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Firenze, Teatro del Maggio – Otello

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In questo periodo si disquisisce tanto di spettacoli in streaming: quanto sia conveniente farli, quanto possono restituire dello spettacolo originario e quanto invece lo falsino. Sicuramente le riprese video possono cambiare totalmente il punto di vista di una produzione, ma se si allestisce un’opera per un pubblico che guarda principalmente da remoto, bisognerebbe ideare un allestimento in funzione di ciò e magari anche sfruttare questo strumento come motore o linguaggio stesso dell’azione. Se in altri lidi (pochi a dire la verità) provano a sperimentare questa strada, nella penisola le riprese televisive e simili vengono spesso viste più come un’aggiunta che un’opportunità da cogliere. Non fa eccezione questa nuova produzione di Otello, firmata da Valerio Binasco, e fortemente voluta dal sovrintendente Alexander Pereira, che va finalmente in scena davanti a uno sparuto gruppo di critici, tra cui anche colui che scrive, e una più folta platea davanti al piccolo schermo nella differita di Rai5.

Se il Cardillac messo in scena dal regista piemontese due anni fa sempre al Teatro del Maggio era risultato poco più che convincente, questo Verdi conferma purtroppo l’andamento. Le scene di Guido Fiorato evocano un teatro di guerra recente, che sia la Bosnia o la Siria, menzionate da Binasco nelle note di sala, non è chiaro, e anche i costumi di Gianluca Falaschi situano l’azione in una modernità non ben definita; già qui appaiono le prime perplessità perché in tale ambiente contemporaneo Otello entra in scena con una corazza di epoca tardomedievale, ma poi qualsiasi riferimento a tale contesto sparisce, lasciandola solo un’idea senza sviluppo. Gli ambienti nei primi atti mirano a fornire una rappresentazione quasi realistica, ma l’impostazione cambia procedendo verso il finale, quando l’atmosfera diventa più metafisica e simbolica, tanto che il quarto atto, con il letto di Desdemona in mezzo alle rovine della città, sembra quasi alludere alla desolazione creatasi intorno alla donna durante la vicenda, mentre i palazzi sventrati osservano inquietanti come rovine romantiche di Friedrich. Questa parte dell’opera risulta quella più interessante, specialmente per i giochi di luce firmati da Pasquale Mari, e qualche trovata, come Desdemona strozzata da Otello con lo stesso fazzoletto, cardine dell’intera vicenda.
Il personaggio della moglie è la figura su cui Binasco interviene maggiormente a livello di azione scenica e comportamento: vediamo infatti una donna forte che lotta per il proprio amore e arriva anche a tirare uno schiaffo al Moro alla fine del confronto del terzo atto. Gli altri agiscono nel segno della tradizione, anche se il regista cancella volutamente qualunque traccia di diversità dal protagonista e dichiara di volersi concentrare maggiormente sul rapporto di coppia che si sgretola; evapora così tutta la questione sui complessi di inferiorità del generale. Detto ciò, è uno spettacolo con poche idee e tanta staticità, e a tal proposito, le norme anti-Covid non sono ragione sufficiente per elaborare scene estremamente statiche o con distanziamenti da “vorrei ma non posso”: un regista può trasformare i limiti in vere ragioni drammaturgiche e i video di Falstaff messo in scena da Lotte de Beer a Malmö, e di Boris Godunov firmato Barrie Kosky a Zurigo stanno lì a testimoniarlo.

Un po’ meglio vanno le cose dal punto di vista musicale. Zubin Mehta riuscirebbe a guidare l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino in capo al mondo, ma imposta una lettura di una lentezza pericolosamente antiteatrale. Il primo atto, in particolare, è assestato su tempi ampi e dilatati, che hanno il pregio di far assaporare ogni dettaglio della partitura e di tenere compatti palco e buca in momenti tecnicamente complessi, ma, oltre ad andare contro qualunque ragione drammatica, sanno di virtuosismo fine a se stesso, e i cantanti avrebbero bisogno ogni tanto di un maggiore sostegno. Successivamente l’andamento si fa più spedito, ma lascia spesso il passo alla magniloquenza: il finale terzo in particolare è grandioso come non mai, ma è una lettura fuori dal tempo, anche a confronto con incisioni storiche: giusto come esempio, Tullio Serafin e Arturo Toscanini ottantenni hanno firmato due direzioni di Otello talmente vitali e tese da far impallidire molti giovani venuti dopo di loro.

