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Treviso, Tempio di San Nicolò – Messiah di Händel

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Il Tempio di San Nicolò a Treviso ha ospitato l’esecuzione del Messiah di Georg Friedrich Händel, diretto da Andrea Marcon alla guida de La Cetra Barockorchester & Vocalensemble Basel, fondata nel 1999 dall’allora direttore della Schola Cantorum Basiliensis Peter Reidemeister. In una basilica gremita fino agli ultimi posti (oltre 1000 persone), la città si è riunita per godere di una delle pagine più rappresentative e importanti di Händel (se non la sua più famosa), che da qualche anno mancava nei cartelloni cittadini, e accogliere Andrea Marcon, musicista trevigiano molto amato dagli appassionati del genere.

Fin dalla Sinfonia di apertura si presenta chiara ed evidente la visione che Marcon ha dell’oratorio händeliano: riproporre quanto più fedelmente possibile il suono, ma soprattutto ricercare il carattere drammatico e le intenzioni musicali dell’originale. Se dopo pochi numeri è chiara la scelta di avere come riferimento metronomi piuttosto sostenuti – per quanto nella seconda parte la retorica di Händel faccia compiere al direttore scelte ben diverse -, la ricerca nell’esecuzione è sempre però tesa a seguire la vena teatrale della pagina e dei testi collazionati da Charles Jennens dalla Bibbia di Re Giacomo e dal Book of Commons Prayer.
Questa ricerca drammatica è ben presente nella resa vocale e nell’interpretazione del tenore Rupert Charlesworth, che fin dal suo esordio con il recitativo accompagnato “Comfort ye Comfort”, e il successivo “Every valley” arricchito da diminuzioni originali ed espressive, esibisce un colore sicuramente non brillante come quello che di solito ci si aspetta per questo repertorio, ma ben più interessante ed espressivo, solido e preciso nell’intonazione e con un registro medio decisamente scuro e particolare. E questo colore caratterizzante e godibile viene valorizzato appieno nell’aria “But thou didst not leave his Soul”, dove emerge la capacità del giovane interprete di catturare con la sua presenza e interpretazione
Anche la voce di Dina König si rivela più che adatta al ruolo affidatole. Presentatasi al pubblico con un colore centrato fin dalla prima aria “But who may abide”, sfoggia piena musicalità e una ricercata teatralità nell’interpretazione dell’altra aria importante per la voce del contralto, “He was despised”, la cui intensità fa scendere nella grande navata della Basilica un assoluto e teso silenzio che intensifica le pause della scrittura händeliana.
Il basso José Antonio López regala momenti di raffinatezza vocale e, sebbene i metronomi mettano a dura prova i solisti, supera brillantemente la prova in “Why do the Nations so furiously rage together”, dove l’articolazione della frase viene resa con un controllo assoluto della tecnica. Ma è nella splendida “The Trumpet shall sound” che la voce e la musicalità di López emergono con limpidezza e lo confermano interprete raffinato anche nel momento delle diminuzioni più rischiose.
Margriet Buchberger esibisce voce gestita con grande esperienza, unita a una musicalità che valorizza anche la tecnica. Le agilità perfette nell’aria “Rejoice, rejoice” si sposano con una dizione chiara e intelligibile del testo, che porta il soprano a rendere con grande espressività i recitativi.

Sicuramente il risultato più significativo e apprezzato dal pubblico è quello della compagine corale, alla quale sono affidate le pagine più famose dell’oratorio di Händel. Preparati da Carlo Federico Sepùlveda, diciassette giovani interpreti, dalle voci intense e dall’intonazione brillante, vengono guidati da Marcon che li induce a realizzare interventi ricchi di espressività e curati nei fraseggi. E se nel corale “And the Glory of the Lord” la velocità non permette di soffermarsi a pieno sui dettagli di colore e armonici della pagina, il seguente “And He shall purify” viene eseguito con un controllo e una padronanza assolute del fraseggio. Splendido e coinvolgente “For unto us a Child is born” e “His yoke is easy” che chiude la prima parte. E se c’era da aspettarsi che l’atteso Hallelujah fosse applaudito a scena aperta dal pubblico, uno dei punti più drammatici raggiunti dalla compagine vocale resta sicuramente il recitativo “Behold the Lamb of God”, dominato da una intensa interpretazione resa con sapienza.

Andrea Marcon guida il tutto con una direzione espressiva e controllata, offrendo al pubblico la sua lettura chiara, meditata e ricca di personalità. Da segnalare infine la splendida tromba di Thomas Steinbrucker, che nell’aria del basso “The Trumpet shall sound” regala uno dei momenti più musicali della serata, ricco com’è di morbidezza e suono cristallino su di uno strumento scivoloso come la tromba barocca.
Interessante anche la curatela del libretto di sala affidata a un sacerdote della Diocesi trevigiana, don Paolo Pigozzo, che ha proposto al pubblico una lettura teologica e spirituale del Messiah in perfetta linea con l’intento originario di Charles Jennens nel comporre il libretto dell’oratorio nel 1741.
Unica nota stonata: l’acustica del Tempio di San Nicolò che ha ospitato il concerto, notoriamente un luogo non felice per coloro che non riescono a trovare un posto a sedere entro il secondo pilastro della navata. Nonostante questo limite, il pubblico ha accolto con applausi generosi e spontanei l’esibizione.

Tempio di San Nicolò
MESSIAH
Oratorio per soli, coro e orchestra HWV 56
Libretto di Charles Jennens
Musica di Georg Friedrich Händel

Margriet Buchberger soprano
Dina König contralto
Rupert Charlesworth tenore
José Antonio López basso

La Cetra Barockorchester & Vokalensemble Basel
Direttore Andrea Marcon
Maestro del coro Carlos Federico Sepúlveda
Treviso, 15 dicembre 2019

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