Per il suo cd di esordio il già affermato baritono italiano Vittorio Prato fa una scelta stimolante e al tempo stesso coraggiosa, rendendo omaggio alla leggendaria figura di Antonio Tamburini, baritono che legò le sue sorti allo sviluppo della corda baritonale romantica, anzi fu fra gli eletti che la crearono compiutamente, legandosi a Bellini, Donizetti e Mercadante, ma anche a compositori meno noti, qui rappresentati nelle tracce di un recital che offre autentiche chicche. L’intento, quasi filologico, è appunto quello di far luce sulle diverse caratteristiche di una vocalità che plasmò un tipo di baritono in seguito definito grand seigneur, arrivando a influenzare diversi epigoni che gli succedettero e ne proseguirono la tradizione, come Antonio Cotogni e Mattia Battistini. Nelle belle note contenute nel booklet, Giancarlo Landini descrive con documentata cura una parabola artistica che è ben nota a chi si occupa di storia del canto.
Agli inizi dell’Ottocento, la corda baritonale, come la si è intesa nel corso del secolo fino a trovare in Verdi la sua massima completezza espressiva, aveva connotati non ancora del tutto definiti secondo la comune accezione del termine. Quelli che noi oggi chiamiamo baritoni erano spesso e volentieri bassi cantanti, oppure bassi-baritoni, voci insomma abili nel muoversi con destrezza su tessiture ampie e con estensione che spesso comprendeva sia la corda del basso che quella del baritono. Tamburini non solo aveva queste caratteristiche, che gli permisero di affrontare parti da basso del Rossini serio, mettendosi in diretta concorrenza con Filippo Galli, ma in quello comico fu anche un ottimo Figaro nel Barbiere di Siviglia, così come Dandini nella Cenerentola e Mustafà nell’Italiana in Algeri, senza mancare di ricordare un altro suo felice approccio a Mozart, come protagonista nel Don Giovanni. Ecco perché, a inizio carriera, quando nel 1820 fu Montalban in Chiara di Rosembergh di Pietro Generali e nel 1824 Blondello in Riccardo l’intrepido di Giuseppe Balducci, la sua vocalità era pronta a piegarsi a un canto fiorito ancora memore della lezione rossiniana (dalle rispettive opere si ascoltano nel cd due pagine emblematiche), sfruttando un’estensione per natura piuttosto ampia e una flessibilità vocale che lo rendeva pronto al canto fiorito e d’agilità. Ma la carriera ebbe uno sviluppo, soprattutto quando avvenne l’incontro con Bellini e Donizetti, dei quali compositori fu interprete di diverse prime assolute, fra le quali Il pirata, La straniera e I puritani del Cigno catanese (nel cd si ascolta la nota scena e aria di Riccardo da I puritani) e di diversi titoli del bergamasco, compreso Don Pasquale (il cd contiene il celebre larghetto cantabile di Malatesta “Bella siccome un angelo”), preceduto però da altre opere giovanili, fra le quali Gianni di Calais, rappresentato in questo recital dalla gustosa barcarola di Rustano, “Una barchetta in mar solcando va” (monito agli anziani perché non si mettano per mare correndo il rischio di affogare in caso di burrasca), nella quale si racconta che Tamburini facesse furori coniugando la delizia della melodia con il sottile gioco dell’accento e della parola talvolta quasi recitata.
Tamburini, seguendo l’onda della corrente romantica, non perse la vocazione belcantistica evidente nella volontà di sposare un canto flessibile e forbito; soprattutto fu abile nell’imporsi in quella espansa cantabilità e morbidezza d’emissione che lo vide eccellere nel legato, nell’eleganza di un fraseggio accurato e nell’uso di quelle fioriture lievi che avevano attenuato l’acrobatismo rossiniano e si plasmavano via via sul nuovo sentire romantico senza però che al cantante fosse negata da un lato la capacità di mettere in mostra la sua grande scuola, connaturata, per stile e linea vocale, al belcanto, dall’altro che venisse mai meno la versatilità che gli consentiva di passare indistintamente, come interprete di riferimento donizettiano, dal serio al comico e da ruoli baritonali come Belcore nell’Elisir d’amore, Costantino in Fausta, Israele Bertucci in Marin Faliero, Enrico in Lucia di Lammermoor, Nottingham in Roberto Devereux, Antonio in Linda di Chamounix, a quelli di basso cantante come Enrico VIII in Anna Bolena e Alfonso d’Este in Lucrezia Borgia. Il meglio della sua carriera è compresa tra gli anni del debutto, avvenuto da giovanissimo nel 1818, fino al 1850. Eppure continuò a cantare fino al 1869; avrebbe avuto tutto il tempo per accostarsi a Verdi, ma il suo mondo era un altro, fondamentalmente legato a una dimensione canora aulica e cavalleresca, a una nobile signorilità che si coglie anche quando è alle prese con il repertorio buffo. Basta ascoltare la souplesse della citata barcarola dal Gianni di Calais, in perfetto equilibrio fra malinconia e ironia, per comprenderlo. Ecco ancora, nel cd, altre arie rare, come quella di Edoardo da Edoardo in Iscozia di Carlo Coccia (con la cabaletta “Bell’alme in cui dal cielo”, un andante accelerato di bell’involo melodico percorso da abbellimenti e perigliose incursioni acute nelle battute finali) e il brindisi di Gradenigo “Il fasto e lo splendore” (pagina in due strofe di elegante spavalderia inserita nella scena dell’orgia che ha luogo nel casino di delizie sul Brenta del nobile veneto) da Il bravo di Marco Aurelio Marliani. Proprio con quest’opera, nel 1834, il compositore milanese, trasferitosi a Parigi a seguito dei sospetti che lo accusavano di cospirare con la Carboneria, iniziò al Théâtre Royal des Italiens una carriera che ebbe sviluppi significativi, interrotti dalla morte avvenuta nel corso della Prima Guerra d’Indipendenza a seguito delle ferite riportate in uno scontro con le truppe austriache. Poco note sono anche la scena e aria di Corrado da I briganti di Saverio Mercadante, opera che si rifà al medesimo dramma di Schiller divenuto poi fonte di ispirazione anche per I masnadieri di Verdi, e quella di Ford dal Falstaff del compositore irlandese Michael William Balfe, quest’ultima una tirata contro l’infedeltà delle donne che richiama, nel soggetto ma non certo nello stile musicale, il ben più noto monologo di Ford nel Falstaff verdiano (in Balfe si è dinanzi a una scena assai articolata, strutturata con un allegro, una sezione centrale di ampia cantabilità, “Questo è il ben che l’uomo acquista quando è indotto a prender moglie”, e una cabaletta di furia, “Ah! trema infida”, con tanto di coro, dove la coloratura ha il sopravvento).
