Chiudi

Trieste, Teatro Verdi – Aida

Condivisioni

A soli due giorni dalla prima di Turandot e a meno di ventiquattro ore dalla sua seconda recita, si compie l’ambizioso progetto della doppia inaugurazione, voluto dai vertici del Teatro Verdi di Trieste per la stagione d’opera e balletto 2019/20, con il ritorno sulle scene tergestine, a distanza di dieci anni, di Aida di Giuseppe Verdi; e, considerata l’accoglienza calorosissima del pubblico che ha riempito tutti gli ordini (le recite sono fuori abbonamento), l’opera vi ritorna come il suo eroe: trionfante. Abbiamo già anticipato, recensendo l’opera pucciniana, che la realizzazione dello spettacolo è affidata, anche in questo caso, alla regia di Katia Ricciarelli e Davide Garattini Raimondi, che si avvalgono delle scene e delle luci Paolo Vitale e della collaborazione e assistenza di Anna Aiello per i movimenti scenici, nonché dei costumi dell’Odessa National Theater of Opera and Ballet, che coproduce l’allestimento, ripresi da Giada Masi.

L’impianto è sostanzialmente quello di Turandot, privato dei praticabili mobili; rimane la parete argentata del fondale a simulare, con i profili inclinati delle quinte laterali, l’interno di una piramide. Una grande pedana si apre all’occorrenza verso il proscenio, lasciando che lo sguardo degli spettatori voli su cieli stellati o si posi su immagini dell’arte egizia, come la gigantografia del volto disegnato sul sarcofago di Tutankhamon nella seconda scena del primo atto. A tratti l’effetto risulta un po’ kitsch, ma nel complesso, complici anche le belle luci, il risultato è più convincente rispetto a quanto visto nella favola di Puccini. Si nota una maggiore coerenza e una migliore gestione degli spazi e delle masse; la stessa scena del trionfo, con il coro assiepato ai lati della pedana abbassata, su cui prendono posto i sacerdoti, il Re e Amneris, ha una sua solennità che non fa rimpiangere le innumerevoli comparse a cui ci hanno abituato molte serate estive. Resta sempre l’impressione che i mezzi a disposizione siano pochi, ma talvolta lavorare per sottrazione produce effetti migliori: ne è prova il primo quadro del quarto atto dove un semplice sipario bianco in contrasto con la veste nera di Amneris e un gioco d’ombre a riprodurre i profili di dipinti egizi, offrono un’elegante soluzione che consente ai registi di concentrarsi sul gesto dei protagonisti. Ci sono dunque una pulizia e una concentrazione maggiori, al netto di alcune cose non perfettamente riuscite, come la chiusura della tomba in cui Radamès e Aida trovano la morte, per la quale l’idea (due metà di una piccola piramide vengono spinte da quattro comparse, a murare i due protagonisti) vale più della sua realizzazione; o, ancora, di alcune coreografie di Morena Barcone, in particolare quella delle danze del primo quadro del secondo atto.

Fabrizio Maria Carminati affronta l’imponente partitura staccando tempi talora un po’ più mossi dell’usato, ma trova un giusto ritmo narrativo, complice un’orchestra del Verdi che si dimostra in buona forma e da cui riesce a ricavare un bel suono, pulizia nei passaggi (sebbene resti difficile l’intonazione delle tube egizie nella marcia trionfale) e un bell’amalgama fra le sezioni. Se un paio di volte la sincronia con le voci non è perfetta, va dato merito a Carminati di avere dato il giusto rilievo ad alcuni particolari della scrittura verdiana talora trascurati, come, a titolo esemplificativo, gli accenti degli archi che accompagnano l’apostrofe di Amneris, “Sacerdoti compiste un delitto”.

