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Eros violento: su Rai5 la Carmen della Scala con la regia di Emma Dante

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Mercoledì 20 maggio, alle ore 21.15, viene trasmessa su Rai5 la contestata Carmen scaligera con la regia di Emma Dante, che con lo scenografo Richard Peduzzi aveva dato vita, per l’apertura della stagione 2009/10, a uno spettacolo evidentemente troppo provocatorio per il tradizionalista loggione milanese.

Al suo esordio non solo alla Scala ma anche nell’opera lirica, la regista palermitana – che aveva già firmato in precedenza una decina di spettacoli ad alto tasso di provocazione e violenza – rivisita il capolavoro di Bizet attraverso uno sguardo per così dire vergine. Un alfiere della tradizione come Franco Zeffirelli definì “indegne” le scene e “oscena” la regia, arrivando a sostenere che la Dante sarebbe una portatrice del “male sulla scena” e pertanto “da arrestare”. Sostenuto in compenso da buona parte della critica, l’allestimento presenta in effetti una Siviglia antitetica rispetto a quella degli spettacoli estivi areniani più tradizionali. Per Emma Dante Carmen non evoca cartoline, ma l’aura tragica di pomeriggi infuocati di sole e sangue, percorsi dal demone di una tristezza sconsolata e, soprattutto, dalla violenza. È opera solare nel senso pagano del termine, intrisa di erotismo ma offuscata anche dall’oscurantismo religioso.

A questo proposito, tra le invenzioni registiche più contestate figurano proprio quelle che alludono al cattolicesimo: il carro che, all’inizio e alla fine dell’opera, porta la sagoma nera di una santa; il cimitero con le prefiche in nero a commento della profezia di morte nella scena delle carte; il prete e i chierichetti che accompagnano ogni apparizione di Micaëla; o, ancora, il crocifisso che viene fatto cadere a terra mandando in pezzi il corpo di Cristo. È evidente che la regista non pensa tanto alla Spagna ma intende ricreare certe atmosfere di un Sud Italia oppresso da religione e superstizioni. Ne esce una Carmen carica di segni e simbolismi non sempre agevoli da decodificare, ma per altri versi scabra, a tratti persino brutale, come nella scena della rivolta delle sigaraie all’uscita dalla fabbrica, con i soldati che caricano le ribelli, le prendono a calci e puntano loro addosso i fucili.

A tratti, si ha l’impressione di assistere a un’opéra-ballet, affollata di contro-scene e didascalie visionarie. Tuttavia, al di là di qualche forzatura e di alcune soluzioni discutibili, si tratta di uno spettacolo ben gestito, che denota la capacità di fare vero teatro. La figura della protagonista viene tratteggiata con mano sicura, l’incontro-scontro fra i sessi sottolineato a dovere, i movimenti delle masse organizzati con abilità. Di grande effetto il duetto del primo atto, con l’incatenamento sensuale di Carmen e Don José mediante il canto, ma anche attraverso due funi protese dall’alto. Singolare anche l’erotismo impregnato di venature esotiche della “Chanson bohème” e di tutta la scena della seduzione nella taverna del secondo atto. Pure l’assassinio finale, preceduto quasi da uno stupro, è all’insegna di un forte carica sessuale.

Le scenografie, infine, non saranno esattamente “indegne”, come voleva Zeffirelli, ma non si può nemmeno dire che brillino per originalità e inventiva. I muri imponenti con i consueti mattoni rosso scuro cari a Peduzzi danno vita a un impianto che si rifà più all’archeologia industriale che alle architetture del Sud e che tuttavia, nella sua essenzialità, conferisce una rigorosa eleganza a tutto l’allestimento.

CARMEN di Georges Bizet
Direttore Daniel Barenboim, regia e costumi di Emma Dante, scene di
Richard Peduzzi. Con Anita Rachvelisvili (Carmen), Jonas Kaufmann (Don José), Erwin Schrott (Esclamillo) Adriana Damato (Micaëla). Orchestra e coro del Teatro alla Scala

Photo credit: Marco Brescia

 

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