Sono in tutto nove tracce, davvero utilissime per comprendere la parabola stilistica di un grande del passato, ma anche per apprezzare le caratteristiche di un interprete che, come Vittorio Prato, mette in essere tutto l’impegno possibile perché questo disco sia un vero e proprio documento di filologia vocale e di ricerca attenta allo stile esecutivo consono all’anima vocale di Tamburini. La registrazione è effettuata dal vivo, al Festival di Wildbad, con l’Orchestra Virtuosi Brunenses. Da segnalare anche le valide presenze del soprano Francesca Longari, del mezzosoprano Margherita Tani, del tenore Patrick Kabongo Mubenga e del basso Zhiyuan Chen per i loro interventi come pertichini in alcune delle scene più articolate assieme al coro Camerata Bach Choir Poznan. Il direttore José Miguel Pérez-Sierra accompagna Vittorio Prato con estrema cura, lo sostiene con puntuale precisione assecondando i diversi climi espressivi delle pagine, sempre con respiro leggero e senza mai forzar la mano in sonorità eccessive. Dal canto suo, Prato è padrone assoluto del proprio strumento vocale, che non è di per sé preziosissimo e ampio nella cavata sonora, eppure appare misurato in quel canto sul fiato e in quel fraseggio che lo vedono sempre vincente nel trovare la giusta connotazione espressiva ad ogni pagina e nell’evocare, almeno sul piano dello stile, l’arte di Tamburini. Prato non ha difficoltà nel toccare le note gravi come quelle acute, ma il meglio di sé lo offre proprio nel canto alato, nell’eleganza che dona al legato una dimensione raccolta e intima, quasi affettuosa. Nell’ascoltarlo, più che dalla ricchezza della voce o dalla bellezza del timbro, si ammira la musicalità, si resta affascinati dalla finezza, dal garbo, dall’accento messo sempre al servizio del canto, dalla morbidezza signorile e soffice con la quale si accosta al cantabile. Gli esempi offerti dall’ascolto del cd sono in tal senso molteplici, a cominciare dall’aria da I briganti di Mercadante, nella quale viene subito da soffermarsi sull’andante “Ah! no: vivi”. Qui Vittorio Prato mostra cosa sia cantare sul fiato, trattenendo l’emissione, intonando la melodia come volesse accarezzarla in “lascia ch’io con te sospiri”, per poi subito infarcire la frase “con te palpiti il mio cor” di quelle rapide fioriture sulla parola “palpiti” che sono riflesso di un amore che accomuna il sospiro ai palpiti del cuore. Il belcanto, infondo, non è altro che il riflesso di un sentire espressivo colto attraverso le mille possibilità offerte dalla voce; in tal senso non deve essere solo la preziosità del timbro a permetterlo, ma soprattutto ciò che contribuisce a dar luce a un sentimento tramite le possibilità alchimiche del canto, per renderne vivo fremito o commozione. A questo si approda se si hanno, oltre agli strumenti tecnici per farlo, anche la sensibilità e il desiderio di cantare comunicando emozioni, in linea con lo stile richiesto dall’autore o, come in questo caso, con quello dell’interprete che lo sa ben sviscerare. Ecco perché questo cd fornisce l’ennesima riprova – semmai ce ne fosse bisogno – di come molti siano oggi i cantanti capaci di far cultura della vocalità, non solo limitandosi a intonare le note più o meno bene, con maggior o minor doti vocali, ma insegnando qualcosa in termini di gusto e prassi esecutiva, per far rinascere il retaggio della migliore tradizione canora romantica ottocentesca.
IL BRAVO
Belcanto Arias for Antonio Tamburini
Vittorio Prato, baritono
José Miguel Pérez-Sierra, direttore
Orchestra Virtuosi Brunenses
Camerata Bach Choir Poznan
Francesca Longari, soprano
Margherita Tani, mezzosoprano
Patrick Kabongo Mubenga, tenore
Zhiyuan Chen, basso
Formato CD: Illiria
Registrazione dal vivo effettuata alla Trinkhalle, Bad Wildbad, Germania,
dal 17 al 19 luglio 2017 durante il 29° Rossini in Wildbad Festival