Firenze, Teatro del Maggio – Risurrezione
Quando il ventiquattrenne Franco Alfano si trasferisce a Parigi nel 1899, non è ancora riuscito a convincere gli editori italiani delle sue capacità: Miranda del 1896 era stata rifiutata da Sonzogno, mentre il successo tedesco de La fonte di Enschir non era bastato a Ricordi per pubblicarla. Mentre vive componendo ballets pantomimes per le Folies Bergère, il giovane compositore si ritrova a leggere tutto d’un fiato l’ultimo grande lavoro di Lev Tolstoj, Resurrezione, dato alle stampe nel 1899 e pubblicato in Francia due anni più tardi. Il successo editoriale del romanzo è senza precedenti per lo scrittore, sia in patria che all’estero, tanto che nel 1902 Henry Bataille appronta una riduzione teatrale per l’Odéon di Parigi, alle cui recite assiste probabilmente lo stesso Alfano, che ha così l’illuminazione per la sua nuova opera. La composizione avviene in tempi piuttosto spediti, mentre il libretto viene approntato da Camillo Antona Traversi e Cesare Hanau (solo quest’ultimo si firma), ricalcando in parte la versione di Bataille. L’opera va in scena il 30 novembre 1904 a Torino sotto la direzione di Tullio Serafin, ma solo nel 1909, dopo vari tagli e rimaneggiamenti effettuati in occasione delle riprese in Italia e all’estero, si arriva alla versione definitiva.
Risurrezione segna la consacrazione di Alfano, compositore oggi noto principalmente per Cyrano de Bergerac del 1936 e soprattutto il finale della Turandot pucciniana, e si inserisce in un filone russofilo all’interno dell’opera italiana a cavallo del 1900 di cui sono esempi Fedora e Siberia di Giordano. Si tratta di un adattamento che si concentra principalmente sulla figura di Katiusha, mentre il personaggio di Nekludoff con tutte le sue angosce, la sua avversione per il mondo costituito dell’aristocrazia, e le sue teorie di liberazione dei contadini, viene notevolmente semplificato in una figura che sembra mossa più da compassione che da un vero atto di ribellione e amore. In un tale imborghesimento del romanzo, rimane la potentissima scena in cui la protagonista attende l’amato alla stazione del treno per confessargli la sua gravidanza e chiedergli aiuto, momento musicale puramente novecentesco che trova però le sue radici nell’ultimo atto della Manon pucciniana.
In occasione della ripresa dell’opera, il Teatro del Maggio importa l’allestimento del Wexford Festival Opera, acclamato da critica e pubblico nell’edizione del 2017 della rassegna irlandese. Rosetta Cucchi, che riprende personalmente lo spettacolo, firma una regia di impianto tradizionale, che si configura come un vero e proprio viaggio attraverso le tenebre della protagonista fino alla finale visione di luce. Le scene cupe firmate da Tiziano Santi, e riadattate per il più grande palco fiorentino, rappresentano in modo semplice l’ambientazione dei vari atti, con soluzioni che si rivelano assai efficaci, anche grazie alle evocative luci pensate da D. M. Wood: ne sono esempi la stanza delle prigioniere configurata come un ambiente claustrofobico e pieno di spifferi, o la vastità della Siberia dell’ultimo atto comunicata con una semplice parete bianca, che sul glorioso finale si apre per mostrare un luminoso campo di grano in cui Katiusha va a perdersi riunita al suo alter-ego infantile. L’unica libertà infatti che si prende la Cucchi è quella di far entrare nei momenti cruciali del dramma un doppione bambino della protagonista, come per simboleggiare il suo contatto con l’innocenza: una soluzione che sa di già visto, ma che non intacca la riuscita complessiva dello spettacolo, realizzato anche attraverso una buona cura attoriale su tutti gli interpreti.
Dal punto di vista musicale Francesco Lanzillotta firma una direzione in crescendo. Se nei primi due atti si registra una certa riluttanza a sottolineare i preziosismi della partitura e una tendenza a rendere tutto piuttosto rutilante e poco cesellato, nella seconda parte si nota una maggiore attenzione ai colori e ai dettagli, con passaggi di discreta tensione narrativa. Anche l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino parte molto poco convinta per poi piegarsi a momenti decisamente di effetto. Si riscontra tuttavia una eccessiva tendenza a uniformare le sonorità orchestrali, finendo a volte per coprire i cantanti che avrebbero invece bisogno di maggiore sostegno.
Il cast presenta alcuni elementi di notevole interesse, a partire dalla protagonista, Anne Sophie Duprels: il timbro leggermente metallico può non entusiasmare e in basso la voce fatica alcune volte a emergere oltre la massa orchestrale, ma gli acuti sono delle lame d’acciaio, sicuri e penetranti. Sorprendono inoltre il fraseggio bruciante e le ottime capacità attoriali, due elementi che consentono al soprano francese di costruire un personaggio credibilissimo ed estremamente emozionante, tanto che il suo grido del terzo atto “Ah! Perché non sono morta?” rimane uno dei momenti più belli dello spettacolo.
Matthew Vickers affronta la parte di Nekludoff con sicurezza, aiutato da una omogeneità tra i vari registri e un gradevole timbro tenorile, anche se la voce appare non molto voluminosa e a tratti poco sostenuta. Risulta ottimo Leon Kim nel breve ruolo di Simonson, grazie a un colore brunito e un volume discreto, piegati in un fraseggio assai efficace. Romina Tomasoni è una buona spalla della protagonista nei ruoli di Matrena e Anna, grazie allo strumento ben proiettato e alla recitazione accurata. Poco incisiva appare invece la Korableva di Ana Victoria Pitts, mentre il ruolo di Sofia Ivanovna risulta ben cesellato da Francesca Di Sauro.
Il coro, preparato come sempre da Lorenzo Fratini, esegue i suoi interventi sparsi in modo puntuale e preciso, con la giusta intensità. Alcuni elementi della compagine vengono impiegati anche nella realizzazione del vasto parterre di comprimari. Spicca tra questi l’Impiegato della Stazione di Nicolò Ayroldi per volume e cura nel porgere le poche frasi.
Il folto pubblico della pomeridiana dimostra di seguire l’opera con un interesse e curiosità, decretando alla fine un discreto successo a tutti, con punte di vero entusiasmo per Kim e la Duprels. [Rating:4/5]
Teatro del Maggio – Stagione 2019/20
RISURREZIONE
Dramma musicale in quattro atti (dal romanzo di Lev Tolstoj)
Parole di Cesare Hanau
Musica di Franco Alfano
Caterina Mikailowna (Katiusha) Anne Sophie Duprels
Principe Dimitri Ivanovich Nekludoff Matthew Vickers
Simonson Leon Kim
Sofia Ivanowna Francesca Di Sauro
Matrena Pavlovna/Anna Romina Tomasoni
Una vecchia serva Nadia Pirazzini
Vera/La Korableva Ana Victoria Pitts
Fenitchka Barbara Marcacci
La Gobba Filomena Pericoli
La Rossa Nadia Sturlese
Una donna Silvia Capra
Kritzloff/Secondo contadino Lisandro Guinis
Capo Guardiano Gabriele Spina
Guardiano Giovanni Mazzei
Un impiegato della stazione Nicolò Ayroldi
Un ufficiale/Primo contadino Nicola Lisanti
Un mujich Egidio Massimo Naccarato
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Rosetta Cucchi
Scene Tiziano Santi
Costumi Claudia Pernigotti
Luci Ginevra Lombardo
Basate sul disegno di D. M. Wood
Allestimento del Wexford Festival Opera
Firenze, 19 gennaio 2020