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Venezia, Teatro la Fenice – Carmina Burana

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L’ultima esecuzione dei Carmina Burana al Teatro La Fenice risaliva al 1993. L’anno precedente, la ricorrenza del decennale della morte di Carl Orff (1895-1982) non aveva dato luogo a particolari commemorazioni: il compositore tedesco era considerato evidentemente una figura legata a un passato ancora scomodo, e scontava la piena adesione al Gruppo di Francoforte, nato in opposizione alla musica “degenerata” degli avanguardisti. Ma al di là delle questioni ideologiche, che al pubblico – giustamente – non sono mai interessate, resta il fatto che il successo dei Carmina è sempre stato pieno e incondizionato fin dalla prima esecuzione (Francoforte, 1937). Ancora oggi sono poche le opere del Novecento musicale che godono di altrettanta popolarità.

Proprio per questo, il fatto che il capolavoro di Orff sia ritornato alla Fenice dopo ben 26 anni di assenza ha quasi dell’incredibile. A maggior ragione, perché la fondazione veneziana dispone di un coro di prim’ordine. Non era così negli anni Ottanta e Novanta, ma con il nuovo millennio e la ricostruzione del teatro, è iniziata parallelamente anche la rinascita della compagine: si è assistito a un ricambio generazionale e soprattutto a partire dal 2008, sotto la guida di Claudio Marino Moretti, il miglioramento è stato progressivo e si è intensificato nelle ultime stagioni.
Che il coro della Fenice oggi non tema confronti a livello nazionale, lo ha dimostrato una volta di più proprio la trionfale esibizione offerta nei Carmina Burana, penultimo appuntamento della stagione sinfonica 2018/19. In questa occasione, è stata eseguita la versione per due pianoforti e percussioni, una delle tante autorizzate con molto pragmatismo dallo stesso Carl Orff, favorevole a qualsiasi organico (anche per orchestra da camera o banda) pur di diffondere il più possibile il proprio lavoro.

Premesso che la presenza della grande orchestra è sempre preferibile, va detto che la versione proposta alla Fenice – con il puntuale accompagnamento pianistico di Maria Cristina Vavolo e Roberto Brandolisio e il contributo fondamentale dei percussionisti – ha comunque fatto emergere tutto il fascino dei Carmina. Un fascino strettamente legato alla loro natura “barbarica” e a quella curiosa atmosfera tra Basso Impero e Medioevo che sprigiona da una musicalità irsuta, ma non necessariamente ruvida o volgare. Da questo punto di vista, la lettura di Moretti si è contraddistinta, in più momenti, per la tendenza a liricizzare il canto e a smussare i contrasti pietrosi delle masse corali. Il tutto senza snaturare il primitivismo della cantata scenica, ma dando all’esecuzione un carattere agile, una agogica molto mossa e variata, così come varia è risultata la gamma degli atteggiamenti espressivi.
Eccellente sotto ogni profilo la prova del coro, compatto e allo stesso tempo duttile in ogni sua sezione, e apprezzabili anche i solisti selezionati dalle fila della stessa compagine. Enrico Masiero, nel noto episodio del cigno arrostito, ha saputo essere spiritoso senza forzare i toni alla ricerca dell’effetto comico, mentre Serena Bozzo ha affrontato i suoi interventi con voce leggera e delicatezza espressiva. Varietà di accenti e buone intenzioni di fraseggio hanno contraddistinto il contributo del baritono Luca Ludovici.
Impeccabili per precisione e intonazione i bambini del Kolbe Children’s Choir preparato da Alessandro Toffolo.
Successo alle stelle per un’esecuzione che merita di essere ripresa, magari con l’orchestra

Teatro La Fenice – Stagione sinfonica 2018/19
Carl Orff
CARMINA BURANA
Versione per soli, coro, due pianoforti e percussioni

Soprano Serena Bozzo
Tenore Enrico Masiero
Baritono Luca Ludovici

Coro del Teatro la Fenice
Direttore Claudio Marino Moretti
Kolbe Children’s Choir preparato da Alessandro Toffolo
Pianoforti Maria Cristina Vavolo, Roberto Brandolisio
Percussioni Dimitri Fiorin, Barbara Tomasin, Paolo Bertoldo,
Claudio Cavallini, Roger Catino, Cristiano Torresan

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