi vagamente mafiose e pellicce, mentre Ford nelle sembianze del signor Fontana, appare come uomo d’affari texano con cappello e baffoni. Laddove si cerca di adattare la trasposizione al libretto vengono fuori le incoerenze. All’inizio del secondo quadro del terzo atto domina l’oscurità con le colonne in movimento ricreando gli alberi del bosco, il che appare surreale vista l’ambientazione. La danza delle fate con l’aria di Nannetta diventa uno spettacolino in stile Broadway tra piume e abiti discinti, Falstaff si aggira in mutandoni glitterati e corna per la sala del casinò mentre gli altri personaggi sembrano usciti da uno spettacolo di cabaret. Carina, invece, l’idea di far nascondere Falstaff nel carrello porta asciugamani dell’hotel, anche se non è chiaro dove questo venga gettato. Unico pregio di una produzione né carne né pesce (in quanto non coglie il complesso equilibrio tra serio e comico) è la velocità dell’azione, che perlomeno si sposa bene con la musica.

Wolfgang Koch è un Falstaff che non punta sul ridicolo ma sulla leggerezza, per quanto la produzione non lo aiuti a rendere appieno la disillusione e l’amarezza del personaggio, che rimane quindi non esplorato interamente. Se la cava egregiamente nei parlando dando sfoggio di una bella dizione senza durezze germaniche. Lo strumento non è molto ampio e talvolta eccede in vibrato, mentre alcuni falsetti in acuto risultano un po’ strozzati.
Alice Ford di Ailyn Pérez brilla per bellezza del timbro e qualità del fraseggio e nel complesso gestisce bene un ruolo con pochi momenti veramente cantabili. Talvolta manca di spessore nei centri. Boris Pinkhasovich è un ottimo Ford, musicale e con varietà di accenti e di dinamiche. Ha dei bei slanci in “È sogno o realtà” dando peso alla parola e rendendo la voglia di vendetta. Efficaci i Bardolfo e Pistola di Timothy Oliver e Callum Thorpe, entrambi bravi caratteristi. Lo stesso si può dire del Dottor Cajus di Kevin Conners. Elena Tsallagova è una Nannetta non tanto innocente, quanto piuttosto seducente: in possesso di uno timbro luminoso dà sfoggio di un bel controllo dei fiati anche se potrebbe osare di più con le sfumature in “Sul fil d’un soffio etesio” che risulta un po’ piatta a livello di dinamica. Il Fenton di Galeano Salas è in possesso di una voce pregevole: sale in acuto e smorza i suoni con facilità, ma potrebbe curare maggiormente il fraseggio che risulta per lo più statico. Judit Kutasi è una Quickly ironica e dalle possibilità timbriche interessanti: a volte manca di spessore e musicalità dilatando alcune entrate, penalizzata inoltre da una dizione un po’ dura. Vocalmente poco a fuoco risulta la Meg di Daria Proszek, anche se si muove bene sulla scena. Suggestivi, morbidi ed evocativi gli interventi (fuori scena) del coro della Staatsoper, diretto da Stellario Fagone.

Il finale è del tutto inaspettato e, è il caso di dirlo, lascia proprio l’amaro in bocca. L’esecuzione della fuga buffa conclusiva è proiettata su uno schermo come doppia registrazione video, con i cantanti filmati separatamente stile concerto virtuale su zoom e l’orchestra ripresa in sessione di prova. Nel mentre, salgono in scena uno dopo l’altro figuranti, tecnici, il cast e infine Mariotti, tutti muniti di mascherina e rigorosamente in silenzio. La ripresa si sposta poi sull’orchestra, interamente in piedi, e infine sulla sala vuota del teatro. Il silenzio e la potenza di questa visione cozzano con il finale buffo e lasciano solo tanta amarezza, ammazzando lo spirito leggero della produzione. Trattasi forse di una riflessione sui tempi che corrono nella speranza che arrivi “la risata final”?. Di certo “non è tutto burla” in quello che si è visto in questo finale, anche se alla fine rimane la vitalità della musica di Verdi, sapientemente valorizzata da una direzione raffinata, nonostante le numerose incongruenze dello spettacolo.

Bayerische Staatsoper – Stagione 2020/2021
FALSTAFF
Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi

Sir John Falstaff Wolfgang Koch
Ford Boris Pinkhasovich
Fenton Galeano Salas
Dottor Cajus Kevin Conners
Bardolfo Timothy Oliver
Pistola Callum Thorpe
Mrs. Alice Ford Ailyn Pérez
Nannetta Elena Tsallagova
Mrs. Quickly Judit Kutasi
Mrs. Meg Page Daria Proszek

Orchestra e coro della Bayerische Staatsoper di Monaco
Direttore Michele Mariotti
Maestro del coro Stellario Fagone
Regia Mateja Koležnik
Drammaturgia Nikolaus Stenitzer
Scene Raimund Orfeo Voigt
Costumi Ana Savić-Gecan
Luci Tamás Bányai

Nuovo allestimento della Staatsoper di Monaco
Live streaming da Monaco, 2 Dicembre 2020

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