Quando si parla di musica contemporanea, il pensiero non può che correre subito a lei, Barbara Hannigan. L’artista canadese è, difatti, una delle massime interpreti del repertorio del XX e XXI secolo, di compositori quali Debussy, Berg, Poulenc, Stravinskij, Ligeti, Zimmermann, Boulez, Benjamin, Dean, Jarrell, Barry, Abrahamsen, Hosokawa. Tra i colleghi con cui ha collaborato si annoverano nomi di gran prestigio, direttori come Simon Rattle, Kirill Petrenko, Andris Nelsons, Kent Nagano, Antonio Pappano, e registi (spesso sovversivi e dissacranti) del calibro di Christoph Marthaler, Krszysztof Warlikowski, Katie Mitchell, Andreas Kriegenburg, Claus Guth.
Una delle caratteristiche peculiari della versatile musicista nativa della Nuova Scozia è quella di ricoprire, sovente, il doppio ruolo di soprano e di direttore d’orchestra; come avviene, per esempio, nel suo nuovo album, La Passione, pubblicato da Alpha Classics. Sin dalla affascinante copertina, un ritratto del fotografo olandese Elmer de Haas raffigurante la Hannigan immersa e sospesa nell’acqua di una piscina, colta quasi in una situazione in-between, nel momento intermedio tra la vita e il decesso, il disco offre un suggestivo trittico di riflessioni e prospettive sulle tematiche della morte e della trasfigurazione: Tod und Verklärung, per citare un celebre poema orchestrale di Richard Strauss. In questo seducente e ben amalgamato viaggio tra partiture settecentesche e novecentesche, in cui vengono giustapposti lavori di Luigi Nono, Franz Joseph Haydn e Gérard Grisey, l’artista guida ed è accompagnata dalla LUDWIG Orchestra, compagine olandese nata nel 2012, da anni al suo fianco per molteplici progetti.
In apertura troviamo Djamila Boupacha, monodia a cappella per soprano solo, musicata nel 1962 dal compositore veneziano Nono (di cui quest’anno, l’8 maggio, ricorre il trentesimo anniversario della morte). Il brano, secondo pannello della triade per voce e orchestra Canti di vita e d’amore, è un canto di speranza, un omaggio all’eroismo di Djamila Boupacha, militante del Front de libération nationale algerino che, nel 1960, fu arrestata dall’esercito francese e sottoposta a torture e violenze sessuali. Su testo in spagnolo della lirica Esta Noche del poeta antifranchista Jesús López Pacheco, dall’andamento lineare e, al contempo, frastagliato, in esso Barbara Hannigan modula con facilità il proprio strumento vocale, estremamente duttile, passando con naturalezza da vertiginose salite al registro acuto e sovracuto, risuonante puntuto, lucente ed espressivo, a note medio-gravi ben appoggiate. Non a torto potremmo definirlo un tipico esempio di aria da belcanto declinata in chiave contemporanea.
Segue un celebre pezzo del classicismo viennese, la Sinfonia n. 49 in fa minore La Passione di Haydn: messa in musica a Eisenstadt nel 1768, presenta similitudini con la sonata da chiesa nella simmetrica successione di tempi lenti e spediti. Ottenendo dalla LUDWIG Orchestra un suono compatto e nitido, la direttrice canadese ne dà una lettura appassionata, solenne, coesa, a tratti Sturm und Drang, adottando un’agogica mobile e variegata con gusto. L’Adagio introduttivo, costruito secondo lo schema della forma-sonata, si caratterizza per un andamento grave e ieratico, dall’ampia linea melodica e dalle atmosfere livide e funeree, quasi lamentose. Il successivo Allegro di molto è contraddistinto da dinamiche rapinose e serrate, sferzanti sonorità soprattutto degli archi e da un cipiglio trascinante e passionale. Con il Minuetto si torna a un clima più disteso e sereno, dall’allure sussiegosa e da salotto, con punte di frivola leggerezza ma pur sempre impettita. Conclude rapidamente La Passione il quarto e ultimo movimento, Finale. Presto, un incalzare vorticoso di ritmi tesi e concentrati, dalla forte energia.
Dopo questa impetuosa, tragica e palpitante direzione della sinfonia di Haydn, chiude l’album una meditazione sulla morte e sull’aldilà in quattro parti del francese Gérard Grisey, Quatre chants pour franchir le seuil per soprano e 15 strumenti, del 1996/1998. La composizione, in cui i quattro movimenti sono separati da brevi interludi musicali dalla grana pulviscolare, si basa su testi appartenenti alle civiltà cristiana, egizia, greca e mesopotamica che danno vita a un sermone, a tratti slegato, sull’inevitabilità del trapasso. Dopo un breve preludio in filigrana, a tratti impalpabile, La mort de l’ange tratto da Les heures de la nuit di Christian Guez-Ricord emerge per una drammaticità estrema, densa e scavata, data da sonorità gravi e colorate, contrapposte alla struttura metrica della poesia, volutamente interpretata in maniera frammentaria e spezzettata, e alla voce leggera e luminosa della Hannigan, penetrante e acuminata nelle infiorettature e nei trilli che costellano lo spartito, dall’accento vivido e pulsante. La mort de la civilisation, dal volume Les Sarcophages égyptiens du Moyen Empir, si presenta come una triste litania lenta e rilassata, musicalmente diatonica, in cui si apprezza specialmente la dovizia di inflessioni e di sfumature nel fraseggio della cantante, qui maggiormente controllato e interiorizzato, intriso di pathos. La mort de la voix, su versi della poetessa antica Erinna, si distingue per pirotecnici virtuosismi canori, affrontati con piglio vivace e spericolato, note medio-gravi ben a fuoco ed espressive, e un tappeto orchestrale materico, dalle tinte corrusche. Ispirata all’epopea di Gilgameš del III millennio a.C., La mort de l’humanité è una maestosa polifonia in cui i vari strumenti danno vita a minacciosi elementi naturali, quali la pioggia intermittente, il temporale, il diluvio; la malleabile vocalità del soprano canadese si presta con fluidità a repentini salti di registro, insistendo principalmente su quello acuto, risultante acuminato e lucido come una lama. A suggello del ciclo si ascolta la tenera berceuse, una ninnananna dalla timbrica liquida e dalle nuances opalescenti che richiamano alla memoria la luce tersa dell’alba; una nenia nostalgica e meditabonda, dalle messe di voce delicate. Una composizione così sfaccettata, di non facile esecuzione, è sostenuta dalla Hannigan (direttrice e solista) e dalla LUDWIG Orchestra con tecnica ferrea, coesione, sensibilità interpretativa e un’ottima conoscenza della partitura.
In sintesi, il disco propone un riuscito, colto e profondo percorso di raccoglimento e riflessione, a metà tra laico e religioso, su argomenti vasti, misteriosi e universali quali la vita, la morte, l’oltretomba, l’interstizialità; tematiche antichissime e, al contempo, sempre attuali, se non addirittura quotidiane.
LA PASSIONE
LUDWIG Orchestra
Soprano e direttore Barbara Hannigan
Alpha Classics
Formato: CD