Altro giardino, altro nome. Dopo tre edizioni passate nello splendido Giardino di Palazzo Corsini al Prato, il New Generation Festival cambia nome dopo la pandemia, chiamandosi ReGeneration Festival, e si sposta a Boboli, il giardino principesco per eccellenza. Inutile dire che la sola passeggiata al crepuscolo da Palazzo Pitti, luogo deputato per l’entrata, al Prato delle Colonne, dove è allestito il palco, passando per l’Anfiteatro, la Limonaia settecentesca e il Giardino dell’Isola, mentre una grande luna appare in un cielo color lilla, vale da sola l’esperienza, dato che Boboli tradizionalmente chiude al tramonto e sono pochi dunque i privilegiati che possono goderselo in queste condizioni.
Sul Prato delle Colonne sono allestite gradinate con posti opportunamente distanziati. Si assiste così a uno spettacolo che rispetta perfettamente le norme anti-covid sia in buca che sul palco. Per fare ciò il regista Jean-Romain Vesperini sceglie la strada tecnicamente più facile, ma artisticamente più difficile: il palco è vuoto, a parte qualche oggetto portato e tolto all’uopo, e termina in due blocchi, che permettono le entrate nascoste degli artisti, e in un grande schermo; niente scenografie da cambiare, perché ogni ambiente e situazione viene evocato dalle proiezioni ideate da Etienne Guiol e Anouar Brissel. Le immagini scelte cercano di sottolineare ciò che il libretto dice fin troppo bene; quindi oltre alle visioni di varie ambienti, interamente digitali e neanche di somma qualità, durante le arie di Don Magnifico, ad esempio, capita di vedere asini volanti, o bacchini circondati da grappoli d’uva, e così via in una girandola di immagini improntate su un’estetica palesemente kitsch. La regia vera e propria, anche se condizionata dall’obbligato distanziamento, alterna cose già viste, come i personaggi che si alzano a ritmo con banali movimenti meccanici durante il finale I, a pochi momenti interessanti come l’ingresso di Dandini, il quale entra su un cavallo statuario alla Pizzi, agghindato come un eroe da opera barocca, mentre il piccolo coro di otto elementi esegue con i ventagli una coreografia quasi pop degna di uno spettacolo di David McVicar. Tuttavia, la costruzione dei personaggi risulta poco fantasiosa e talvolta anche troppo macchiettistica, condita da una recitazione esagerata incline a una comicità grossolana e banale.
L’aspetto musicale riserva qualche soddisfazione in più. Il direttore Sándor Károlyi impronta tutto sulla chiarezza di una narrazione il più possibile serrata, con tempi rapidi che sanno però distendersi per assecondare le esigenze dei cantanti. Pur senza troppi indugi o ricerche nei particolari, la sua direzione è quella del buon professionista che fa marciare tutto senza intoppi, a partire dall’Orchestra Senzaspine, che segue la bacchetta a sezioni compatte e con un bel suono scattante.
Il cast, tutto amplificato a causa dello spazio aperto piuttosto dispersivo, è composto da giovani emergenti, e tra questi l’elemento più interessante è la protagonista. L’Angelina di Svetlina Stoyanova si distingue infatti per la coloratura nitida e sempre ben sgranata. Il timbro ambrato si mostra in tutta la sua bellezza in zona centrale, mentre qualche estremo acuto risulta un po’ tirato. L’interprete poi fraseggia con gusto e cerca di far emergere tutte le sfaccettature del personaggio, senza adagiarsi in un eccessivo patetismo.
Josh Lovell è un discreto Don Ramiro dalla voce chiara e dalla facile salita all’acuto, che lo fanno trionfare nella sua aria “Sì, ritrovarla io giuro”, anche se in altri momenti non dimostra di essere perfettamente a suo agio nelle agilità. Quest’ultima caratteristica si riscontra anche nel Dandini di Gurgen Baveyan, che si fa notare soprattutto per il bel timbro brunito e costruisce il proprio personaggio con un discreto lavoro di fraseggio e sfumature.
Daniel Mirosław è un Don Magnifico non molto centrato, soprattutto per la scarsa dimestichezza che dimostra nel canto sillabato, ma anche per l’interpretazione sopra le righe e una voce non molto duttile. Blaise Malaba è un Alidoro fin troppo cavernoso nell’emissione, ed è anche privato della sua unica aria. Giorgia Paci e Monreal Marvic, rispettivamente una Clorinda svettante in acuto e una Tisbe dal timbro brunito, risultano invece due sorelle ben affiatate, centrate sia vocalmente che interpretativamente.
L’elegante pubblico che affolla la prima di due recite applaude convinto ed entusiasta sia alla fine dei vari numeri che alla conclusione dello spettacolo, sancendo un grande successo per tutti gli artisti coinvolti.
New Generation Festival 2020
LA CENERENTOLA
Dramma giocoso in due atti su libretto di Jacopo Ferretti
Musica di Gioachino Rossini
Angelina Svetlina Stoyanova
Don Ramiro Josh Lovell
Dandini Gurgen Baveyan
Don Magnifico Daniel Mirosław
Clorinda Giorgia Paci
Tisbe Monreal Marvic
Alidoro Blaise Mabala
Orchestra Senzaspine
Direttore Sándor Károlyi
Regia e scene Jean-Romain Vesperini
Luci Christophe Chaupin
Costume designer Anna Maria Heinreich
Progettisti di proiezioni Etienne Guiol e Anouar Brissel
Nuovo allestimento
Firenze, Giardino di Boboli, 26 agosto 2020