La parte vocale riunisce per il terzetto dei protagonisti  un parterre di nomi conosciuti. Fabio Sartori debutta come Otello e dimostra quanto meno di avere tutte le note richieste dalla parte: il registro acuto è infatti saldo e ben emesso, e la voce, oltre a riempire la sala con facilità, è dotata di un bel timbro che rende piacevole anche la zona centrale, pur con una leggera inflessione a gonfiare e scurire alcuni passaggi. Si nota poi una cura sulla tornitura della parola, probabilmente frutto dello studio fatto con Domingo, e pubblicizzato sui social da tutti i diretti interessati. Tuttavia il personaggio del Moro ha bisogno anche di presenza scenica, istinto drammatico e forte personalità, e qui il tenore trevigiano non sempre brilla: si nota il grande impegno profuso nel calarsi nel personaggio, e anche una maggiore aderenza a esso durante il proseguimento della recita (il finale è infatti uno dei momenti migliori), ma manca il quid del grande artista.
Luca Salsi ha già cantato il ruolo di Jago in concerto con Mehta alla Philarmonie berlinese, e lo porta qui finalmente sulla scena. Il baritono, dotato di uno strumento corposo, ha una tendenza quasi ossessiva allo scavo della frase, tanto da sfociare spesso in un gusto quasi manierista, che lo porta anche a cantarsi un po’ addosso, come dimostra il passaggio della “ragna” nel terzo atto. Tuttavia vi sono anche momenti di sicuro effetto, come la narrazione del sogno di Cassio, in cui Salsi alleggerisce la voce, creando un ottimo racconto, subdolo e velato di falsa onestà. Marina Rebeka affronta Desdemona dopo essere passata da Amelia Grimaldi lo scorso anno a Salisburgo. La voce presenta un registro acuto di puro velluto dove non lesina smorzature e raffinatezze, mentre risulta più vuota, anche se tecnicamente ben risolta, quando la tessitura scende nel grave come nel terzo atto. Vi è poi una tendenza a coprire l’articolazione della parola con il suono, cosa che viene meno nella “Canzone del Salice” e seguente “Ave Maria”, sicuramente tra i momenti migliori della serata, sia per le bellurie vocali esibite che per l’atmosfera ipnotica creata.
Tra gli altri spicca l’ottima Emilia di Caterina Piva che riesce a tenere testa a Otello nel finale, sia dal punto di vista vocale, che interpretativo. Riccardo Della Sciucca delinea credibilmente il ruolo di Cassio con uno strumento chiaro di bella grana, ma un po’ leggero. Francesco Pittari è un buon Roderigo che sa emergere anche nel concertato del terzo atto, mentre Alessio Cacciamani tratteggia un autorevole Lodovico, Francesco Milanese un discreto Montano e Francesco Samuele Venuti risulta un araldo ben centrato. Degno di lodi infine è il Coro del Maggio Musicale, che, se procede con cautela nell’Uragano, si riscatta con una canzone del secondo atto che ha tutto il sapore di dolce malinconia mediterranea.
Alla fine dello spettacolo la grande sala vuota restituisce solo gli applausi delle maestranze in un inquietante silenzio, mentre i pochi spettatori si limitano a osservare, elaborando mentalmente le proprie considerazioni. Al netto di tutto, la speranza di tornare a vedere spettacoli dal vivo è più forte che mai.

Teatro del Maggio – Stagione 2020/2021
OTELLO
Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito
Musica di Giuseppe Verdi

Otello Fabio Sartori
Desdemona Marina Rebeka
Jago Luca Salsi
Cassio Riccardo Della Sciucca
Roderigo Francesco Pittari
Lodovico Alessio Cacciamani
Montano Francesco Milanese
Un araldo Francesco Samuele Venuti
Emilia Caterina Piva

Orchestra, Coro e Coro delle voci bianche del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro concertatore e direttore Zubin Mehta
Maestro del coro Lorenzo Fratini
Regia Valerio Binasco
Scene Guido Fiorato
Costumi Gianluca Falaschi
Luci Pasquale Mari
Nuovo allestimento del Teatro del Maggio
Firenze, 30 novembre 2020

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