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Reggio Emilia, Teatro Municipale Valli – Serse

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Un intricato turbinio di raggiri amorosi e una scrosciante cascata di musica sublime. È il Serse di Händel, un’opera di esecuzione piuttosto rara in Italia, che esordisce al Teatro Valli di Reggio Emilia in un nuovo allestimento che calcherà presto anche i teatri di Modena, Piacenza e Ravenna.
Creato nel 1738 per il King’s Theatre in Haymarket, Serse è un titolo particolare, quasi eccentrico, nel panorama musicale della sua epoca. In anni in cui l’aria col da capo è ormai un modello compositivo inaggirabile nell’ambito dell’opera italiana, Händel cuce una partitura fatta di un numero esorbitante di arie (quarantatré), spesso brevi o brevissime, e dalla morfologia variabile. Una caratteristica, questa, che occhieggia all’estetica secentesca (non a caso l’autore si appropria di un vecchio libretto di Silvio Stampiglia musicato da Giovanni Bononcini nel 1694, a sua volta derivato dallo Xerse di Nicolò Minato per Francesco Cavalli del 1655), e che dà luogo a un ritmo drammaturgico incalzante. I sette personaggi sono travolti da un vertiginoso susseguirsi di sfoghi d’animo, da affetti estremi e incontrollabili, tenuti assieme da recitativi tanto brevi quanto sfavillanti.

Una teatralità, quella di Serse, che proprio per il suo incedere spedito gode di un canale comunicativo privilegiato con la sensibilità odierna. Ne è ben consapevole il regista Gabriele Vacis, che firma una messinscena con gli occhi puntati al presente. Lo spazio scenico costruito da Roberto Tarasco si compone di tre livelli nettamente separati. In quello più basso sta l’orchestra, sollevata (per giuste ragioni acustiche) dalla buca. In quello centrale – il proscenio – sono i cantanti, i quali, abbigliati con sgargianti costumi di sapore settecentesco, agiscono in una sorta di salotto rétro arredato con barocche consoles: tutti in scena, si osservano l’un l’altro, al contempo attori e spettatori degli amori, delle delusioni, delle rabbie e delle gelosie che li muovono. Il terzo livello è quello del palcoscenico, votato alla sperimentazione. Ad animarlo sono una ventina di figuranti, corpi giovani e leggeri che disegnano linee gestuali volutamente caotiche, in dialogo continuo con oggetti pregni di contenuti simbolici e con suggestive videoproiezioni di spazi esterni. Un allestimento che si regge su equilibri delicati, al quale a tratti si può contestare la tendenza all’accumulo di stimoli visivi; un allestimento che pretende dallo spettatore un certo qual sforzo di immaginazione, ma che affascina e coinvolge per la sua freschezza, per i colori sgargianti, per l’elegante sperimentalità.

La regia di Vacis si fa inoltre apprezzare – e non è certo cosa da poco – perché rispettosa dei cantanti, chiamati ad adottare una gestualità discreta eppure eloquente, nella consapevolezza che la sostanza drammatica dell’opera è distillata nella musica. Il cast è ben amalgamato e di alto livello. Spiccano il Serse di Arianna Vendittelli, organo pieno e flessibile, capace di virtuosismi vigorosi e di acuti brillanti, e la Romilda di Monica Piccinini, che mostra un timbro squillante e una tecnica che le rende agevoli i vertiginosi gorgheggi della parte. L’Amastre di Delphine Galou si fa apprezzare per il personalissimo timbro contraltile e per una magistrale proprietà stilistica che supplisce il volume non grandissimo. Marina De Liso è un Arsamene dal colore brunito, ben tornito dal punto di vista interpretativo, mentre Francesca Aspromonte, nei panni di Atalanta, si rivela ferratissima nel canto fiorito, oltre che frizzante attrice. Piacciono anche il profondo Ariodate di Luigi De Donato e lo spigliato Elviro di Biagio Pizzuti.

A tessere le fila del discorso musicale è la mano esperta di Ottavio Dantone. Forte di una solidissima consapevolezza delle pratiche esecutive d’epoca barocca, la sua Accademia Bizantina restituisce una lettura a sbalzo, caratterizzata da una paletta timbrica di sorprendente ricchezza, da vigorosi contrasti dinamici, da un’orchestrazione di elegante trasparenza. Larghe sforbiciate (spiace – sia detto en passant – la completa rinuncia al coro) servono a confezionare uno spettacolo spigliato, adatto a tutti i palati: al netto dell’intervallo, si superano di poco le due ore di musica. Il pubblico, sempre partecipe, apprezza, e al calar del sipario applaude convinto.

Teatro Municipale Valli – Stagione d’opera 2018/19
SERSE
Dramma per musica in tre atti HWV 40
Libretto anonimo da Xerse di Nicolò Minato adattato da Silvio Stampiglia
Musica di Georg Friedrich Händel
Nuova edizione critica a cura di Bernardo Ticci

Serse Arianna Vendittelli
Arsamene Marina De Liso
Amastre Delphine Galou
Romilda Monica Piccinini
Atalanta Francesca Aspromonte
Ariodate Luigi De Donato
Elviro Biagio Pizzuti

Accademia Bizantina
Direttore al clavicembalo Ottavio Dantone
Regia Gabriele Vacis
Scene, costumi e luci Roberto Tarasco
Aiuto regista Danilo Rubeca
Nuovo allestimento
Coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia,
Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza,
Fondazione Ravenna Manifestazioni
Reggio Emilia, 29 marzo 2019

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