Fedele allo spirito del Grand Opéra, di cui riprende la struttura, ricompattandola in una drammaturgia meglio compiuta, in cui gli elementi spettacolari vengono ricondotti entro vincoli rigorosi, costretti alle necessità dall’azione e fusi in una partitura la cui grandiosità non è un fatto esteriore, ma una dimensione delle intime vicende dei protagonisti, una proiezione amplificata delle passioni a cui essi stessi soggiaceranno sconfitti, Aida ripropone tutte le difficoltà del genere di riferimento, a partire dal reperimento delle voci. Anche sotto questo aspetto il Teatro Verdi duplica l’impegno richiesto da Turandot. Impressiona positivamente la prova di Anastasia Boldyreva nei panni di Amneris, a cui presta un timbro di mezzosoprano brunito e caldo, omogeneo in tutta l’estensione. Il legato non è sempre inappuntabile, ma gli acuti sono centrati e mai forzati e il fraseggio è ben rifinito, curato nello stretto legame tra frase musicale e parola, tanto peculiare in Verdi. La Boldyreva può anche contare su una figura slanciata e un portamento regale che contribuiscono alla resa del personaggio, mentre una recitazione che pare ammiccare alle dive del cinema muto, non disturba, ma rende, anzi, più fascinoso il personaggio.
A dare voce alla protagonista alla prima è Svetlana Kasyan. Dotata di uno strumento di indubbio interesse, il soprano georgiano disegna un’Aida sommessa e dolce, non tanto dilaniata da opposti sentimenti, quanto sottomessa all’amore di Radamès, al volere del padre, agli obblighi del suo duplice ruolo: principessa degli etiopi e schiava degli egizi. Il canto risulta convincente soprattutto nelle parti liriche, dove sembra meglio controllare fiati ed emissione; risolve bene la salita al Do in “O cieli azzurri” o frasi come “O terra addio”, quando il canto è mantenuto sul fiato e le dinamiche si mantengono fra il piano e il forte, nel registro medio. Alcuni acuti, tuttavia, non sono ben proiettati e risultano forzati, mentre nel passaggio non tutto funziona alla perfezione, aspetti che rendono la prova discontinua, per quanto positiva. Lo stesso mi pare possa dirsi per il Radamès di Gianluca Terranova, che sfoggia una bella voce tenorile non sorretta da una tecnica agguerrita che gli permetta di realizzare in maniera compiuta le intenzioni dell’interprete e di risolvere le difficoltà della parte. Ha acuti squillanti, ma quando la frase sale per gradi progressivi allora la voce tende ad andare “indietro” e il passaggio presenta alcune criticità. Si dimostra tuttavia capace di ammorbidire l’emissione sul si bemolle di “Celeste Aida” e trova giusti accenti e qualche apprezzabile sfumatura nel duetto finale. Andrea Borghini è dotato di un bel timbro baritonale e, sebbene la voce non sia imponente, l’emissione è sempre in maschera e l’emissione ben controllata: il suo è un Amonasro accorato, mai sopra le righe, che trova accenti sinceri e partecipi nella magnifica frase del duetto del terzo atto “Pensa che un popolo”. Una prova di indubbio interesse per il giovane cantante. Cristian Saitta è un Ramfis imponente, autentico basso dal timbro scuro, capace di cantare senza forzare e di trovare i giusti colori e le dinamiche che il ruolo richiede. Completano il cast l’ottima sacerdotessa di Rinako Hara e le buone prove di Fulvio Valenti, Il Re, e Blagoj Nacoski, Messaggero.
Come in Turandot, il coro del Verdi è affiancato da quello dell’Odessa National Academic Theater of Opera and Ballet, diretti da Francesca Tosi: al merito di una prova di alto livello si associa quello di essere presente in scena ogni sera, senza contare il fatto di essere reduce da una impegnativa tournée in Giappone con l’Orchestra del Teatro. Impegni che non appannano i risultati artistici, a riprova dell’ottima preparazione. Come si è detto, successo calorosissimo.

Teatro Verdi – Stagione lirica e balletto 2019/20
AIDA
Opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi

Aida Svetlana Kasyan
Amneris Anastasia Boldyreva
Radames Gianluca Terranova
Amonasro Andrea Borghini
Ramfis Cristian Saitta
Il Re Fulvio Valenti
Un messaggero Blagoj Nacoski
Una sacerdotessa Rinako Hara

Orchestra, coro e tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Coro e del corpo di ballo dell’Odessa National Academic Theater of Opera and Ballet
Direttore Fabrizio Maria Carminati
Maestro del coro Francesca Tosi
Regia Katia Ricciarelli e Davide Garattini Raimondi
Scene e disegno luci Paolo Vitale
Costumi del Teatro di Odessa ripresi da Giada Masi
Movimenti scenici e assistente alla regia Anna Aiello
Coreografie Morena Barcone
Nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
in collaborazione con Odessa National Academic Theater of Opera and Ballet
Trieste, 1 dicembre 2019

image_print
Connessi all'Opera - Tutti i diritti riservati / Sullo sfondo: National Centre for the Performing Arts, Pechino