Un ritorno alla vita attraverso la musica. Un momento dal pregnante valore non solo artistico, ma anche umano, spirituale e religioso. Un abbraccio all’Italia intera e, in special modo, alla Lombardia, terra negli ultimi mesi aspramente provata e ferita, ma che non si è mai arresa e ha reagito con fierezza. Per il primo concerto delle proprie maestranze dopo l’ultima alzata di sipario del 22 febbraio scorso e il lockdown, il Teatro alla Scala ha scelto di proporre una serata dal marcato significato simbolico, uno degli eventi più attesi della stagione, optando per una delle composizioni sacre maggiormente note di Giuseppe Verdi, nata proprio a Milano: la Messa da Requiem, dedicata alla memoria delle tante, troppe vittime della pandemia di Covid-19 ancora in corso. Per l’occasione, il concerto è stato eseguito in quella che è considerata la casa dei milanesi, credenti e non, cuore pulsante della città e della Chiesa ambrosiana, il Duomo di Milano, alla presenza di seicento spettatori debitamente distanziati, duecento dei quali su invito (tra questi, rappresentanti del personale sanitario e delle categorie che, nei difficili mesi della chiusura totale, hanno garantito i servizi essenziali alla metropoli meneghina). Nel folto parterre de rois, hanno partecipato personalità di spicco della politica, della cultura, della Chiesa: si citino, almeno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella; l’Arcivescovo di Milano Mario Enrico Delpini; l’Arciprete del Duomo Gianantonio Borgonovo; il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana; il Sindaco Giuseppe Sala; il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini.
Il Requiem, reso possibile grazie alla sinergia tra il Teatro e il neosovrintendente Dominique Meyer, la Veneranda Fabbrica del Duomo e il Comune di Milano, ha visto schierati artisti di fama internazionale, che hanno interpretato molteplici volte quest’opera. Sul podio dell’Orchestra scaligera troviamo il Direttore musicale del Piermarini, Riccardo Chailly. Con gesto puntuale e scattante, ma mai esagitato, ottenendo dalla compagine orchestrale un suono compatto e ovviando con intelligenza ai limiti di acustica della cattedrale, il maestro propende per una lettura maestosa, ieratica e sentita, dall’andamento solenne e potentemente intrisa di pathos. Una direzione granitica, che ben incarna il sentimento insito nel pezzo sacro di compassione nella sua accezione alla latina, “cum-patior”, ovvero l’affrontare insieme le lacrime per i defunti, il condividere il dolore per la perdita di una persona cara. Sapientemente variegate sono l’agogica dei tempi e le dinamiche delle sonorità: se, per esempio, l’incipit è improntato a tonalità delicate, quasi sussurrate, piane nel loro incedere, il Dies Irae esplode come un violento temporale, contraddistinto da percussioni sferzanti ma pur sempre controllate nella loro veemenza.
Come sempre in forma smagliante il Coro del Teatro alla Scala, guidato con determinazione da Bruno Casoni, efficacemente incisivo nei propri interventi quali il già citato Dies Irae o Rex tremendae majestatis, risultando maggiormente trattenuto e disteso nei momenti di raccoglimento.
Voce complessivamente di buon peso e dal timbro cremoso, vibrante nel registro acuto e a tratti opaca in quello grave, Krassimira Stoyanova emerge per una musicalità rifinita e per l’interpretazione appassionata e intensamente drammatica, grazie anche alla gestualità delle mani. Se, nell’Offertorio, il soprano bulgaro esibisce una pregevole tenuta dei fiati e filati adamantini, nel Libera me scolpisce la parola nella pietra con un fraseggio penetrante, nitido e accorato, di forte presa sull’ascoltatore. Portamento regale e statuario, il mezzosoprano lettone Elīna Garanča si impone per una vocalità tornita ed emessa morbidamente, di seducente colore bronzeo nei medi e nei gravi, squillante negli acuti. Con sacrale eleganza e autorevolezza cesella il Liber scriptus, mentre nell’Agnus Dei si apprezzano compostezza e una tecnica salda.
Francesco Meli si distingue per uno strumento tenorile schietto e omogeneo nell’emissione, dal timbro luminoso e malleabile, a volte forzato nelle note alte. L’atteso Ingemisco è lavorato di cesello con politezza e raffinatezza, sfumato in soffici inflessioni ed eteree smorzature di voce. Chiude il quartetto dei solisti l’autorevole basso René Pape, in possesso di una bella vocalità ampia e di grana scura. L’artista tedesco brilla per la dizione netta e scavata, nonché per l’omogeneità vocale; austera ed energica la resa di Mors stupebit, vigoroso e icastico il Confutatis maledictis.
Il Requeim, trasmesso in diretta e in differita sul canale Rai5 e su altre emittenti radiofoniche e televisive italiane ed estere, nonché su maxischermi approntati, a Milano, nella Parrocchia di San Michele Arcangelo e Santa Rita al Corvetto, di Sant’Agnese nel quartiere Vialba, nel Santuario di Santa Rita alla Barona, a Codogno nella chiesa di San Biagio e della Beata Vergine Immacolata, verrà riproposto il 7 settembre nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, il 9 settembre nel Duomo vecchio di Brescia.
Una serata accolta da commozione e da un festante e prolungato successo, con circa dieci minuti di applausi, portatrice di un messaggio di speranza e di fiducia nel futuro, ben riassunto anche da una frase tratta dal sentito discorso che l’Arcivescovo Delpini ha tenuto prima dell’inizio della musica: “Questa terra […] Canta e prega perché i cristiani che da secoli abitano questa terra professano la certezza che la morte è stata vinta e che la solitudine non è l’inevitabile destino”.
Duomo – Concerti straordinari 2019/2020 Teatro alla Scala
MESSA DA REQUIEM per soli, coro e orchestra
Musica di Giuseppe Verdi
Serata dedicata alla memoria delle vittime del Coronavirus
Soprano Krassimira Stoyanova
Mezzosoprano Elīna Garanča
Tenore Francesco Meli
Basso René Pape
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Riccardo Chailly
Maestro del coro Bruno Casoni
Milano, 4 settembre 2020