Nato come progetto scenico che avrebbe dovuto essere realizzato dal regista Karl-Ernst Herrmann, scomparso nel 2018, con Magdalena Kožená e il Collegium 1704 diretto da Václav Lucks, Il giardino dei sospiri, pubblicato da Pentatone, offre all’ascoltatore un luogo privilegiato per accostarsi alla cantata barocca, un genere che mantiene ancora quella originale destinazione elitaria che ne ha caratterizzato in buona parte il fiorire in epoca barocca. Se allora il luogo di esecuzione era principalmente quello delle corti aristocratiche, oggi la cantata trova poco spazio, fatte alcune dovute eccezioni, nelle sale da concerto, per lo più in occasioni riservate a un pubblico specializzato, e rivive sì nei salotti domestici, ma in eventi assolutamente privati, grazie a registrazioni discografiche. In tal senso, forse, parliamo di filologia.
Il giardino, dunque, in cui ci guidano gli interpreti di questo CD singolo della durata di circa 80 minuti, è un luogo segreto, nascosto, intimo, in cui riscoprire il canto come strumento – a questo il termine cantata fa riferimento, brano, cioè, destinato ad essere cantato, a differenza della sonata che era riservata a un’esecuzione puramente strumentale – e in cui andare all’essenza del legame fra parola e musica. In questo va dato merito alla Kožená di avere raggiunto un perfetto equilibro interpretativo, che rivela l’accurato lavoro di analisi svolto sulle partiture e sui testi, attenta tanto all’elasticità del fraseggio, alla morbidezza del suono, in un’autentica sintonia e armonia d’intenti con il Collegium 1704 e Václav Lucks, quanto al valore espressivo dei versi. Il genere richiede una grande concentrazione e controllo ai musicisti, chiamati a un rispetto formale più stringente di quello del melodramma: se i soggetti infatti sono i medesimi, diverso è l’approccio creativo e conseguentemente esecutivo. Nel melodramma tutto è ingigantito a partire dalle dimensioni allo sviluppo della storia, sino al gesto scenico; nella cantata si va al cuore del dramma, ci si focalizza sulla climax di una vicenda che il pubblico generalmente conosceva bene e che spesso fungeva da proiezione di fatti e persone ben noti e reali al tempo dell’ascoltatore.
Così nell’Arianna abbandonata di Benedetto Marcello non è la vicenda dell’eroina che interessa, con i suoi antefatti e possibili sviluppi, ma l’istante in cui lei si scopre sola e non si capacita nel suo sgomento di come Teseo possa averla lasciata; il recitativo è condotto in maniera esemplare dal mezzosoprano ceco che scava a fondo e trova i giusti accenti per rendere gli opposti sentimenti in cui l’eroina si dibatte, il pianto incredulo, e dignitoso tuttavia, di “Come mai puoi lasciarmi piangere” e la parvenza di gioia che scaturisce al pensiero del vagheggiato ritorno dell’eroe espresso da “Che dolce foco in petto”. La capacità della Kožená di attingere, grazie al controllo tecnico del suo strumento, a una ricca tavolozza di accenti, pur nel rigoroso rispetto estetico e formale dei brani, è dimostrato anche nell’aria “Ombre, cure sospetti” dall’Atalia di Francesco Gasparini, breve excursus in un genere affine, quello dell’oratorio, che amplia gli intenti espressivi della cantata, seppure sia, come quella, privo di un autentico sviluppo drammaturgico. Le due cantate successive evidenziano in maniera forse più marcata, nei versi e nella musica, quel richiamo programmatico al giardino contenuto nel titolo del progetto. Il rapporto con la natura nel mondo barocco è stretto e profondo: essa è la cornice in cui si agitano le passioni umane e che i poeti ritraggono, quasi a riprodurne i suoni, con una aggettivazione rigogliosa di vezzeggiativi e diminutivi che suonano a noi leziosi – e lo furono davvero in taluni eccessi degenerativi – ma che mirano a coglierne l’incanto. Lo si nota già dell’aria che apre la cantata di Leonardo Leo e che ad essa dà il nome, Or ch’è dal sol difesa, citata per altro qui come Angelica e Medoro, protagonisti dell’episodio ispirato al poema dell’Ariosto. Magdalena Kožená è a suo agio nel narrare l’incontro dei due amanti passando dal ruolo di narratore a quello di Medoro per cui sa creare toni e accenti distinti, senza alterare la linea del canto. Offre un superbo esempio di recitar cantando, corrisposta dal Collegium, che dipinge “il mormorio del garoletto innamorato augello e del bel ruscello quell’interrotto mormorar fra’ sassi”: si ascolti la sua abilità nel porgere i termini mutando affetti nella seconda aria della cantata, quando l’ammiccante domanda “Che detto avranno mai” che introduce il tema dell’ineffabile, ciò che non si può dire, si vena di ironia per poi virare a un suono più lamentoso e dolente sulle parole “pene e sospirar”. La medesima ricchezza coloristica, la dinamica ampia e un’agogica elastica, seppure nel rigore stilistico, si trovano nell’ultima cantata, la più articolata: Qual ti riveggio, oh Dio HWV 150 di George Frideric Handel, che dipinge lo sgomento di Ero innanzi al cadavere di Leandro. La cantata si apre e, in modo originale, inaspettato si direbbe, si conclude con un recitativo potentemente drammatico, sia a livello di pathos che di potenziale descrittivo di un’azione, inframmezzato da tre arie tripartite che scandiscono il progressivo passaggio di Ero dal dolore furente (“Empio mare, onde crudeli”) al maturare in lei di un desiderio di morte in “Se la morte non vorrà” sino alla risoluzione finale “Si muora, si muora”, di rara intensità sia nella scrittura handeliana che nella struggente, composta interpretazione della Kožená, che infonde alla melodia un senso di profonda stanchezza per la vita, trovando un timbro che la proietta già nel mondo degli inferi.
Arricchiscono questo rigoglioso giardino dei sospiri la Sinfonia dalla Maria dolorata di Leonardo Vinci e la Sinfonia dell’Agrippina di Handel affidati agli eccellenti musicisti del Collegium 1704 guidati da Václav Luks, protagonisti storici del Prague Spring International Music di Praga e ormai del panorama mondiale della musica barocca. Un giardino in cui l’animo si rinfranca e a cui si auspica di tornare presto, con gli ispirati interpreti che lo hanno prodigiosamente curato.
IL GIARDINO DEI SOSPIRI
Collegium 1704
Václav Luks direttore
Magdalena Kožená mezzosoprano
Etichetta: Pentatone
Formato: SACD
N. supporti: 1