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Milano, Teatro alla Scala – Roméo et Juliette

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Il 2020 si apre, al Teatro alla Scala, nel nome di Charles Gounod e del repertorio francese. Come secondo titolo della stagione lirica viene, difatti, proposta l’opera in cinque atti Roméo et Juliette, andata in scena per la prima volta nell’aprile del 1867 a Parigi, considerata l’apice della maturità compositiva del musicista parigino nonché capostipite del genere del drame lyrique. Su libretto essenziale di Jules Barbier e Michel Carré, abbastanza fedele al dramma shakespeariano dal quale è tratto, il lavoro gounodiano si distingue soprattutto per la tensione espressiva che caratterizza ogni singolo atto, nonché per la concentrazione sulla sfera interiore dei due sfortunati amanti e per la varietà degli stili, dal brillante al virtuosistico, all’elegiaco, al tragico.
Lo spettacolo è quello presentato sulle tavole del Piermarini nel 2011, una produzione del Metropolitan di New York rielaborazione di quella messa in scena al Salzburger Festspiele nel 2008. Come desumibile dai bei costumi elaborati e variopinti di Catherine Zuber, e dalla monumentale scenografia di Michael Yeargan, dominata dall’imponente facciata di un palazzo con loggiato e terrazzo, la vicenda è trasposta in un Settecento dal sapore casanoviano, quasi onirico. La regia di Bartlett Sher, ripresa da Dan Rigazzi, insiste su di una riuscita caratterizzazione dei singoli personaggi, ben individuati nelle loro psicologie, su di una recitazione curata e sentita, e su di una buona movimentazione dei solisti e delle masse corali, con tanto di aggraziate coreografie nel primo atto e vivaci duelli nel terzo atto, guidati dal maestro d’armi H.B. Barry. Atmosferiche le luci di Jennifer Tipton riprese da Andrea Giretti, soprattutto quelle delle scene notturne.

Debutta in un’opera al Piermarini Lorenzo Viotti, classe 1990, proiettato in una prestigiosa carriera internazionale che lo ha già visto sui podi, per esempio, di Parigi, Amsterdam, Zurigo, Dresda e Francoforte. Con gesto elegante, morbido ed equilibrato, dà vita a una lettura sfavillante attenta alle sfumature, ai preziosismi e a sbalzare i dettagli strumentali; una direzione dall’agogica estremamente mobile, che alterna momenti rapinosi ad altri maggiormente rilassati. Viotti ottiene, dall’Orchestra del Teatro alla Scala, un suono corposo e smaltato, a volte soverchiante rispetto al palcoscenico (in special modo nelle sferzanti percussioni), in grado però di alleggerirsi, ove richiesto, in lucenti sonorità di seta.

Nei panni degli sventurati protagonisti, troviamo due divi dello star system. Vittorio Grigolo è un Roméo dalla voce ampia, sana e robusta, emessa con omogeneità, salda e sfacciata nella salita all’acuto, dal suadente timbro schiettamente mediterraneo. Nella cavatina “L’amour! […] Ah! Lève-toi, soleil!” e in “Va! Repose en paix!” attenua con maestria la voluminosità dello strumento in delicati pianissimi e impalpabili mezzevoci. Con un’interpretazione empatica e, a tratti, sovraccarica e plateale, tipica comunque di Grigolo, il tenore dipinge un giovane Montecchi appassionato, ardente e irruente, grazie anche al fisico atletico e scattante che gli consente, nella celebre scena del balcone, di arrampicarsi con facilità lungo una lesena del prospetto della dimora dei Capuleti o sull’alto basamento di una colonna. Accanto a lui, torna alla Scala Diana Damrau, apparsa più prudente e cauta rispetto al solito. Il soprano tedesco emerge per una vocalità luminosa e tornita, di buon peso e dalla timbrica cremosa, complessivamente omogenea in tutta la gamma. Nell’attesa arietta “Je veux vivre” le messe di voce sono puntuali e sul fiato, i legati adamantini, i virtuosismi nell’insieme fluidi e puntuti; nell’aria “Viens, amour, ranime mon courage”, risolta con efficacia, pregnanza e pathos, si avverte qualche tensione nelle note più alte. Vero animale da palcoscenico, servendosi di un fraseggio espressivo e di un’intensa mimica facciale e del corpo, la Damrau giganteggia per la musicalità e per le sue spiccate doti attoriali, delineando una Juliette in progress, inizialmente fanciulla timida, ingenua e infantile e, via via, più matura, impetuosa e determinata.
Indisposto Nicolas Testè, lo sostituisce il Frère Laurent di Dan Paul Dumitrescu, dalla voce pastosa e morbida nell’emissione. Mattia Olivieri è un Mercutio sonoro, vocalmente debordante e sontuoso, scenicamente sciolto e prestante, baldanzoso e poco sfumato nel fraseggiare. Protervo il Tybalt del tenore Ruzil Gatin, distintosi per una voce ben in maschera cristallina e svettante. Sbarazzino il mezzosoprano Marina Viotti nel ruolo en travesti di Stéphano, dalla vocalità di colore sopranile. Piace la Gertrude ironica ma mai volgare di Sara Mingardo, in possesso di uno strumento di velluto brunito. Tutto sommato convincente il vecchio Capulet di Frédéric Caton, dalla vocalità di basso timbricamente chiara. Altero, raffinato e statuario il Pâris di Edwin Fardini; poco incisivo Jean-Vincent Blot (Le Duc de Vérone); preciso il Grégorio di Paul Grant; squillante il Benvolio di Paolo Antonio Nevi. Icastici ed efficaci, come sempre, gli interventi del Coro del Teatro alla Scala, preparato con ammirevole acribia da Bruno Casoni.
Teatro esaurito e festante successo per tutti gli interpreti, con poco meno di dieci minuti di applausi, ovazioni per i due protagonisti e per Lorenzo Viotti.

Teatro alla Scala – Stagione d’opera e balletto 2019/20
ROMÉO ET JULIETTE
Opera in cinque atti
Libretto di Jules Barbier e Michel Carré
Musica di Charles Gounod

Capulet Frédéric Caton
Roméo Vittorio Grigolo
Frère Laurent Dan Paul Dumitrescu
Tybalt Ruzil Gatin
Pâris Edwin Fardini
Mercutio Mattia Olivieri
Benvolio Paolo Antonio Nevi
Le Duc de Vérone Jean-Vincent Blot
Grégorio Paul Grant
Stéphano Marina Viotti
Juliette Diana Damrau
Gertrude Sara Mingardo

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Lorenzo Viotti
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Bartlett Sher ripresa da Dan Rigazzi
Scene Michael Yeargan
Costumi Catherine Zuber
Luci Jennifer Tipton riprese da Andrea Giretti
Maestro d’armi B.H. Barry
Produzione The Metropolitan Opera, New York
Milano, 15 gennaio 2020

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